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X-Files 5×05 – Una riflessione (prima) sul Prometeo post-moderno

Ogni mercoledì e ogni sabato sera, sempre alle 22.30, vi portiamo con noi all’interno di alcuni tra i momenti più significativi della storia recente e passata delle Serie Tv con le nostre recensioni ‘a posteriori’ di alcune puntate. Oggi è il turno della 5×05 di X-Files.

Un collega e amico oggi mi ha domandato quale traccia di prima prova avrei scelto. Voglio provare a rispondergli rimettendomi sul banco, ma a modo mio, alla luce della recente visione di un episodio capolavoro di X-Files, la 5×05, “Prometeo post-moderno“. In questo episodio Mulder e Scully si trovano impegnati nella segnalazione di alcune donne di una piccola cittadina che affermano di essere rimaste incinte dopo che qualcuno, una creatura orrenda, le aveva sedate. L’indagine porterà i due agenti a fare i conti con una versione moderna, anzi, postmoderna, del Frankenstein di Mary Shelley.

Oggi tanti maturandi sono stati impegnati nella prima prova. Tra le tracce colpisce molto la scelta di una poesia meno nota di Salvatore Quasimodo, dal titolo “Alla nuova luna“. Nel componimento il poeta pone a confronto la creazione divina e quella umana: da un lato i luminari in cielo -che son le stelle- messi da Dio, dall’altro gli “altri luminari uguali a quelli che giravano dalla creazione del mondo“, realizzati dall’uomo: satelliti come lo Sputnik, lanciato proprio al momento della realizzazione della poesia. X-Files con una continuità che va dal Frankenstein di Mary Shelley alla poesia di Quasimodo mette in scena con la consueta, straordinaria sensibilità proprio questo aspetto, il Prometeo postmoderno di un uomo che vuole farsi Dio.

Grande Mutato
(640×360)

X-Files attualizza l’opera di Mary Shelley, Frankenstein o il moderno Prometeo rendendola postmoderna, adattandola cioè alle più recenti correnti del postmodernismo. Adattandolo alla società attuale. Come afferma Mulder:

Quando Victor Frankenstein chiede a se stesso da dove viene il principio della vita e poi come conclusione delle sue fatiche crea l’orrendo fantasma di un uomo lui anticipa il Prometeo postmoderno, l’ingegnere genetico: il potere di rianimare la materia, di plasmare i geni a sua immagine conosce solo i limiti della sua immaginazione.

Mary Shelley aveva un rapporto ambivalente con la scienza.

Era figlia di William Godwin, razionalista, certo, ma anche filosofo fortemente critico nei confronti della visione hobbesiana della società, un anarchico che in un epoca di freddo Illuminismo ammoniva a non inaridire la conoscenza in una perdita di umanità. Ma Mary era anche moglie del noto (e tanto vituperato in vita) Percy Shelley, poeta scisso tra l’attrazione per il razionalismo scientista e la tensione pre-romantica per l’indagine alla bellezza recondita del mondo.

La Shelley proietta così queste figure tanto rilevanti della sua vita nell’opera più importante, nell’immagine romanzata di uno scienziato che rinnega la sua scienza, che fugge davanti alla sua creazione mostruosa e deludente. Victor Frankenstein in X-Files non può che essere questa stessa figura, lo scienziato postmoderno che a chi gli domanda perché mai abbia fatto una cosa simile, contravvenendo alla morale e all’etica, risponde semplicemente: “Perché io posso“.

Dott. Pollidori
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Salvatore Quasimodo, allo stesso modo, nella poesia “Alla nuova luna” sembra anticipare il dominio della tecnica che prevarrà nel secondo Novecento. L’uomo, “senza mai riposare, con la sua intelligenza laica, senza timore” pone nel cielo nuovi luminari, si fa cioè Dio di se stesso. Dio era stato tale attraverso la creazione, similmente lo sono il dottor Frankenstein nel romanzo di Shelley e il dottor Pollidori in X-Files. Eppure, il risultato è diametralmente opposto: è un mostro orrorifico, deforme, un errore di natura. O almeno così sembra.

In tutto Frankenstein come pure in questa 5×05 di X-Files e nella poesia di Quasimodo la scienza sembra essere vista in una duplice valenza.

Da un lato è appunto prodotto di inaccettabile hybris, di un’arroganza umana che viola principi sacri e divini. È, nell’accezione postmoderna che gli dà il filosofo Umberto Galimberti, “tecnica” che domina tutto, una scienza che procede ormai autonomamente superando e ignorando l’uomo, andando avanti in un inesausto procedere che non ha più come scopo il benessere dell’umanità o la conoscenza ma soltanto lo “sviluppo” in sé e per sé, il “perché io posso” di chi si fa nuovo e incontrollato dio del mondo.

Frankenstein, Pollidori, l’uomo di Quasimodo sono tutti accomunati da questa onnipotenza creatrice che produce una nuova, mostruosa religiosità. Quasimodo conclude la sua poesia con un “Amen” assai significativo, a sottolineare che ora, al centro vi è una nuova fede, il nuovo Dio che è l’uomo, con i suoi satelliti, le creazioni, la corsa allo spazio. Faceva dire Tarkovskij, geniale e trascurato regista russo, a uno dei suoi personaggi nel capolavoro filmico Solaris: “Ci troviamo nella sciocca posizione di chi anela una meta di cui ha paura e di cui non ha bisogno. L’uomo ha bisogno solo dell’uomo!“, intendendo con ciò sottolineare l’inutilità della colonizzazione dello spazio: una meta di cui l’uomo non ha bisogno ma che non può fare a meno di inseguire perché “Io posso”. Perché la “tecnica” procede ormai oltre e indifferentemente alle esigenze umane.

X-Files
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Eppure c’è dell’altro. In quello stesso scienziato-creatore così arrogante e onnipotente si nasconde pur sempre l’uomo. Si nascondono Godwin e Percy Shelley, l’uomo che tende disperatamente a Dio, che vuole toccare Dio, diventare Dio, elevarsi nella sua miseria. Mary vede nel marito quell’uomo: Percy è malinconico, deluso, rinnegato ma dentro di sé ha un animo che anela a una meta che è quella dello spirito, della riconciliazione finale col tutto, con una pace tanto agognata. In X-Files questo uomo è Mulder, costantemente proteso alla comprensione, alla ricerca della verità e pure infelice, cronicamente solo. E il suo alter ego, il razionalista scientista che inaridisce tutto a conoscenza empirica non può che essere naturalmente Scully. Ma nella 5×05 di X-Files come pure nel Frankenstein di Shelley e nella poesia di Quasimodo quest’uomo è anche qualcun altro.

Se l’atto della creazione sembra un abominio, possiamo dire lo stesso del prodotto di quella stessa creazione?

Questo si domanda Shelley, si domanda X-Files e, implicitamente, Salvatore Quasimodo. Ognuno di loro ha un rapporto ambiguo con la scienza che fa sì che nessuno possa rinnegarla totalmente. Per il poeta italiano sembra esserci un ermetico elogio all’uomo, all'”intelligenza laica” che “senza mai riposarsi” porta l’individuo a elevarsi. Per Shelley e X-Files l’elogio sta nel titolo stesso che contiene il nome di Prometeo, la figura titanica per eccellenza che tragicamente combatte gli dei e si macchia di arroganza pur di portare la conoscenza all’uomo.

5x05
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Ma chi è davvero questo Prometeo nelle varie opere? Più di tutte ce lo chiarisce X-Files che in maniera geniale sposta l’attenzione dal creatore alla creatura. Quest’ultima infatti diventa il vero Prometeo, riuscendo a fecondare in provetta le donne del piccolo paese di Albion, in Indiana. Donne che desideravano restare incinte ma che non ne avevano la possibilità. Anche qui, di colpo, si presenta l’ambiguità tutta postmoderna della scienza: è moralmente giusto creare nuova vita in provetta? Davvero Prometeo fa il bene dell’umanità? Ricorrendo alla scienza e alla genetica, il “Grande Mutato”, come viene chiamata la creatura nell’episodio, infonde vita e speranza.

E allora eccola la risposta, affidata proprio alle parole del mostro, solo apparentemente ambigue, certo contraddittorie, come contraddittorio è l’uomo. La risposta ermetica che accomuna Shelley, Quasimodo e X-Files: “Noi abbiamo sbagliato ma nelle nostre trasgressioni vi abbiamo dato dei figli che vi amano“. È tutto qui, nella magnifica sintesi che fa il protagonista di questo episodio.

Quando guardiamo a certi aspetti della scienza lo facciamo col sospetto e il timore di chi guarda a qualcosa che non conosce.

E allora rischiamo di cadere negli stereotipi. Così fa Scully che vede nei paesani di Albion degli sciocchi emarginati che si sono inventanti il mostro solo per un po’ di notorietà. “Io temo che tu voglia ridurre queste persone a uno stereotipo culturale“, le dice infatti Mulder. Ma anche Fox ha gli stessi pregiudizi nei confronti del dottor Pollidori. “Mulder, temo che tu voglia ridurre quest’uomo a uno stereotipo letterario, a un topos, quello dello scienziato pazzo“, lo ammonisce Scully.

E così è pure per gli abitanti del paese che vedono nel mostro qualcuno su cui riversare “La parte più oscura del Sé o […] una dislocazione delle paure comuni: le ansie a volte prendono la forma di orribili mostri ai quali possono essere attribuite delle orrende sembianze umane e allora quello che noi non ammettiamo di poter fare ecco che lo attribuiamo all’orco, al gobbo, all’umile emarginato“.

X-Files
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Nel momento invece in cui ci confrontiamo con quel mostro, nell’istante in cui accettiamo il mostro come una parte di noi, una parte dell’uomo di Quasimodo, del dottor Frankenstein di Shelley e di Mulder e Scully in X-Files, soltanto allora possiamo risolvere la contraddizione dell’uomo postmoderno. Perché è allora che ci accorgiamo che quel mostro lo abbiamo reso tale soltanto noi. “Sono perfido perché sono infelice; non sono forse evitato e odiato da tutta l’umanità?“, fa dire Shelley al suo “mostro”. “Io sono solo e profondamente triste ma forse, chissà, un essere deforme e orribile come me non mi allontanerebbe“, dice il “Grande Mutato” nella 5×05 di X-Files. Entrambi desiderano soltanto il riconoscimento della propria umanità, la sconfitta della solitudine che anche Adamo provò e che spinse Dio a una seconda creazione.

Frankenstein e il dottor Pollidori rifiutano però di dare una compagna alla loro creatura perché essi stessi rinnegano ciò che hanno fatto.

Ed è per questo che lo rendono di fatto mostruoso. Il mostro di Shelley sarà destinato alla rovina, uccidendo gli altri e dandosi infine la morte dopo aver perso il proprio creatore. Ma il Prometeo postmoderno di X-Files merita un’altra fine. Con una meta-narrazione eccezionale Mulder afferma: “È tutto sbagliato, Scully, non è così che dovrebbe finire la storia. Il dottor Frankenstein paga per le sue malvagie ambizioni ma il mostro dovrebbe fuggire per cercare la sua sposa. Dov’è l’autore? Devo parlare con l’autore“.

X-Files “parla” così con Shelley, trasforma il mostro moderno in un Prometeo postmoderno che riesce a ottenere il riconoscimento della propria umanità. Come nella meravigliosa pellicola di David Lynch, Elephant Man, nel momento in cui il mostro non viene più visto come tale smette anche di comportarsi così. Al “Grande Mutato” di X-Files viene concessa questa possibilità, la possibilità di mostrarsi per chi è davvero: “Nelle vostre case ho visto delle cose che non avrei mai immaginato: attraverso i vostri libri e i vostri dischi e i vostri film ho imparato a conoscere il mondo e anche l’amore di una madre che io non avrò mai“.

Quelle parole colpiscono tutti, sono le parole di un uomo. Così, Izzy, uno dei figli ottenuti “in provetta” dagli esperimenti del “Grande Mutato”, facendosi espressione del pensiero di tutti non può che prorompere: “Hey, lui non è un mostro!“.

Mulder e Scully
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Shelley, Quasimodo e X-Files, ciascuno a modo loro, ci danno così una risposta. Ci mostrano i pericoli di una scienza che rischia di farsi “tecnica” e di sostituirsi a Dio, cioè alla morale, ma nello stesso tempo ci mettono davanti anche alle potenzialità laiche di un uomo fatto a immagine e somiglianza di Dio che “senza mai riposare, con la sua intelligenza laica, senza timore“, forse sbagliando e a volte trasgredendo ma pure volendo il bene può portare amore nelle vite di chi quell’amore non lo ha ricevuto dalla natura. La scienza può essere un bene o un male, creare mostri o amore: sta solo all’uomo avere in coraggio di non fuggire davanti alle proprie creazioni, anche a quelle apparentemente più terribili e infondere in esse il buono, a propria immagine e somiglianza. Sta all’uomo, insomma, farsi Prometeo postmoderno di se stesso, come ci hanno suggerito Shelley, Quasimodo e la 5×05 di X-Files.

In principio Dio creò il cielo ..
e la terra, poi nel suo giorno
esatto mise i luminari in cielo
e al settimo giorno si riposò.
Dopo miliardi di anni l’uomo,
fatto a sua immagine e somiglianza,
senza mai riposare, con la sua
intelligenza laica,
senza timore, nel cielo sereno
d’una notte d’ottobre,
mise altri luminari uguali
a quelli che giravano
dalla creazione del mondo. Amen.