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Ma Normal People è davvero “normale”?

Era la calda estate del 2020 quando dal lato series addicted del web arrivava un unico messaggio forte e chiaro: ‘GUARDARE NORMAL PEOPLE’. Urla entusiastiche, recensioni a cinque stelle e occhi lucidi nelle storie di influencers in cui si decantava una straordinaria rappresentazione dell’intimità delle relazioni umane. Io che all’epoca di relazione ne avevo solo una, con il mio nuovo condizionatore e di sana diffidenza, non ho potuto fare a meno di obbedire all’ordine e guardarla. Anche perché Normal People non è altro che l’adattamento televisivo prodotto da HULU e BBC 3 del bestseller dell’irlandese Sally Rooney ‘Persone Normali’, e si sa che quando sono gli stessi amanti del libro ad apprezzare la sua trasposizione solitamente si possono avere grandi aspettative. Solitamente.

Dall’inizio della prima puntata la trama di questo cosiddetto capolavoro del terzo millennio si rivela piena di salti logici che potrebbero far scappare una risata per le situazioni che si vengono a creare. Tanto che mi sono più volte chiesta se la lettura del libro non fosse a questo punto un prerequisito essenziale per attribuire maggior coerenza.

Per chi non fosse ancora salito sul carro di Normal People ecco un breve riassunto: Marianne e Connell frequentano lo stesso liceo, lei è timida e introversa, lui è un giocatore di football irlandese con 2 metri di spalle e l’animo sensibile, un giorno che Connell va a prendere sua madre a casa di lei (perché sì, la madre di Connell fa la domestica per la ricca famiglia di Marianne), lei lo bacia, gli dice che le piace e prova a portarselo a letto. Così, di botto, senza senso. I successivi undici episodi ci mostrano sostanzialmente i seguenti 4 anni dove i due fanno sporadicamente l’amore, non si parlano e si inseguono a vicenda senza saper tenere in piedi una loro relazione stabile. Miranda Priestly di fronte a una sinossi del genere direbbe: ‘Floreale? In primavera? Avanguardia pura…’

Normal People

Avendo constatato che a livello di trama Normal People non è nulla di non visto, passiamo ad analizzare il fronte dell’impatto emotivo. Per una serie che arriva dopo titoli come Modern Love o The End of the F***ing World l’asticella è alta. La verità è che uno dei meriti di Normal People è stato quello di mettere in piedi scene erotiche cariche di una delicatezza non comune, che assieme alle performance impeccabili e coraggiose dei suoi due attori principali (Daisy Edgar-Jones e Paul Mescal) hanno probabilmente soddisfatto una certa fetta di pubblico. Questo spiega anche perché quando parlandone la prima cosa che salta fuori sono proprio i momenti di intimità fra i protagonisti, nonostante le scene di sesso nel corso delle puntate siano relativamente poche in confronto ad altre produzioni più procaci. Per esempio, rispetto ai protagonisti di Elite, Connell e Marianne potrebbero fare parte di un qualche ordine monastico. Detto questo, perché vedere la loro intimità dovrebbe piacerci tanto? Quale è il contesto? Perché i due si completano e siamo così felici quando finalmente riescono a trovarsi assieme? A rispondere a queste domande troviamo solo la punta di un iceberg che non viene mai svelata per intero.

È questo che manca in Normal People. Il cossidetto denoumant, insomma, lo spiegone.

Le sfere emotive dei personaggi che per arrivare a coinvolgere il pubblico dovrebbero essere comprensibili rimangono enigmatiche, e la quasi totale assenza di sottotrame non aiuta. Mentre l’universo emotivo di Connell risulta più immediato – il ragazzo buono che si fa forte dietro a una maschera di popolarità e stenta a non crollare con le sue insicurezze nel periodo universitario – quello di Marianne è una lacuna. Sappiamo che la sua famiglia è benestante, suo padre è morto e suo fratello ha dei comportamenti abusivi verso di lei con il pieno benestare della madre, la quale sembra portare avanti con Marianne un sadico gioco di aspettative non soddisfatte. Perché? Qual è il germe del malessere di questa famiglia? A noi spettatori non è noto, spero lo sia almeno a chi ha letto il romanzo. E ancora, quando la loro relazione segreta al liceo si interrompe perché Connell decide di non invitare Marianne al ballo della scuola (sì, avete letto bene), lei si ritira dalle lezioni dell’ultimo anno e sostiene l’esame finale da privatista (!!!). Come è arrivata a questa reazione spropositata? Non ce lo dice nessuno. Nonostante questi vuoti iniziali si suppone che dovremmo continuare a stare sulle spine per gli sviluppi della loro relazione, anche quando un anno dopo si rincontrano al Trinity College e li vediamo trattare la loro storia liceale di qualche mese come se fosse un trascorso di gigantesca importanza.

Normal People

Totale è la mancanza di comunicazione tra i due e pienamente romanticizzata, dando vita a una trama che non si allinea ai trend narrativi più recenti dove questa viene valorizzata come momento positivo. Non ci resta quindi che cercare di immaginare perché si è creata questa chimica speciale, questa co-dipendenza amorosa tra i personaggi principali. Purtroppo sono pochi gli strumenti che abbiamo per farlo.

Credo che ci siano due possibili ragioni per cui Normal People sia comunemente adorata.

La prima è che magari, avendo già letto il libro, si hanno in mano più strumenti per connettersi alle vicende di Connell e Marianne, conoscendone già un senso più profondo sinceramente difficile da trovare a prima vista.
La seconda è che una trama così comune, comoda, priva di spiegazioni ben precise, è terreno fertile per chi si voglia immedesimare e rivedervi pezzi della propria vita romantica. Io, d’altra parte, continuerò a sostenere che la storia di due ventenni che sprecano i loro anni migliori a non parlarsi e a soffrirne silenziosamente sia un incubo.
Molto realistico, e forse affascinante proprio in quanto tale, ma pur sempre un incubo.

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