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L’Ora – Inchiostro contro piombo: La Recensione delle prime due puntate della miniserie Mediaset

Ci accoglie un’atmosfera retrò, color seppia, in stile C’era una volta in America. Una regia movimentata, con un iniziale piano sequenza lunghissimo, molto teatrale, e una luce cupa e un retrogusto noir. Non è New YorkLittle Italy tantomeno Parigi. Lo swing, i costumi, l’ambientazione fumosa e frenetica ci ingannano, ma dopo l’intro vorticosa realizziamo di essere in Sicilia, sul finire degli anni Cinquanta. Mercoledì 8 giugno, in anteprima assoluta, Canale 5 ha trasmesso le prime due delle dieci puntate de L’Ora – Inchiostro Contro Piombo, la fiction impegnata con protagonista Claudio Santamaria. La miniserie – prodotta da Indiana Production (Vostro Onore), Squareone Productions e Snd Groupe M6 in collaborazione con RTI – è tratta da Nostra Signora della Necessità di Giuseppe Sottile mentre le riprese si sono svolte tra Roma, Fiumicino e Palermo, da Piazza Pretoria, Palazzo Bonocore a Palazzo Pantelleria. L’Ora – Inchiostro contro piombo s’ispira a fatti reali, ma romanzati. Siamo a Palermo, è il 1958. Nella redazione del quotidiano L’Ora – quello in cui anni dopo lavorerà Letizia Battaglia – arriva un nuovo direttore, Antonio Nicastro (Claudio Santamaria), trasferitosi insieme a sua moglie Anna (Silvia D’Amico). Nella realtà si tratta di Vittorio Nisticò, una voce tanto importante quanto scomoda, che ha sbattuto in prima pagina i crimini dalla mafia siciliana. Si tratta, dunque, di un progetto ambizioso che arriva in concomitanza con quello della concorrenza, basato appunto sulla vita della fotografa siciliana, in cui Nisticò ha un ruolo fondamentale. Il tema è impegnativo e le prime puntate mostrano la serietà con cui gli sceneggiatori, Ezio Abbate, Claudio Fava e Riccardo Degni, si sono approcciati alla storia. Senza dubbio, si tratta di una delle migliori serie tv firmate Mediaset, almeno degli ultimi anni, la cui regia dei primi due episodi è stata affidata a Piero Messina, già regista di Suburra, 2° stagione, mentre le musiche sono a cura di Bruno Falanga. Non è la prima volta che un tema simile, quello della criminalità organizzata, viene trattato dall’emittente. Tra i più riusciti e apprezzati ricordiamo Rosy Abate e Squadra Antimafia mentre tra i più discussi non possiamo non citare Pupetta – Il coraggio e la passione o L’onore e il rispetto. Le prime due puntate de L’Ora – Inchiostro contro piombo sentono il peso e l’importanza della storia narrata e provano a prendere le distanze dai prodotti passati. A tal punto che, forse, fanno troppo per colpire lo spettatore. La miniserie alza sicuramente il livello qualitativo della serialità Mediaset. Di certo possiede un taglio molto insolito per la televisione commerciale, quasi cinematografico. Nel cast e nel team creativo troviamo nomi promettenti, a partire da Claudio Santamaria, uno degli attori più rappresentativi del nostro panorama. Senza contare il gran lavoro di ricerca e documentazione. Eppure c’è qualcosa che non funziona fino in fondo. Come un buon disco su cui gira una puntina spezzata. È difficile, e forse prematuro, ma proviamo comunque a inquadrare la nuova proposta di Canale 5.

**Attenzione, seguono spoiler sulle prime due puntate di L’Ora – Inchiostro contro piombo**

Una storia pesante come il piombo.

L'Ora - Inchiostro contro piombo

La “sciccheria” sul terrazzo si trasformerà ben presto in una tragedia: una bomba è scoppiata facendo saltare in aria la redazione del quotidiano. Un’introduzione ritmata e festosa, ipotizziamo per l’ottimo lavoro svolto, annullata da quell’esplosione violenta. Poi, il racconto torna indietro di alcuni mesi. A meno di un giorno dall’entrata in vigore della Legge Merlin – che vietò il controllo diretto sulla prostituzione da parte dello Stato – la redazione deve affrontare sia il nuovo direttore, sia la paura dei tagli al personale. Quello nuovo, arrivato da Roma, è Antonio Nicastro, il quale è venuto a Palermo non certo per pubblicare veline del segretario di partito. Basteranno tre giorni per rendersi conto della trappola in cui si è cacciato assumendo la guida di un giornale già morto, con il bilancio al collasso e che sembra servire più come organo di partito che come quotidiano d’informazione. Nicastro è molto chiaro: vuole togliere il partito dal giornale perché la politica si farà con quello che scriveranno.

Le prime due puntate sono incentrare, dunque, sull’arrivo del nuovo direttore e i suoi tentativi per rendere il quotidiano un “vero giornale”. Una voce capace di raccontare la verità. Il clima teso dei redattori e dei fotografi, incerti sul loro destino professionale, s’intreccia però con diverse vicende criminali. Quella del pastorello di Corleone, ad esempio. Un bambino internato in ospedale, dove perderà la vita, per mano di un dottore, perché testimone dell’omicidio del sindacalista Rizzotto. L’altra è quella della sparatoria alla casa chiusa. La miniserie non perde tempo e ci porta subito in un clima di piombo. In due puntate prova a tracciare un ritratto della mafia degli anni Cinquanta, con una narrazione insolita per la tv, lasciandosi contaminare da influenze straniere. Forse troppe.

Pallottola dopo pallottola, L’Ora racconterà la verità.

L'Ora - Inchiostro contro piombo

Il clima è teso. Le domande non piacciono molto, soprattutto al dottor Navarra e agli uomini piantonati nel reparto ospedaliero. Poi c’è la sparatoria alla casa chiusa, a poche ore dall’entrata in vigore della Legge Merlin, dopo la quale Nicastro verrà trattenuto, sebbene fosse solo un testimone. Verso di lui c’è già una diffida per aver pubblicato il pezzo sul bambino morto in “circostante misteriose”. Tre giorni a Palermo e il direttore ha già alzato un polverone. Pochi giorni, così tanti nemici. Purtroppo, scoprirà, non ha ottenuto l’incarico di direttore grazie ai suoi meriti da giornalista, ma perché costava poco. Da rimpiazzo economico, con tutti contro, Nicastro riuscirà a rivoluzionare il giornale, soprattutto nella linea editoriale, prima sganciandolo dalla sfera del PCI, poi trasformandolo in un quotidiano antimafia.

Il nuovo team, i pochi che decideranno di restare, inizierà quindi a far luce sulla natura mafiosa dei crimini. C’è il capo redattore Marcello Grisanti (Maurizio Lombardi); il fotografo alle prime armi, Nick Ruscica (Giampiero De Concilio); il giornalista di cronaca nera, Salvo Licata (Bruno Di Chiara); il nuovo arrivato, spaesato ma promettente, Domenico Sciamma (Giovanni Alfieri), e Enza Cusumano (Daniela Marra), l’unica donna giornalista. L’Ora diventerà ben presto una voce coraggiosa grazie alle inchieste sulla mafia. Scomode al punto tale che, nella realtà, alcuni dei collaboratori del giornale furono assassinati da Cosa Nostra. La seconda puntata termina con la festa del Principe, a cui il secondo giornale di Palermo non era stato invitato. Nicastro, intenzionato a far luce su quanto era accaduto a Corleone, si presenta comunque alla festa. Ma scopre di essere stato inserito nella lista degli invitati. A quanto pare, lo aspettavano per mostrargli come funzionano le cose a Palermo. Gli vengono presentati, dall’alto, i puntini che nessuno ha mai pensato di unire, come Ciancimino o il cardinale Scalia. La mafia è una parola strana, taglia corto l’uomo elegante, prima di saltare dalla balaustra:

La verità è come la nebbia, più ti ci avvicini, più non vedi niente.

Quel suicidio; i figli minacciati della donna rimasta uccisa al bordello. E ancora, la morte del pastorello e tutti gli altri crimini che si susseguiranno nel corso delle dieci puntate sono in realtà i pezzi di un unico puzzle. Non sono “fattarelli”: sono una storia sola e per scriverla bisogna usare “quella” parola. Da quel giorno, dice Nicastro, al piombo ripondereranno col piombo. La parola Mafia unisce tutte le storie. Basta unire i puntini e seguire le pallottole. Non ci saranno più nomi sui pezzi perché tutti firmeranno l’inchiesta. Una rivoluzione editoriale e concettuale, ma anche grafica, ispirata ai fumetti tanto cari a Sciamma.

La trama è senz’altro una boma. Eppure, come dicevamo all’inizio, c’è qualcosa che non riesce a convincerci fino in fondo.

L'Ora - Inchiostro contro piombo

Sarà forse la ricerca estetica manieristica e a tratti forzata; il ritmo troppo lento che non valorizza il contenuto esplosivo della storia. Finora, per quel che abbiamo visto, L’Ora – Inchiostro contro piombo non regge il confronto con Solo per passione – Letizia Battaglia fotografa, la miniserie della Rai andata in onda a fine maggio. L’Ora – Inchiostro contro piombo è un prodotto che rincorre la modernità, a volte a discapito del contenuto. Dopo un inizio frenetico, i due episodi scorrono lenti e intervallano momenti umoristici spesso fuori luogo. Come quelli tra caporedattore e giornalista, ad esempio, come l’ossessione del fico d’india oppure la scena del mimo. La nuova proposta Mediaset ha coraggio ed è ambiziosa. C’è la voglia di raccontare una storia di denuncia, lontana dalle solite dinamiche melò della fiction della prima serata di Canale 5. Eppure cade troppo spesso in trappola, forse per accontentare i gusti del pubblico affezionato. Manca l’equilibrio e si finisce per rincorrere un sensazionalismo poco necessario. Due puntate che, forse, fanno troppo. Il finale, sulle note de L’uomo in frack di Domenico Modugno, con quella lunga esitazione per scrivere a macchina la parola con la “M”, risulta troppo costruita. È talmente enfatizzata che aggiunge troppa forza a una storia già potente. Il progetto è ambizioso, sì. Ma lo urla talmente forte che finisce per stonare.

Claudio Santamaria è una garanzia. Eppure il prodotto sembra essere stato confezionato sia per stupire un pubblico nuovo, sia per non deludere quello abituale. Questo, a nostro avviso, potrebbe essere lo scoglio più grande sui cui potrebbe incagliarsi L’Ora – Inchiostro contro piombo. È ancora troppo presto per pronunciare una sentenza. Aspettiamo dunque il prossimo dei cinque appuntamenti che andrà in onda mercoledì 15 giugno in prima serata su Canale 5 oppure in streaming su Mediaset Play.

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