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The Great: gli opposti si attraggono e ci seducono – La Recensione della seconda stagione

In uno scenario audiovisivo dominato dallo streaming e da pochi grandi leader, molte sono le produzioni seriali che vengono inghiottite dal mercato. Riuscire a emergere e dotarsi di una cifra stilista identitaria non è affatto semplice. Nonostante gli ostacoli che possano presentarsi, The Great mantiene stabile la sua struttura anche per la sua nuova seconda stagione. Lo show prodotto e distribuito originariamente da Hulu e disponibile in Italia su Starzplay è tornato con una nuova produzione. Rilasciato precisamente un mese prima negli Stati Uniti, il capitolo successivo riesce in un’impresa complessa: mantenere alto lo standard e potenzialmente alzarlo ancora un po’. Fortunatamente, l’immagine del panorama dell’intrattenimento audiovisivo per la quale le seconde produzioni e/o i sequel non siano solitamente al pari dell’opera originale non sempre si verifica in ogni contenuto. Infatti, The Great ripropone la sua formula già vincente nella prima stagione, modellandola su nuove dinamiche comunque coerenti e vicine alla storia precedentemente introdotta.

Riprendendo da dove la narrazione si era interrotta, la storia si ispira liberamente alle vicende dell’imperatrice Caterina II di Russia, ultima regnante sul territorio dal 1762 al 1796, proponendo le storiche circostanze con toni ironici e satirici. Autonomamente basata su tale premessa, la serie tv alimenta la trama di scenari fittizi e ricalca un impero in declino con un registro pungente ed esagerato. Interpretata da una brillante Elle Fanning, il focus è rivolto al periodo di giovinezza e ai primi anni da imperatrice della donna, al fianco dello strambo marito Pietro III (Nicholas Hoult). Dopo aver sposato l’idea di uccidere l’imperatore e travolta dal sentimento per l’amante Leo (Sebastian De Souza), Caterina e Pietro si trovano ai ferri corti in uno scontro che vede coinvolta l’intera corte.
La seconda stagione riparte proprio dalla battaglia per il potere interrotta bruscamente dalla notizia giunta a Pietro della gravidanza della moglie. Mosso dalla compassione e dal sentimento per Caterina e il futuro figlio, l’impulsivo imperatore fa un passo indietro, intraprendendo un graduale cammino di riflessione e moderazione nel tentativo di raggiungere il suo nuovo scopo: conquistare l’amore della sposa e crescere il piccolo Paul da buon padre, contrariamente a quello che Pietro Il Grande era stato per lui.

La prima puntata è un vero e proprio pilot per l’intera stagione, riprendendo il filo del discorso e archiviando in un segmento da 50 minuti la diatriba per il trono di Russia. La prima grande battaglia è conclusa e Caterina è finalmente l’imperatrice ufficiale di Russia, avendo costretto l’apparentemente incosciente Pietro a firmare la resa e ad abdicare. Ed ecco che col finire del primo episodio si chiude l’arco del primo capitolo, dando avvio a una nuova era per la protagonista e per la serie tv stessa. Da questo momento, la seconda parte di The Great si incentra soprattutto sui primi tentativi della nuova regnante di cambiare in concreto il Paese che tanto l’aveva delusa in partenza. Con l’obiettivo di far progredire il Regno sotto ogni punto di vista, aiutata principalmente da Orlo, Velementov, Marial ed Elizabeth, Caterina troverà più di un ostacolo sul proprio cammino, a partire dagli stessi nobili di corte a lei ostili e tradizionalmente affezionati alla dinastia, a Pietro e al suo stile di condurre la vita di palazzo.

La protagonista sa che non può uccidere Pietro per non scatenare un odio ancora maggiore nei confronti della sua presa di potere e della sua politica, ragione per la quale lo condanna agli arresti domiciliari proprio nelle stanze della corte. Il potere instaurato da Caterina è instabile, sia per il modo in cui è giunta al trono, che per il fatto di essere incinta. Di conseguenza non è vista di buon occhio a palazzo, mentre Pietro è imperatore per scelta divina, lei è solo il risultato di una mera corrispondenza postale. Ai più pare che sia vacillante ed esclusivamente una situazione momentanea prima che il vero sovrano torni legittimamente a regnare. Caterina si aggira per la corte e intraprende i suoi progetti con una pancia sempre più grande: l’attesa è si riduce progressivamente e l’incertezza aumenta. La nascita del piccolo Paul sembra essere l’unico motivo per la quale Pietro abbia risparmiato in più occasioni la vita della consorte, che potrebbe tra l’altro non sopravvivere neanche al parto viste le condizioni del contesto in cui si trova a dare alla luce la nuova vita. Come segna anche il conto alla rovescia scandito tra le varie scene che precedono l’evento, l’attesa logora e Caterina, Pietro e la Russia sono pronti a esplodere come una bomba a orologeria che cresce col dilatarsi della pancia dell’imperatrice.

Come se non bastasse, tra rane per verificare lo stato di vita del feto e altre tradizionali (oggi inusuali) pratiche per permettere a Caterina di giungere in buone condizioni al parto, le assurdità della gravidanza danno addito alla creativa ed esagerata raffigurazione visiva con cui The Great tanto gioca. Caterina è affamata e costantemente vogliosa, di cibo e contatto fisico. La serie tv di Hulu è l’antitesi dei canonici drammi in costume e show storici: è visivamente e verbalmente schietta, non preoccupandosi soltanto di ritrarre la sfarzosa realtà dei nobili, ma portando sullo schermo anche gli aspetti più macabri e disumani di tale periodo storico. La coppia di fanciulli che gioca con la testa mozzata tra le mura del palazzo a inizio stagione ne è un primo esempio e manifesta dichiarazione di intenti, sulla scia proprio della prima stagione stessa.
The Great è un prodotto sovversivo, così come Caterina La Grande rappresenta una rottura per la storia della Russia, lo show stesso segna e segnerà un punto di non ritorno per i period drama e marchia nettamente il genere col suo stile irriverente e distintivo. Nell’eleganza sopraffina dell’estetica del palazzo e dei colorati abiti, i nobili si mostrano tutt’altro che aulici, ne risulta un conseguente e inevitabile contrasto frutto di una raffinatezza esclusivamente apparente. Ma la serie è proprio così: fa del continuo gioco di opposizioni e contrasti la propria forza e cifra stilistica.

Eccedendo con comunicazione verbale e visiva, ma mai volgare, propone il giusto contrappeso e un’abbondante dose di «Huzzah».

Il crudo umorismo basato sull’estremizzazione delle divergenze tra il lusso bucolico della corte e il disagio sociale del resto della popolazione non è atto esclusivamente a intrattenere. Nonostante una Russia ferma nel tempo, stantia, retrograda, basata ancora troppo su religione e violenza possa fornire ricca materia prima su cui sviluppare un dinamica premessa, oltre al registro ironico è mostrato anche un paese precario e sull’orlo del crollo da ogni punto di vista (territoriale, economico, sanitario ecc.). A eccezione della vita di palazzo, tutto il resto della popolazione è ridotta alla fame e riversa in condizioni disumane. Oltre ai nobili di corte, lo stesso Pietro è l’incarnazione e simbolo di quell’ipocrisia e disagio che contraddistinguono il Regno. E’ rozzo, crudele, spietato, violento, impulsivo, vendicativo, ignorante, misogino, egoriferito e convinto di essere prescelto per il ruolo di leader da Dio. E’ una rappresentazione enfatica che racchiude in un’unica figura tutti i tratti caratterizzanti il popolo, la corte e il Paese ancora lontani dalla veloce innovazione dell’Europa occidentale. Oltre al focus sulle condizioni di degrado della popolazione, altri sono i temi recenti e taglienti portati all’attenzione grazie alle satiriche contrapposizioni, tra i vari: divorzio, schiavitù, stupro e emancipazione femminile.

The Great si era già abilmente diviso tra un umorismo esuberante (fondato soprattutto sull’effetto straniante che il modo di agire e vivere del tempo può scaturire sullo schermo quando non idealizzato coi toni del semplice dramma in costume) e uno scorrere ritmato e lineare delle vicende di corte e del Paese stesso. Nel secondo capitolo, la trama si orienta maggiormente verso gli intrighi e i drammi di corte, impiegando la parodica comicità per cingere insieme il racconto e prendersi gioco degli aspetti più estremi.

Gli opposti si attraggono e ci seducono in una storia mossa da passioni politiche e fisiche.

Sulla scia della grande sfida tra poli opposti, nella seconda stagione vige l’impossibilità di scendere a patti e compromessi. In lotta alla sopravvivenza e alla conquista del favore del popolo, Caterina e Pietro si fronteggiano e spalleggiano. Alimentati e spinti da un Regno in cui la convivenza pacifica non pare un’opzione praticabile, comincia una battaglia psicologica e strategica per uccidersi a vicenda. Solo quando si saranno incontrati a metà strada e avranno assimilato ciascuno un po’ dell’altro (con giuste dosi e contrappesi) saranno entrambi in grado di fare il passo verso la giusta direzione. Ciò nonostante, almeno per il momento sembrano destinati a essere divisi dall’eterno conflitto che spacca in due la corte stessa e che vede in essi la mera rappresentazione fisica dei propri ideali. Caterina e Pietro sono solo il simbolo concreto di fazioni che si scontrano e vengono divorati e mossi da queste, soprattutto nel finale in cui sono entrambi internamente scissi tra il proprio pensiero e quello dei sostenitori. Questo apre la narrazione a una eventuale terza stagione che con buona probabilità sarà indirizzata verso il travaglio emotivo della giovane coppia che forse, per la prima volta, è stata almeno per qualche momento realmente unita da un sentimento che non fosse d’odio.

Agli estremi opposti, Caterina e Pietro si completano e temperano a vicenda. Nella seconda stagione il progredire del rapporto tra i due è centrale, la dinamica è vincente ed è innegabile la chimica tra gli interpreti. Un sanguinolento e spietato percorso che li aiuta a trovare l’incastro perfetto della loro relazione, salvo poi essere messa a rischio molteplici volte dai turbolenti secondari che entrano ed escono dalle vicende decisamente meno vittime delle conseguenze rispetto alla coppia.

La protagonista alla fine si lascia andare e ammette a sé quella parte di Russia che si è ormai integrata nel suo inconscio. L’abbandonarsi alla passione per Pietro è come il suo concedersi al Paese, un percorso in divenire che la rendono un po’ più cittadina di quella terra lontana e tanto diversa: ad esempio, inaspettatamente intraprende una guerra, uccide e si abbandona alla carnale attrazione per il marito. Questi, a sua volta cambiato in nome di uno scopo più tradizionalmente romantico (convinto che conquistare Caterina comporti la riconquista del trono), riesce a soggiogarla con un abile strategia fatta di coinvolgimento intellettuale e fisico. Fornendo consigli sulla guida del Paese più astuti di quanto l’uomo possa sembrare, Pietro si rende indispensabile per la stabilità emotiva e politica della reggente: conosce il suo territorio e sa come agire affinché il popolo si modelli sull’opinione che questi desidera.

E’ proprio l’animato tira e molla fisico e sentimentale tra Caterina e Pietro che alimenta una relazione di cui non possiamo fare a meno. Uno degli enemies-to/and-lovers più intrigante e infuocato degli ultimi anni, in una commistione di generi e rivalità.

Caterina non tollera tutto ciò che Pietro rappresenta e non è in grado di perdonare le azioni che questi ha commesso. Allo stesso tempo però, il coinvolgimento emotivo che li unisce è irresistibile. Proprio a fronte delle basi su cui la loro relazione si fonda, essere spettatrice della graduale evoluzione del marito è qualcosa di estremamente seducente per la donna. Questa cerca di resistere a ogni costo, ricordando a sé stessa le cose orribili che ha commesso: nel tentativo di stabilire una marcata distanza di ruoli, Caterina sottolinea più volte l’imprigionamento di Pietro, non si dà pace e non la concede nemmeno all’ex-imperatore, vittima di un conflitto interiore che la divora.

Caterina: Hypothetical. A woman who has loathed you, tried to kill you, overthrown you, and imprisoned you walk into a room… and tells she loves you. What do you do?

I due credono di sapere cosa vogliono, ma sono in realtà in balia di una guerra di cui sono spesso soltanto i porta voce. Ne è la prova il contradditorio modo che entrambi hanno di operare: non sono in grado di ascoltare né gli altri e né sé stessi. Un’eterna lotta fra testa e cuore dove ragione e impulsività si fronteggiano di continuo. Un esempio ne è proprio la scena conclusiva della seconda stagione in cui Caterina è convinta di aver pugnalato a morte Pietro, gettandosi poi in un disperato pianto sul corpo. Quando si accorge di aver quasi ucciso il doppelgänger è sollevata. D’altro canto, dal modo in cui Pietro la guarda, non pare neppure capace di odiarla per ciò che ha appena fatto.
Entrambi hanno delle aspettative, dei pregiudizi e dei forti sentimenti verso l’altro, sostenuti e formati dal pressante contesto che li circonda. Entrambi credono di essere gli unici a provare qualcosa di puro e sincero, mentre immaginano l’altro solo ostinato a prevalere. Ciò nonostante, è dato sperare in un conclusivo ricongiungimento proprio in virtù della rappresentazione autonoma che lo show ha deciso di veicolare, libera dalle effettive circostanze storiche.

Infatti, The Great fonde il linguaggio storico con l’energia caotica e il registro satirico-parodico dell’intrattenimento audiovisivo attuale, non si prende sul serio e non dà nemmeno troppe arie al periodo alla quale si ispira. Il XVIII e il XXI secolo non sono mai stati così vicini in un tono che coniuga la lingua del tempo con quella attuale, mostrando con fredda distanza le usanze e percezioni del periodo, evidenziando soprattutto l’attrito con i valori e le concezioni contemporanei. In questa prospettiva, la serie non fa che smascherare le problematiche e lodare il progresso, sensibilizzando a una riflessione attraverso la rappresentazione sullo schermo del suo contrario. Caratteristico della storia è proprio un sarcasmo sottile e abrasivo su morti, violenze, sesso e lussuria.
Proprio per questo, The Great funziona sia che si abbia conoscenza storica del periodo o meno, non si basa esclusivamente sulla accuratezza dei fatti ma gioca con le proprie regole con le dinamiche che tra stereotipi e libri appartengono al tempo.

Come ricorda l’opening theme stessa, si tratta di una storia «occasionalmente» vera che va oltre i limiti della premessa storica.

La seconda produzione si è allontanata ancora di più dalla sottile verità degli accadimenti storici: ebbene, il periodico controllo alla pagina Wikipedia per meglio cogliere degli aspetti della trama è totalmente inutile. The Great ignora l’accuratezza e si diletta irriverentemente con schemi e scenari, proponendo una storia occasionalmente vera che fa di ciò la sua vera e propria forza. Liberamente ispirato alla realtà, si tratta di un prodotto unico e con cui non c’è competizione, proprio a fronte dell’assenza di titoli anche vagamente simili. Pietro e Caterina divengono vivi, vicini; si dotano di un’anima propria rispetto ai freddi dipinti settecenteschi che siamo convenzionalmente abituati a vedere. Diventano loro stessi indipendentemente dalle anime che realmente li hanno preceduti.

Lo show segue le proprie logiche, non fornendo riferimento temporali concreti e osando con dinamiche sopra le righe.

Ciò posto, tutto rientra brillantemente nelle forme del periodo grazie ai dialoghi, alla ricostruzione visiva e all’opera degli attori tra cui non risaltano esclusivamente la Fanning e Hoult. Tra i vari secondari, in questa stagione è da sottolineare l’ingresso nella trama della rigida madre di Caterina, interpretata da Gillian Anderson. Un personaggio singolare anche se non troppo originale nella sua caratterizzazione, questa fornisce una prospettiva diversa sulla regnante di Russia e offre una nuova ottica al racconto, purchè provvisoria, forse un po’ troppo. Infatti, pur ricoprendo un ruolo determinante nella nuova produzione, Joanna entra ed esce dalla narrazione velocemente, non permettendo all’interprete di donarci una performance incisiva come al solito. L’effettiva rilevanza della sua temporanea presenza sta più nella sua assenza e conseguente dipartita che nell’effettiva essenza della sua figura, che sarebbe potuta esser sfruttata e sviluppata meglio.

Ecco, forse è proprio sulle trame secondarie, marginali, che The Great perde a tratti la propria bussola. In linea di massima, pur essendo i personaggi ricorrenti e le relative vicende sviluppati in modo intrigante e dinamico, alle volte il desiderio di mostrare realtà diverse eccede. Alcune diramazioni sono non necessarie e dilungate, o comunque poco chiare, come per la ancora poco definita direzione assunta dalla storia del arcivescovo smarrito Archie. Nonostante non cadano nella banalità e siano ben animate, queste possono risultare dispersive.
Ciò posto, i personaggi restano caratterizzati e curati al punto da essere connessi alla storia principale e non essendo puramente solo di supporto. In particolare, un punto a favore in tale percorso sta proprio proprio nell’uscita di scena dell’unica figura che ostacolava la valida scrittura della serie tv: senza di Leo, l’amante di Caterina, scritto approssimativamente e basato su una serie di etichette e riferimenti generali, lo show si dota solo di figure organiche.
Le colonne portanti di The Great sono Pietro e Caterina, ma lo show si presta comunque a essere un ottimo racconto corale che segue con decisione il proprio percorso: è il continuo tira e molla, al potere e alla relazione, del duo dei principali che confonde e infiamma i tanti secondari che a corte si muovono.

Pur essendo entrambi i protagonisti meritevoli di citazione, sulla scia della prima produzione è doveroso menzionare il grande lavoro portato in scena da Nicholas Hoult.

Pietro è ciò che effettivamente dá vita al racconto e alle sue diramazioni. E’ un personaggio denso e magneticamente contraddittorio nel suo tentativo di redenzione. Senza freni, ironico e profondo, sicuramente l’attore è al netto della sua attuale miglior performance.
Più sregolato ed esagerato nella prima stagione, nella seconda il regnante è dosato, pur essendo ancora la maniacale parodia di se stesso, capisce e ammette di non aver mai voluto essere imperatore. E’ il frutto instabile di un Paese che l’ha formato a essere uomo e di genitori non particolarmente amorevoli. Vuole solo passare del tempo con la sua famiglia, come dimostra proprio nel primo episodio in cui, al momento delle trattative per la corona, è disposto a rinunciare al trono in cambio esclusivamente di 20 minuti al giorno con Caterina e Paul.
E’ cresciuto e sta cambiando in nome dell’amore: non è neanche in grado di sparare a Marial sul finale del secondo capitolo, cosa impensabile per il Pietro della prima produzione. Prova rimorso, è sensibile, ha intrapreso un percorso ancora lungo e a cui la satira e la pungente ferocia di The Great non daranno pace ancora per un po’. Tormentato, tentato e in cerca di una propria collocazione, Pietro è il vero protagonista della seconda stagione, acquisendo quel fascino sottile che contraddizione e riscatto amplificano. Rimane ancora la parte più impulsiva e sregolata della serie tv ma, a fronte del vacillante potere che si trova a gestire, parte di tale irrazionalità è assorbita da Caterina che paradossalmente è la vera mina vagante del secondo capitolo.

In sostanza, The Great ripropone il (vincente) modello della prima produzione, fondendo una pluralità di elementi per creare volutamente un effetto straniante. In questo caso i fattori sono dosati intelligentemente al punto da convertire la possibile confusione in una piacevole sorpresa, permettendo alla serie di emergere dal novero dei contenuti digitali.
In conclusione, a impatto immediato, un ultimo, ma non per importanza, elemento di cambiamento ed effettivo progresso nel contenuto sta nell’introduzione di un’opening theme differente da quello della prima stagione e da una cinematografia che, seppur già avente un buon punto di partenza, si eleva ancora un po’ di più. Vengono toccati i livelli dei grandi classici drama statunitensi. The Great sembra più modellata sugli schemi della tv generalista piuttosto che sul formato del fugace prodotto da piattaforma, non che questo sia necessariamente impiegato con implicazione negativa. E’ una costatazione di fatto che fa ben sperare sulle sorti del titolo. Si ha la sensazione di guardare un prodotto per la televisione effettivamente rilevante e curato nel dettaglio, non lasciato alla frettolosità della spietata fruizione in streaming.

The Great è tornato e non c’è scampo per nessuno. E’ inutile tentare di sottrarsi alla tossica relazione tra Caterina e Pietro, gli intrighi della corte del grande Impero di Russia non sono mai stati così densi e coinvolgenti. Nonostante il rapporto deleterio e nocivo tra i due protagonisti è innegabile e irresistibile la chimica instaurata tra i personaggi, che sembrano essere l’uno l’incastro perfetto dell’altro. Il caos si scatena attorno ai due sia che siano lontani che vicini. Non ci sono buoni e/o cattivi: l’unica cosa chiara è l’importanza del progresso, per il resto lo show non propone altro che una seducente lotta al potere e all’onestà dei sentimenti. Col caratteristico linguaggio cruento e moderatamente esplicito, The Great torna col trionfo proprio di una vera coppia reale che speriamo rimanga sui nostri schermi per ancora molto tempo.

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