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Sarà la storia a raccontare gli eroi, quelli più ambigui, più matti. Non servirà neanche trovare le parole giuste, sono stati loro a fare del loro passato un capolavoro, basterà questo a renderli immortali.

La storia di Alfie Solomons è scritta su di un equilibrio folle e precario che vede scontrarsi la calma interiore con la pazzia manifesta. Fa il suo ingresso quasi nascondendosi, entrando nella trama da personaggio secondario e conquistandosi con astuzia e intelligenza la nostra fiducia e quella di chiunque altro.
La sua è una follia controllata con devozione e violenza, capace di rendere il personaggio perfettamente adatto al suo tempo e alla sua storia.

Pensandoci è una follia raccontata in maniera del tutto nuova. È lei a controllare le azioni di Alfie Solomons ed è lei ad attrarre alleati e nemici. Quasi come se non ci fossero altri tratti nella personalità dell’uomo, solo una testarda e temibile tendenza all’unicità.

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D’altra parte l’apparenza della calma permette alla violenza di esprimersi al meglio di se stessa. Così come viene pensata, senza nascondere nessun dettaglio del male che accade. È nello scontro con la calma che la follia emerge e diventa protagonista, con l’opposizione tra questi due stati si nota la differenza abissale e quasi ridicola che intercorre tra le due. Alfie Solomons si muove in questo spazio, rendendo l’equilibrio iniziale delle sue comparse uno stato di relativo nulla prima della decisiva svolta. La sua presenza preannuncia il cambiamento ragionato, radicale e violento dello status quo.

Come una goccia di sangue fatta scivolare in un contenitore d’acqua, è la sola sua esistenza a condizionare il sistema. Ne cambia il colore e la consistenza, persino la struttura organica. Alfie, nel sistema di Peaky Blinders, entra con passi cadenzati, quasi a voler con l’ausilio del tempo far prendere coscienza dell’esistenza reale di sé. A Thomas, a tutti coloro che assistono e allo spettatore.

Deve essere percepito, guardato e ascoltato. Solo così il suo capolavoro può compiersi, solo con l’ammirazione Alfie Solomons può rendersi ciò che è. Calcolatore e violento, quanto basta per non perdere completamente umanità ed empatia.

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Controlla la scena, anche inconsapevolmente. È la sua pericolosità a renderlo il personaggio più camaleontico e interessante. Dalla follia nasce la sua storia, prende forma dal suo linguaggio e dalle sue prese in giro. Sa sfruttare l’ironia, macchiandola di serietà al punto giusto trovando equilibrio nell’esagerazione.

Bisogna però tornare nel passato per poter capire il presente. Deriva dalle profondità della persecuzione e della guerra, quello che Alfie Solomons è ormai diventato. Come tutto ciò che resiste in Peaky Blinders, anche lui lotta a denti stretti per sopravvivere e tentare di ottenere una libertà ormai frantumata. Non esiste più, come per Thomas o Arthur o chiunque altro abbia vissuto il sottosuolo come unica dimora. Quella tanto sperata libertà è solo un sogno che non esiste ma che continua ad essere inseguito.

Quando si prende consapevolezza di questa enorme mancanza, si perde razionalità, consolazione e si diventa egoisti e pieni di rancore. Ognuno di loro ha reagito diversamente, quella di Alfie è solo una delle tante conseguenze al disastro. Forse la più dolorosa o forse la più logica, sicuramente è una di quelle più terrificanti e affascinanti.

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Fa così tanta paura perché è parte di una minoranza, da più punti di vista, è ebreo ed è inevitabilmente solo. Del resto della follia ci si innamora facilmente ma è ancora più semplice essere poi costretti a scappare. Ed è la minoranza che crea paura e stranezza, lotta costantemente contro qualcosa, è abituata a rompere gli schemi e a ribaltare le situazioni di squilibrio. Alfie non fa eccezione, è la goccia che con la sua presenza rende necessario il cambiamento.

È l’elemento che disturba e terrorizza.
Il personaggio di una storia parallela che intreccia follia, violenza e dolore in un’unica trama. Diventa parte del tutto rimanendo sempre l’outsider da cui il tutto dipende. Non può questa essere altro se non follia, l’unico titolo adeguato per una storia straordinaria, quella di Alfie Solomons.

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