Vai al contenuto
Serie TV - Hall of Series » Peaky Blinders » Behind The Series – L’evoluzione della fotografia di Peaky Blinders

Behind The Series – L’evoluzione della fotografia di Peaky Blinders

Behind The Series è la rubrica di Hall of Series in cui vi raccontiamo tutto quel che c’è dietro le nostre serie tv preferite. Sul piano tecnico, registico, intimistico, talvolta filosofico.

Peaky Blinders è una delle serie che ha saputo crescere in modo costante ed esponenziale attirando a sè un pubblico molto attento. Sicuramente i meriti vanno a molteplici aspetti: dal cast e alle loro performance attoriali, alla trama carica di colpi di scena e personaggi complessi.

Un prodotto audiovisivo, però, funziona sempre più grazie anche alla sintonia tra ciò che succede sullo schermo e come viene mostrato agli spettatori: la fotografia – intesa come ambito generale che racchiude le scelte di inquadrature, le luci, i movimenti della macchina da presa e in generale tutte le scelte stilistiche – rappresenta l’asso nella manica della serie e il motivo, ignorato da molti, per cui Peaky Blinders spicca a livello qualitativo su tante altre serie tv simili.

La modalità con cui viene raccontata la storia, infatti, è studiata nel minimo dettaglio: a partire dalla prima scena della prima puntata – che vede un cavallo camminare per le strade di Birmingham – ogni scelta è voluta da un linguaggio tecnico evocativo e affinato col tempo. L’omogeneità mantenuta nelle prime quattro stagioni ha poi permesso la nascita e l’affermarsi di un vero e proprio stile identificativo per la serie.

Con l’arrivo della quinta, però, Peaky Blinders ha deciso di intraprendere una strada più cinematografica, riuscendo comunque a mantenere il marchio di fabbrica che la contraddistingue.

La telecamera si muove come un personaggio invisibile, si insinua negli angoli più bui e perfino nei sogni, permettendoci di capire al meglio i personaggi e le dinamiche familiari con un semplice colpo d’occhio. Tramite la sintonia tra storia e fotografia, infatti, l’immersione degli spettatori all’interno di questo mondo è immediata e totale.

Il personaggio di Thomas Shelby viene ad esempio presentato come il leader indiscusso: lo osserviamo mentre impassibile attraversa le strade ingrigite della città, solo mentre tutti attorno si nascondono dal suo incedere lento a cavallo. Il contrasto che la sua sicurezza – al limite della stoica apatia – crea con la folla nascosta intenta a osservare attentamente lo fa risaltare ancora di più: nel momento in cui il rosso della polvere spicca dalla mano della chiromante che gli si pone davanti, capiamo subito chi è il protagonista della storia che andremo ad affrontare. Il rallentamento del tempo dura solo un attimo e, come un incantesimo spezzato, la vita ricomincia brulicante mentre il protagonista rivolge la parola a chi ha seguito tutta la scena.

Altro esempio che viene rappresentato al meglio tramite la fotografia è il tema del trauma nella prima stagione. Sono infatti numerosi i flashback di Tommy riguardanti l’esperienza vissuta durante la Prima Guerra Mondiale: la claustrofobia che ha provato il suo personaggio viene amplificata e trasmessa dai movimenti di macchina affaticati e dalla luce cavernosa utilizzata, permettendo così di immergerci e vivere allo stesso modo il tipo di disagio, ansia e costrizione da lui provati.

Perfino il suo incontro con Grace ha uno studio attento alle spalle: la luce attorno alla donna è dorata, dolce, la accarezza e la illumina come fosse un angelo. Durante la seconda puntata, infatti, il loro dialogo è carico di una crescente tensione sentimentale: mentre i loro occhi continuano a parlarsi si alternano riprese più larghe a piccoli dettagli, come se lo spettatore fosse un intruso nascosto allo sguardo dei due.

La testa piegata di lui nell’atto di accendersi la sigaretta, o il primo piano sul viso di lei mentre sorride, sono anche modi tecnicamente interessanti di comunicare la delicatezza dell’attimo condiviso dai due.

Nel momento in cui Grace sale sulla sedia per cantare, vediamo subito una rappresentazione metaforica di quello che sarà poi il loro rapporto: lei come su un piedistallo avvolta da una luce morbida, mentre lui concentra tutta la sua attenzione verso l’alto, verso il suo viso. Il movimento, quasi tremolio, che viene dato all’inquadratura mentre Thomas afferma che il suo cuore non può rompersi amplifica con maestria le emozioni che passano tra i due.

Peaky Blinders non è fatto però solo di amore: anche nelle scene di alta tensione ogni scelta viene fatta con l’intento di dare un ritmo ben preciso.

Nel finale della terza stagione, ad esempio, l’incontro tra Tommy e Alfie Solomons rappresenta perfettamente questa ricercatezza della fotografia: il movimento di camera segue con tagli sempre più frequenti le emozioni della scena, portandoci in uno stato di nervosismo che viene enfatizzato dalla chiusura progressiva dell’inquadratura.

Lo spettatore infatti inizialmente crede che il semplice scambio di informazioni tra i due personaggi non rappresenti un momento di particolare importanza nella puntata. Mentre Tommy cammina verso la telecamera avvicinandosi, ci rendiamo conto però che qualcosa non va: puntando la pistola su Alfie la tensione risale in un picco improvviso e attira tutta la nostra concentrazione. Il punto focale di queste scene è il movimento di Thomas, inizialmente tranquillo. Da un piano largo – che ci permette di soffermare lo sguardo anche su ciò che è vicino ai personaggi -, ecco che la camera si stringe sempre più creando dei primi piani concentrati sul viso di Alfie e sull’arma su di lui puntata.

La tensione culmina in una furiosa lite tra i due che, per via dell’instabilità emotiva, vede una ripresa più dinamica dove lo spettatore non si ritrova più semplicemente ad assistere, ma è come inserito violentemente nella scena, partecipando con Michael allo sforzo di allontanare e calmare Thomas. In tutto ciò la scena non presenta elementi sonori extradiegetici – come musica o elementi di sountrack – che possano distrarre lo spettatore: la suspense è costruita interamente da ciò che l’occhio vede e dalla perfetta performance attoriale di Cillian Murphy e Tom Hardy.

Con l’inizio della quinta stagione, poi, la narrazione visiva della serie viene leggermente modificata: la storia fa un balzo in avanti arrivando nel 1929 e, allo stesso modo, anche la fotografia muta.

Le scelte stilistiche permettono alla stagione di acquisire uno spirito più cinematografico (forse per la scelta di fare un film sulla serie?): i movimenti di camera si fanno più lunghi e permettono di utilizzare meglio il talento degli attori, lasciando che la scena si costruisca tramite l’utilizzo dello spazio.

L’atmosfera tipica di Peaky Blinders è quasi teatrale, ottenuta tramite l’utilizzo sapiente di coni di luce e fumo. Questa combinazione permette non solo di rendere la corposità della pesante aria di una città industriale, ma consente inoltre di avvolgere nel mistero molte delle scene, mantenendo così alta la capacità evocativa dei personaggi.

Aumenta però in questa stagione la volontà di realismo: per rappresentare al meglio i problemi e l’instabilità crescente di Thomas i movimenti di camera si fanno più realistici e coreografati, permettendo agli spettatori di diventare parte integrante dell’azione. Dall’esplosione della mina al fallimento dell’attentato a Oswald Mosley, ogni scena ci guida all’interno della storia, dandoci l’illusione di sapere cosa sta succedendo.

I singoli esempi presi in esame qui sono solo una minima parte del dettagliato universo che ruota attorno alla serie: in ogni suo momento, in ogni particolare scelto, la storia degli Shelby traspare per quella che è: imperfetta, tragica e irresistibile. Il motivo per cui Peaky Blinders ha attirato così tanto successo non sta solo negli iconici tagli di capelli dei protagonisti o nella romaticizzata rappresentazione di forza che si sussegue da anni in moltissime serie tv. Quello che la rende una serie vincente, in fondo, è la precisa identità che viene sviluppata e presentata agli spettatori.

In tutte le sue contraddizioni e sfumature, la storia è viva in ogni singolo fotogramma.

Sotto gli occhi degli spettatori si apre un mondo in cui i piccoli momenti di fragilità e di dolcezza sono come lampi di luce che squarciano il grigio delle nuvole e alimentano la tempesta che incessante continua, mentre tutto si piega e spezza sotto la tragica forza e bramosia di una sola famiglia.

Mentre aspettiamo quindi ulteriori notizie sulla sesta stagione, possiamo nel frattempo ritornare nel fumoso ed evocativo mondo di Peaky Blinders guardandolo con occhi diversi, conoscendo l’impegno e tutto il lavoro che si nasconde dietro ogni scena di una serie fatta di dolore, ambizione, passione e vendetta.

LEGGI ANCHE – Behind The Series – True Detective: viaggio negli abissi della psiche umana