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La Creatura di Penny Dreadful e il trionfo dell’amore

Uno dei personaggi più interessanti delle tre stagioni di Penny Dreadful è senza ombra di dubbio la Creatura, l’esperimento del dottor Frankenstein che a più riprese intreccia le sue avventure con i protagonisti della serie co-prodotta da Sky. La Creatura, che nel racconto ha il volto di Rory Kinnear, è un personaggio secondario, ma estremamente ricorrente. La sua dimensione ruota principalmente intorno a Victor, il suo creatore, ma l’incontro con Vanessa è di particolare interesse per restituire la cifra di un personaggio che cela al suo interno una complessità unica, che per spessore lo pone tra i grandi volti della serie tv con Eva Green.

Nelle tre stagioni di Penny Dreadful la Creatura compie una parabola importante, alla ricerca del suo posto in un mondo nuovo, dove è un ripudiato in quanto diverso ed è disorientato in quanto morto e tornato in vita. L’ispirazione letteraria di questo personaggio è chiara e risale ovviamente al Frankenstein di Mary Shelley, uno dei più grandi romanzi della letteratura horror, ma come sempre accade nella serie ora presente su Paramount+, il mostro di Frankenstein è rivisitato, umanizzato sotto varie sfaccettature e posto sotto una luce molto intensa. Questo calco conferisce alla Creatura uno spessore incredibile e soprattutto diversi spunti di cui è estremamente interessante parlare, anche perché si rifanno ad alcuni grandi concetti dell’intera serie.

La creatura o il creatore: chi è il vero mostro?

La potenza concettuale di questo personaggio si misura già dal suo ingresso in scena. Conosciamo la Creatura infatti in modo traumatico, quando, appena alla seconda puntata della prima stagione, sventra Proteo, la nuova creatura portata in vita dal dottor Frankenstein, più mansueta e calma. Scopriamo così la sua storia, come Victor gli abbia ridato la vita, ma si sia spaventato vedendo la mostruosità che aveva realizzato. La Creatura, dunque, sola e inerme, è stata abbandonata a se stessa e ha covato rabbia e risentimento, si è forgiata nella crudeltà di un mondo a cui è estraneo, che lo ha sempre respinto in quanto corpo alieno. La Creatura è diventata un mostro perché il suo creatore l’ha considerata tale e, abbandonandola al mondo, l’ha resa tale, per cui la domanda sorge immediatamente spontanea: chi è il vero mostro?

Questo è il quesito che accompagna l’ingresso in scena del personaggio interpretato da Rory Kinnear e che ritorna a più riprese in Penny Dreadful, specialmente in relazione alla Creatura, ma anche ad altri personaggi, come ad esempio Dorian Gray. Questo enigma, infatti, si fa metafora di questioni più ampie, come ad esempio la responsabilità sociale di diverse situazioni, come le condizioni di vita difficili di chi vive ai margini della società, di chi viene scartato e abbandonato dal mondo, di chi viene visto come mostro e finisce per diventare davvero un mostro. La Creatura è il simbolo dell’emarginazione, che viene posta alla stregua della mostruosità. Eppure, a ben vedere, l’esperimento del dottor Frankenstein, di suo, non ha proprio nulla di mostruoso, ma tira fuori il suo lato peggiore solo quando è il mondo intorno a lui a costringerlo. Chi è dunque il vero mostro?

La creatura
La Creatura di Penny Dreadful (640×360)

Mostruosità e umanità

Questa riflessione sulla mostruosità della Creatura si allarga, poi, a un ragionamento più ampio, dato proprio dalla caratteristica intrinseca del personaggio: la sua morte. Il “mostro” in Penny Dreadful è tale perché, di base, è un abominio della natura, è un qualcosa che sfugge alle regole del mondo e che rompe la logica comune. È un corpo estraneo, un morto tra i vivi, un paradosso dell’umanità stessa. Ecco, dunque, cosa s’impernia sul concetto di mostruosità: quello di umanità. La Creatura finisce per essere mostro solo perché così viene visto dagli altri ma in cuor suo, e negli occhi di chi riesce a guardare oltre (fisicamente e mentalmente), l’umanità della Creatura è disarmante.

In questo senso il rapporto con Vanessa Ives, per eccellenza colei che guarda oltre, è estremamente significativo, perché ci dà la cifra della grande umanità della Creatura, all’apparenza inconciliabile con la sua condizione di morte. La riflessione intorno al rapporto tra vita e morte è uno dei temi fondamentali di Penny Dreadful e alimenta anche questo personaggio, la cui umanità non viene cancellata dalla morte e anzi, è più forte che in tante persone vive, a partire dallo stesso dottor Frankenstein. Per chiudere il cerchio, qui si torna alla riflessione di partenza: è più umano chi lo è davvero o chi si comporta da umano, pur non essendolo? È chiaro che la Creatura non sia viva, lo è artificialmente semmai, ma la sua essenza riguarda essenzialmente la morte. Eppure l’umanità è ancora viva in lui e allora, un po’ come la mostruosità, anche la morte è solo una questione di prospettiva, così come la vita e l’umanità.

La Creatura e il trionfo dell’amore

Tornando un attimo a quel binomio tra morte e vita, a quel tema dominante nelle tre stagioni di Penny Dreadful, è bene introdurre il concetto che, di fatto, scioglie quel rapporto, risolve i gradi di forza tra vita e morte e rivela la vera essenza dei personaggi. È l’amore, la grande forza che regola l’universo, la discriminante in un mondo fatto di punti di vista, di mostri guardati da mostri, di vivi considerati vivi, di umani disumanizzati. L’amore è la forza salvifica, quella che restituisce la vita anche nella morte. La Creatura ritrova la sua umanità proprio grazie all’amore, ai piccoli gesti di un’amica premurosa o al viso della donna amata. Con Vanessa e poi con la sua famiglia, il personaggio della serie co-prodotta da Sky recupera la sua vita, che dopo l’esperimento del dottor Frankenstein era semplicemente esistenza, sospesa nella morte. Il rapporto tra vita e morte, dunque, si risolve solo con l’amore, che è la forza che spinge a vivere e che rende più umani che mai.

Tutta la parabola della Creatura nelle tre stagioni di Penny Dreadful è un inno all’amore e alla vita resa umana proprio dall’amore. Il personaggio della serie di Showtime si illude di poter trovare questo sentimento in maniera artificiale, incaricando il suo creatore di donargli una compagna, ma presto si rende conto della sua cecità e s’imbarca in un lungo viaggio, fisico e metafisico, dove la Creatura si ritrova, ritrovando la propria famiglia, il suo vero amore. Alla fine, l’estremo gesto d’amore lo compie nei confronti del figlio, evitandogli la sua non vita, non concedendogli quel regalo non richiesto del ritorno dalla morte, che in fondo altro non è che una condanna perché il mondo non ama. Alla fine di tutto, dunque, l’amore non solo risolve il binomio tra vita e morte, ma lo vince, trascendono tutte e due le dimensioni e facendosi unica forza salvifica in una condizione di perpetua, ed eterna, condanna. Nell’epilogo della Creatura capiamo che l’amore non si limita a restituire la vita, ma la trascende e in un certo senso la eternizza, superando anche il suo rapporto con la morte.

Mostruosità e umanità, vita e morte: l’esistenza della Creatura in Penny Dreadful è fatta di opposti, apparentemente inconciliabili, eppure ben presenti, coesistenti. La sua parabola è sintomo di come tutto, nella vita, dipenda dai punti di vista e di come il rapporto col mondo sia essenziale nel definire qualcuno. Il tutto almeno, finché, non arriva l’amore, che in ogni sua declinazione, con tutta la sua potenza, vince questi opposti e a crollare questa dimensione di ambivalenza che, altro non è, che la condizione umana.