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5 momenti in cui Noi è stata davvero “troppo italiana”

Devo scomodare Tolstoj e il suo incipit di Anna Karenina per scrivere di Noi:

Tutte le famiglie felici si assomigliano fra loro, ogni famiglia infelice è infelice a modo suo”.

In fondo si parla sempre di famiglie, legami, amore e abbandoni. Temi universali che trovano terreno comune in ogni latitudine. This Is Us è il migliore dramma familiare seriale mai prodotto dai network americani, incentrato su tutti i componenti della famiglia Pearson anche prima che diventassero la famiglia Pearson. Un perfetto equilibrio di racconto di amore in tutti i suoi aspetti con particolare attenzione all’amore fraterno. In Italia di famiglie ce ne intendiamo. Sono il puntello della nostra società, eppure nell’adattamento Noi non sono riusciti a toccare le corde profonde, se non in poche scene, di questo gioco di intrecci di sentimenti ed aspirazioni che è la famiglia. Tutte le serie ben riuscite si assomigliano fra loro, ogni serie non riuscita è irrisolta a modo suo.

Noi (640×360)

Noi vs This Is Us

This Is Us, questo siamo noi. Eccoci qui, queste sono le nostre vite che entrano ed escono dal tessuto familiare come un uncinetto che aggancia l’occhiello del filo e lo unisce alla trama. Questo siamo noi, i nostri limiti, vizi, sogni e debolezze che diventano forza quando le riconosciamo. Il primo momento in cui Noi si identifica come troppo italiana parte proprio da qui, dal titolo che non ha la forza evocativa di quello originale. Un titolo riduttivo, da didascalia di una foto su uno stato whatsapp, da fiction di Canale 5 come è in realtà la miniserie con lo stesso titolo Noi del 2004, con Barbara D’urso e Enzo De Caro.

Noi (640×360)

Daniele Peirò vs Randall Pearson

Daniele Peirò è il figlio adottato dei magnifici tre. Difficile trasposizione nella società italiana, perché la necessità di Randall Pearson di trovare le sue radici andava oltre a ritrovare il padre. Era solo un inizio per riappropriarsi della propria cultura di afro-americano che nell’infanzia non ha potuto vivere assorbendo totalmente l’ambiente wasp (white anglo saxon) nel quale è stato cresciuto con amore. Per essere probabilmente più aderenti al retaggio storico/sociale italiano che non ha esperienza di ricerca di identità nera in Noi resta tutto sommesso e posticcio, ed è troppo italiana nella narrazione.

Fiction vs Serie

Se escludiamo i flashforward e flashback che fortunatamente il produttore di This Is Us, Dan Fogelman, ha imposto per concedere l’adattamento che ha portato a Noi, la regia è da fiction italiana al cento per cento. Il regista Luca Ribuoli, d’altronde, è un veterano di fiction nostrane. Ottimi prodotti ma con l’uso smodato di inquadrature statiche e didascaliche che forse sono state anche accentuate per paura che il pubblico medio non riuscisse a seguire i salti temporali nel racconto. Il risultato è un equivalente a voler inserire un tondo in un quadrato, e di certo non stimola la visione anche se il target di riferimento è un pubblico generalista che ha ormai raggiunto la maturità visiva per bene accogliere un nuovo modo di narrare.

Noi
Noi (1024×576)

Rebecca vs Rebecca

Rebecca Pearson vs Rebecca Peirò sessantenne. Aurora Ruffino è stata penalizzata dalla sua fisicità, dal suo viso che dimostra addirittura meno dei suoi 33 anni e come Rebecca sessantenne è veramente poco credibile, rendendo tutto molto più fiction che serie. Difficile non pensare a come hanno agito nella produzione americana, studiando attentamente i ruoli e gli attori che li avrebbero interpretati. Il fisico del ruolo è spesso sottovalutato nelle produzioni italiane, che per scelte non aderenti hanno influito su buoni prodotti che avrebbero potuto avere più successo.

Noi (640×360)

Noi vs Tutto Può succedere

Due remake a confronto. Tutto Può Succedere è il riuscito adattamento di Parenthood. Più semplice nella narrazione che non subisce i traumi dei salti spazio-tempo di This Is Us. Nessun inciampo per i trucchi poco convincenti di attori giovani che invecchiano di trentanni. Tutto Può Succedere è stato adattato alle dinamiche italiane rispettando le peculiarità della serie originale. Noi soffre della sindrome di Cenerentola e non riesce mai a diventare indipendente. Nell’ansia di migrare una storia familiare radicata al tessuto sociale americano in un contesto italiano ci sono state delle forzature che hanno fatto perdere di vista il vero vulnus, la commozione. Il pathos è latitante.

Il confronto è sempre in agguato, e lo trasmettano anche gli attori pur bravi. A mio parere, i due personaggi che mantengono una spontaneità che li rende indipendenti sono Teo/Leonardo Lidi e Cate/Claudia Marsicano. Non fotocopia degli originali e neanche troppo italiani.