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Prison Break 5×06 – Quanto costa la libertà

Dopo la 5×06 mancano solo 3 puntata alla fine di questo revival di Prison Break. In poche parole stiamo arrivando al momento in cui bisognerà emettere una sentenza. Tireremo le fila di tutti i misteri e saremo pronti a dire se questa struggente attesa è stata vana o ben ricompensata.

Le regole di Prison Break non sono tante. E’ una serie tv che si basa sull’improvvisazione, sulla genialità della mente umana, sull’effetto a sorpresa pronto a sbucare da ogni angolo. Quelle poche che ci sono, quindi, sono rispettate a dovere. La regola numero 1 è quella che abbiamo già citato in una delle recensione precedenti: “non è mai morto chi non vedi davvero morire“. Di esempi ne abbiamo parecchi.

La regola numero 2 è che ogni puntata dissiperà qualche dubbio, ma dissipandolo creerà un ancora più vasto mare di punti interrogativi. E’ il classico gioco del “più so, più so di non sapere“. Questa puntata, la 5×06 intitolata Phaeacia è il vortice attorno a questo concetto.

Finalmente abbiamo la conferma che anche l’agente Kishida collabora con il sistema ideato da Poseidone.

Dopo aver scoperto che non era stato Kellerman a rubare le impronte digitali di Sara, era ovvio che in qualche modo dovessero tornare su quel personaggio. Ed eccolo lì, infatti, consegnare il fascicolo di Kellerman con il codice 0006721. Per un attimo gli attori sembrano farci credere reale uno scambio di fascicoli voluto, ma riguardando attentamente la scena si può notare che Kishida cede quello corretto.

Un altro zoom ci viene fatto invece sulla bionda Emily, ex lavoratrice dell’NSA nel team “Occhio del cielo” in cui sembra non aver consumato solo le risorse computerizzate, ma anche quelle umane. Il passaggio nel suo passato è importante perchè dimostra quanto la ragazza creda nella causa. “Ho visto cose orribili e Poseidone mi ha dato la possibilità di fare qualcosa”.

Credere nella causa significa essere più pericolosi. 

E’ lo stesso motivo per cui Lincoln riesce a lasciar andare Michael da solo:

“Quando Michael decide di affrontare il mondo, il mondo perde sempre”

Il mondo perde sempre non solo per la genialità di Michael e per il suo riuscire a trovare sempre una soluzione. La vittoria spetta a lui perchè crede nella causa. Crede nella sua famiglia e nell’amore per le persone che lo hanno accompagnato dal momento in cui ha deciso di lottare per la verità. Non è un caso che gli autori ci propongano vari spezzoni d’amore nel suo cammino verso Phaeacia.

Compaiono tutti i momenti validi per combattere per la causa, la SUA causa.

Dopo il contatto con Sheba e il ricatto di Omar, l’arrivo alla stazione di servizio rappresenta uno dei punti cruciali di questa puntata di Prison Break.

Perché? I motivi sono tantissimi.

Partiamo da Ja, pieno di dubbi e in astinenza da contenzioni di qualunque tipo. Parla di mura da far sparire, mima un senso dell’ignoto che quasi spaventa e cerca rifugio in un barattolino giallo che probabilmente sarà la salvezza di Michael nella prossima puntata. E’ quasi una mina vagante, fino al momento in cui Scofield non rinnova la sua richiesta d’aiuto: “ho bisogno del tuo cervellino bello sveglio”. E così avrà ragione, di nuovo. Sarà infatti Ja a trovare la strada per il mare e a fornire a Michael una via d’uscita dal deserto.

Proseguiamo con Whip che nuovamente ci fornisce una prova delle sue abilità. Asso non è solo una scheggia con le lame, ma anche un astuto pistolero. “Sfruttare al meglio l’unico colpo” detto da lui è praticamente una garanzia. Da notare però che nelle ultime due puntate di Prison Break hanno dato sempre più peso alle frasi mirate a far capire che il ragazzo non dovrebbe fidarsi di Michael. In qualche modo è stato tradito o in qualche modo non riesce a comprendere la causa contro cui combatte? Si tratta solo di aver scoperto che Kaniel Outis è Michael Scofield o c’è dell’altro sotto?

La connessione ad internet, il dialogo online e lo screenshot delle mani ci danno finalmente la chiave per aprire una delle porte contenenti le soluzioni ai tanti misteri che avvolgono questa stagione.

Michael parla (probabilmente) con il presunto sosia di Elvis. Egli vive una vita dispendiosa e riesce a lasciare a bocca aperta persino Emily e socio. Come previsto, quindi, il tatoo sulle mani non è per bellezza. Contiene messaggi ben precisi per chiunque lo sappia interpretare.

Il contatto blue hawaii risponde e forse diventa l’ancora che Michael stava aspettando.

Un altro punto cruciale della sosta è il peso che viene dato ai feriti e ai cadaveri dopo l’esplosione.

Quei secondi sembrano eterni. Sembrano eterni perchè lo sono. In quegli attimi viene data la possibilità di riflettere sul famoso “prezzo da pagare” per la libertà. I corpi che si accumulano sulla strada a causa dell’obiettivo finale sono sempre di più. Non ci sono mezzi termini. Una schiena spezzata, una gamba staccata dal suo corpo, sangue, fumo e fiamme. Cosa cambia rispetto ad impiccare qualche per le strade di una città?

Cambia eccome, tutto. Cambia il movente che in un caso è l’amore e nell’altro la sete di potere. Sono il cuore pulsante di Michael e il suo voler combattere che rendono giustificabile ogni brutta azione, persino il suo tentato omicidio. 

Egli richiama Sara, durante la scena scura del trailer. La richiama perchè Sara rappresenta tutto ciò che di buono e puro è rimasto nel suo mondo. Il suo movente, il suo amore, la rappresentazione di ciò che è Michael Scofield. 

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