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Undercover: la recensione della terza stagione, ora su Netflix

Sebbene sia poco conosciuta, Undercover, la serie belga-olandese targata Netflix, è già alla sua terza stagione. Cosa non da poco considerando il fatto che il gigante dello streaming è capace di tagliare drasticamente serie ben più acclamate e con cast ben più conosciuti. Undercover, uscita con la prima stagione nel 2019, è riuscita là dove altre, invece, hanno fallito miseramente.

La terza stagione è stata consegnata ai fan il 10 gennaio di quest’anno, un regalo di Natale un po’ in ritardo ma comunque apprezzatissimo. La serie ha confermato il suo successo ma non solo: infatti, ha cominciato a farsi conoscere dal grande pubblico in cerca di novità, magari europee, capaci di dare forti emozioni. Perché se c’è una cosa ricorrente in tutte e tre le stagioni di Undercover è proprio la sua capacità di scatenare qualcosa a livello emotivo obbligando lo spettatore a restare incollato davanti allo schermo per seguire le vicende dei suoi protagonisti.

Quando un prodotto è vincente, come nel caso di Undercover, si tendono a effettuare meno cambi possibili, lo dice anche il detto: squadra che vince non si cambia. Così è stato praticamente confermato tutto il cast di attori principali ai quali si sono uniti, nel ruolo dei cattivi di turno, una coppia di nuovi criminali molto bene assortita in rappresentanza di una mafia, quella turca, terribilmente forte e incredibilmente in ascesa soprattutto nei paesi del nord Europa.
La regia delle otto puntate è stata affidata totalmente a Joël Vanhoebrouck il quale ha saputo, in maniera egregia, trasportare in città e nello sfarzo pacchiano e ostentato tipico delle famiglie camorriste, quell’idea di lerciume etico e morale, ma non solo, che aveva ben caratterizzato le precedenti stagioni, ambientate rispettivamente in un camping e in un ranch.

bob

La sceneggiatura, invece, è sempre saldamente nelle mani di Piet Matthys (ideatore della serie) il quale è stato coadiuvato da Pieter De Graeve che ha preso il posto di Nico Moolenaar, alle prese con un altro impegno. L’avvicendamento non ha portato grandi cambiamenti nella struttura formale della serie ma ha comunque arricchito di luci e ombre e sfumature del tutto nuove i personaggi principali, perfettamente in linea con una loro naturale crescita ed evoluzione tanto da non stupire per niente il fatto che Bob, interpretato da Tom Waes, abbia finalmente una compagna che lo capisce nel momento del pericolo esortandolo a compiere il suo dovere quando è chiamato a farlo, né che Danielle si sia rifatta una vita e sia finalmente emancipata da Ferry (Frank Lammers), il quale, uscito di prigione, desidera soltanto rientrare nel giro fregandosene dei rischi che comporta.

Nella terza stagione di Undercover ritroviamo Bob fuori dai giochi. Non è più un poliziotto e ristruttura una casa, forse con l’intenzione di rivenderla perché pieno di debiti. Come accennato prima adesso ha una compagna, incinta, che lo aspetta a casa e con lui condivide, apparentemente, poche gioie e tante difficoltà. I due però sembrano sereni insieme ma, soprattutto, danno l’impressione di non avere segreti tra loro.
Segreti che, ovviamente, vengono subito fuori quando Patrick, ex capo di Bob e smanioso di fare carriera, chiede all’ex agente la solita, ultima, missione perché l’unico del quale può fidarsi: trovare una talpa all’interno della polizia. In cambio, nel più classico dei do ut des, Bob non avrà più problemi con la giustizia e potrà tornare a condurre una vita quasi normale.
Parallelamente Ferry, arrabbiato col mondo, lascia la prigione e cerca di rifarsi una vita senza grande successo, per accontentare gli assistenti sociali ed evitare nuovamente il carcere. Per lui, ex re della fabbricazione e dello spaccio di anfetamine, la cosa risulta essere insopportabile per cui cerca in tutti i modi di rimettersi su piazza.
Sia Bob che Ferry, ciascuno con la sua strada tracciata, i suoi ideali e i suoi interessi, hanno un nemico in comune. Se la dovranno vedere, infatti, con Serkan e Leyla Bulut, marito e moglie, indiscussi boss della mafia turca e nuova coppia regnante nello spaccio della droga.
Attorno a loro ruotano, per completare la serie, vecchi e nuovi personaggi che arricchiscono la trama senza mai appesantirla rendendo il circolo vizioso delle menzogne e dei complotti un po’ meno intricato rispetto alle stagioni precedenti ma non per questo meno efficace e interessante.

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In questa terza stagione di Undercover il vero protagonista della scena è chiaramente Ferry il quale, nella sua volgare grossolanità e l’osceno gusto nel vestire, è capace di portare avanti l’azione su diversi piani narrativi. Costretto dagli eventi a scendere a patti con colui che gli ha rovinato la vita e il lavoro, l’ex re della droga è capace di qualunque cosa pur di potersi riappropriare di ciò che gli appartiene dimostrando così di essere ben scaltro e saperne una più del diavolo. Se Bob qualche scrupolo dimostra ancora di averne non è così per Ferry capace di imbrogliare chiunque per raggiungere il suo obiettivo. Questa obnubilante specie di fede lo porterà così a scontrarsi contro tutto e tutti quasi in una sorta di ultima resa dei conti. Anche e soprattutto contro se stesso e il suo passato rappresentato dall’ex moglie Danielle, la quale si trova sempre in bilico tra il cedere e non cedere ai ricordi e all’amore che essi rappresentano.
Accanto a Ferry è protagonista Leyla, moglie devota e fedele, la quale ricorda un po’ (tanto) donna Imma Savastano, ossia una donna che, costretta da eventi avversi, deve occuparsi dell’impero di famiglia in un mondo maschilista e misogino. A differenza di donna Imma Leyla non è senza marito anche se questi le ha, volutamente o no, lasciato lo scettro del potere. Leyla gestisce così una facciata di copertura sfarzosa e un retro sordido e sporco, violento e spaventoso.
Accanto a loro due c’è Bob nella sua nuova veste di civile. Bob è palesemente stanco delle menzogne, ne farebbe volentieri a meno. Ma come un tossico non appena si presenta l’occasione eccolo ricascarci con entrambi i piedi. La sua stanchezza si palesa quando lascia che sia Ferry a togliergli le castagne dal fuoco. Invece di ringraziarlo gli riversa contro tutta la sua frustrazione incapace di accettare il fatto di non essere più in grado di sopportare lo stress dovuto allo stare sotto copertura. Ed è proprio questo a farne davvero un gran bel personaggio che, nel corso delle tre stagioni, è riuscito a evolversi gradualmente, senza sbalzi particolari né cambi repentini.

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La terza stagione di Undercover potrebbe apparire priva di idee e monca, in un certo senso, dal momento che è meno incentrata sul lavoro del poliziotto sotto copertura, soprattutto se paragonata alle prime due. Ma è proprio questo il suo punto di forza perché tutta la sua bellezza sta negli incastri psicologici che si vengono a creare nel trio protagonista. Come in un triangolo equilatero Bob, Leyla e Ferry non possono fare a meno l’uno dell’altro. La tensione, col passare delle puntate cresce parallelamente con la domanda che il telespettatore si pone: chi romperà l’equilibrio dei tre? Sarà Bob, stanco e disilluso e prossimo a diventare padre? Forse Leyla, donna forte e coraggiosa ma sfiancata dalla mancanza di fiducia che sente attorno a sé? O il perfido Ferry, privo di scrupoli e incapace di riconoscere di esser passato fuori moda dopo la prigione? Ma soprattutto: è arrivata la resa dei conti tra Ferry e Bob, oppure è tutto rimandato a una quarta stagione?
Non resta che scoprirlo guardando le otto puntate di Undercover disponibili su Netflix!

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