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10 cose che ho pensato dopo aver rivisto la prima puntata di Pretty Little Liars a distanza di anni

Qualche tempo fa Netflix ha avuto la brillante idea di caricare sul portale Pretty Little Liars, scatenando così la nostalgia dei più vintage e l’attenzione dei più giovani che sicuramente ne avranno sentito parlare, ma che probabilmente ai tempi erano troppo piccoli per guardare gli episodi su Megavideo o chissà dove.

Tutto questo per dirvi che, quando Pretty Little Liars è sbarcato su Netflix non ho potuto fare altro che fare un rewatch. E così, dopo aver provato a liberare la mia seconda mente dall’insistente riproduzione di Nostalgia canaglia di Al Bano e Romina, mi sono messa comoda sul divano e ho cominciato la visione del primo episodio e queste sono le 10 cose che ho pensato dopo averlo rivisto a distanza di anni.

1. La sigla

La sigla di Pretty Little Liars, per dirlo col gergo di Twitter che si rifà a quel gruppo creato per Lady Gaga (ai tempi Stefani Germanotta) e che recitava e quoto “Stefani Germanotta you will never be famous“, sarà – al contrario – per sempre famosa. La bellezza del trash di quella sigla è qualcosa di umanamente inspiegabile. Ai tempi credevo fosse la trovata più geniale di sempre, adesso mi rendo conto che sì, lo è ancora nonostante sia fatta così male.

2. Il dito di Aria nella sigla

Pretty Little Liars

C’era un elemento, però, nella sigla patrimonio dell’umanità seriale (come quella di Friends, Orange Is The New Black, The Big Bang Theory) che proprio mi faceva contorcere le budella, vedere rosso e venire tic nervosi: parlo, ovviamente, del dito che zittisce di Aria e che è asimmetrico, storto, rispetto all’economia dell’immagine. Abbiamo un vero e proprio ritratto del personaggio che alla fine di un’inquietante e bellissima sigla ci sta dicendo di mutarci, zittirci, insomma di chiudere la bocca e il fottutissimo dito è asimmetrico, è spostato verso la nostra destra. A distanza di anni quel dito nella sigla continua a farmi imbestialire perché è storto e non penso riuscirò mai veramente a superare la cosa. E adesso vado a chiamare la mia psicologa per comunicarle che il disturbo ossessivo compulsivo è tornato.

3. Il protagonismo di Aria

Un’altra cosa che salta subito all’occhio nella visione del primo episodio di Pretty Little Liars e che avevo completamente rimosso è che per tutta la durata della puntata la storia viene raccontata principalmente seguendo un personaggio in particolare, cosa che di solito si tende a fare nei Pilot per permettere al pubblico di individuare immediatamente il protagonista e isolarlo dal resto dei personaggi per metterlo in risalto. Ecco, nel pilota di Pretty Little Liars gira tutto attorno ad Aria. Il che ha causato un aggravamento dei tic nervosi che mi erano venuti per quel cavolo di dito e mi ha portato a urlare straziata mentre ero in uno stato semi confusionale: perché gira tutto attorno ad Aria che è la più inutile della serie?

Seriamente. L’intero episodio quasi non riguarda più nemmeno la sparizione di Alison DiLaurentis che vi ricordo all’epoca si pensava dormisse sepolta in un campo di grano dove non era una rosa né un tulipano a farle veglia dall’ombra dei fossi, ma erano mille papaveri rossi. E ora che sono andata a scomodare anche il signor De Andrè per dire l’ennesima cazzata, torniamo a noi. Sì, perché mentre Alison è presumibilmente dispersa, morta, forse sepolta, seguiamo Aria nel suo ritorno a casa quasi come fosse la protagonista della serie. Si è presa addirittura la scena del dito nella sigla quindi tutti gli elementi sembrano indicare due strade:
a) è la protagonista
b) è la protagonista e perciò è -A che ha ammazzato Alison
Cosa che sì, sappiamo bene non essere la verità ad oggi, ma guardandolo con un occhio che finge di essere nuovo questo è ciò che si penserebbe vedendo Pretty Little Liars per la prima volta.

4. Siamo vecchi

E mentre vi lascio meditare sull’inutile spreco di scene regalate gratuitamente ad Aria che ribadisco è il personaggio più inutile e il peggiore di tutte le Liars, voglio passare alla quarta cosa che ho pensato mentre guardavo a distanza di anni il primo episodio di Pretty Little Liars: siamo vecchi. Siamo veramente vecchi. Anzi, per dirlo con le parole di mia nonna “Sim fatt vicchj tutt na volt” traducibile in italiano con “siamo diventati vecchi all’improvviso“.

Pretty Little Liars è pieno zeppo di riferimenti a robe che ormai sembrano completamente obsolete, ma che all’epoca erano ciò che di più figo potesse esserci. Pensiamo ai loro telefoni apri e chiudi che adesso Motorola vuole per forza provare a farci comprare con una linea che francamente è entusiasmante come guardare un documentario sui pappataci in compagnia di un’ottantenne che nei primi cinque minuti si addormenterà e russerà fino alla fine della visione. Ma i telefoni apri e chiudi così come gli sms scritti con quel font pixellato tipico di Nokia, non sono l’unico elemento nostalgico.

La moda gioca un forte ruolo nel catapultarci in quel brutto periodo che va dai primi anni ’10 alla prima metà degli stessi, anni in cui sembrava ci fossimo vestiti con la luce spenta e prendendo a caso roba dall’armadio risultando non solo veramente eccessivi nell’abbinamento dei colori, ma anche completamente orribili da guardare. Un’accozzaglia di colori, ma peggio dei colori, dei design così obsoleti e vecchi da non sembrare adatti nemmeno al guardaroba bizzarro e vivace delle mie nonne, acconciature da milf su ragazzine poco più che adolescenti e un abbondare di gonne così brutte che a confronto i jeans a vita bassa non sono poi un’idea così terribile.

E non fatemi nemmeno cominciare a riflettere su frasi come “Ali, hai scaricato l’ultimo di Beyoncé?” perché semplicemente è troppo da processare, troppi ricordi, troppa nostalgia, troppo E-Mule.

5. Show don’t tell

Una cosa che ho notato da aspirante sceneggiatrice intenzionata a sbarcare nella divisione sceneggiatori di Shondaland Italia quando Shonda Rhimes deciderà di fondarla, c’è una cosa che mi salta subito all’occhio guardando il primo episodio di Pretty Little Liars dopo tanti anni. In sceneggiatura c’è un principio fondamentale su cui basare la scrittura di un progetto: “Show, don’t tell” letteralmente mostra, non raccontare. Ma, nel pilota di questa serie, chissà perché si racconta. Tutti ci raccontano tutto come se avessero fretta di metterci al corrente di cose fondamentalmente inutili e che potrebbero benissimo mostrarci anche successivamente.

Il personaggio che lo fa in maniera più evidente di tutti è Hanna mentre è al centro commerciale e parla con Spencer prima di rubare il famoso paio di occhiali per cui dopo si ritroverà costantemente tra i piedi quel ratto del detective Wilden. Hanna racconta cose che Spencer sa già e gliela racconta solo con il fine di informare lo spettatore su questioni che non è necessario sappia così perché è poco divertente e coinvolgente e toglie anche il brivido della scoperta e dell’indagine che lo porterebbe a collegare i puntini in una specie di caccia al tesoro silente. Ma, purtroppo, al posto di mostrare loro dicono, dicono, dicono e dicono.

6. Buone basi

Pretty Little Liars

Una cosa che ho pensato proprio alla fine del primo episodio di Pretty Little Liars dopo averlo rivisto a distanza di tempo è stata: wow, il pilota ha tutti gli elementi e ha creato una base abbastanza buona per mettere in piedi un buon prodotto. Sembra quasi una serie seria. Non riesco a ricordare esattamente il momento in cui degenera al punto da diventare una delle più grandi barzellette del genere teen drama ma i presupposti per tirare su qualcosa di meno trash c’erano davvero tutti.

Sarebbe potuta restare una serie per adolescenti, ma meno trash e probabilmente si sarebbe avvicinata al risultato ottenuto da Cruel Summer, ovvero un prodotto costruito bene e che non si perde in inutili divagazioni o in espedienti così fuori di testa e assurdi da diventare completamente improbabili e vere e proprie pietre miliari del trash. Certo, poi ci saremmo dovuti privare di ciò che ha resto Pretty Little Liars così famosa che è proprio l’elemento trash e assieme a lui avremmo dovuto rinunciare a maiali nei bagagliai, gente che muore candendo da un palco alto 20cm e di gente la cui testa rotola assieme alle decorazioni halloween giù per le scale quando meno te lo aspetti.

Però, tutto sommato, nonostante non cambierei mai il trash di Pretty Little Liars con niente, mi chiedo – in perfetto stile Il bivio, il programma di Enrico Ruggeri – che cosa sarebbe successo se avesse fatto il suo debutto in questo periodo e avesse intrapreso la linea della serietà per quanto possa essere serio un teen drama.

7. Il cast

Pretty Little Liars

Questa è la cosa che in assoluto ricordavo meno. Nel pilota della serie ci sono tantissimi attori che poi sono stati sostituiti da quelli ufficiali che abbiamo imparato ad amare e a cui ci siamo affezionati. Toby, i signori DiLaurentis, Jason, i signori Hastings, Ian, insomma ci sono stati così tanti recasting da quel momento che al confronto la quantità di Ridge e Thorne cambiati in Beautiful è praticamente niente.

Fa un po’ strano guardare quelle persone che vengono chiamate con i nomi dei personaggi che conosci con un altro volto e pensare che c’è stato un momento in cui Toby non era Keegan Allen anche se – a dirla tutta – il Toby del pilot di Pretty Little Liars aveva un viso decisamente più adeguato al ragazzo tormentato e dall’aria da psicopatico che veniva descritto nei libri. Assurdo.

8. Tutti gli uomini sono ratti

Pretty Little Liars

In questa serie c’è una certezza: ogni uomo (prima dell’arrivo di Caleb Rivers e dello sviluppo del personaggio di Toby Cavanough) è un ratto. Il capo di questo gruppo di roditori è senza ombra di dubbio il signor Montgomery che se la faceva di nascosto con le studentesse, che tradiva – dunque – la signora Montgomery interpretata dalla meravigliosa Holly Marie Combs, la Piper Halliwell di Streghe, che dopo essere stato scoperto dalla figlia la convince a mentire per coprirsi il didietro e poi porta la famiglia dall’altra parte del mondo forse nella speranza di far calmare le acque. Pessimo, rattissimo.

L’altro ratto è chiaramente il detective Wilden che dovrebbe essere un esempio di giustizia, rettitudine, integrità morale e invece accetta favori sessuali dalla signora Marin per evitare che sua figlia Hanna si sporcasse la fedina penale per aver rubato un paio di occhiali. Un altro ratto è Wren che – purtroppo – non ho mai visto come il dolcissimo ragazzo che tutti dipingevano, ma solo come un invertebrato utile quanto la nutella per preparare una parmigiana di melanzane. Tra l’altro questo era pure disposto a tradire la sua fidanzata con sua sorella che conosceva da nemmeno tre minuti. Ma io dico: tutt’appost?

E non fatemi nemmeno cominciare a parlare del predatore Ezra Fitz la cui storia romantica non so perché la trovassi così romantica a tredici anni quando questo che è maggiorenne e vaccinato, laureato e insegna in un cavolo di liceo se la fa con una sua studentessa al massimo al secondo anno e quindi minorenne. Il mio primo pensiero oggi con venticinque primavere addosso è stato “qualcuno chiami la polizia, i carabinieri, il centodiciotto se serve

9. La signora Marin, la signora Fields e la signora DiLaurentis

Un’altra cosa che ho pensato riguarda le mamme di tre personaggi: la signora Marin, la signora Fields e la signora di Laurentis. Le ho trovate fin troppo giudicanti per i miei gusti, manco fossero Clelia d’Onofrio, Ernst Knam e Damiano Carrara durante l’assaggio dei dolci in Bake Off Italia. Diciamo che non sono esattamente il miglior esempio per le figlie. La Marin è anche una grande creatrice di traumi esistenziali nella figlia e probabilmente di complessi che l’hanno portata a sviluppare la cleptomania.

Cioè questa pazza guarda la figlia mentre si limona il detective per farla sentire in colpa, una cosa in stile “è colpa tua se mi sto letteralmente prostituendo“. E qui, la me spettatrice ha urlato “ma chi minchia te l’ha chiesto, scusa” mia madre piuttosto mi avrebbe lasciato marcire in carcere e anzi avrebbe detto al detective “avete fatto bene, due mesi sembrano pochi, facciamo un anno così impara“.

O quell’altra genitrice dell’anno, la signora Fields che per tutto l’episodio non fa altro che fare commenti bigotti su letteralmente chiunque e cerca di controllare la vita della figlia sedicenne che è sua succube. Follia, a sedici anni se mia madre mi avesse detto che non potevo fare qualcosa, vestirmi in un modo o frequentare qualcuno proprio per istinto di sopravvivenza avrei fatto l’esatto opposto. Va be’ faccio così pure adesso, ma questo solo perché sono del toro ed è praticamente scritto nelle stelle che nessuno deve dirmi quello che devo fare.

L’ultima campionessa di questa lista è la signora DiLaurentis. Adesso, a questa le è morta una figlia. Non penso che scoprire che tua figlia è morta ed è sepolta lassù in montagna sotto l’ombra di un bel fior da almeno un anno renda più accettabile il fatto che sia crepata male, quindi proprio non mi spiego il suo atteggiamento al funerale in cui sembrava più interessata a criticare la gente presente alla celebrazione e a sparlare di Jenna con quattro adolescenti piuttosto che piangere sua figlia che, vi ripeto, è stata ammazzata.

10. Spencer è sempre la migliore delle Liars

Ultima cosa che ho pensato, ma solo per posizione dato che è il pensiero che mi ha accompagnato per tutto il tempo della visione del primo episodio di Pretty Little Liars a distanza di anni è stato proprio questo: Spencer Hastings è sempre la migliore delle Liars. Il mio debole per questo personaggio è grande che potrebbe superare la quantità di odio che nutro per Aria Montgomery e io detesto profondamente Aria Montgomery.

Spencer con i suoi modi sempre impeccabili, con la sua perspicacia, la sua intelligenza, con la sua lingua tagliente, la sua stronzaggine latente e la sua iconica resting bitch face non può essere paragonata a nessun altro personaggio, Spencer gioca una partita a parte. Anzi, lei ha già vinto in partenza e per questo per me era, è e sempre sarà la liars migliore di Pretty Little Liars.

Insomma, ritrovarmi dopo tutti questi anni a guardare il primo episodio di Pretty Little Liars è stato senza ombra di dubbio come tornare in dietro nel tempo a quel periodo in cui Michela Giraud in uno dei suoi spettacoli ha definito: una parentesi di disagio tra i brufoli e la tuta pezzata della Diadora che si chiama adolescenza, ma con gli occhi e il cervello di una giovane adulta e dunque con gli occhi e il cervello di un essere di nuovo umano e non più in preda alla follia irrazionale di quel periodo. E vi dirò, è stato un momento davvero interessante e anche se voglio fare quella poco emotiva e che giudica la qualunque, devo ammettere che non importa come sia degenerato con il tempo, Pretty Little Liars avrà sempre un posticino speciale nel mio cuore.