Vai al contenuto
Serie TV - Hall of Series » Mindhunter » Chi parla meglio di disturbi mentali? Maniac o Mindhunter?

Chi parla meglio di disturbi mentali? Maniac o Mindhunter?

«In un’epoca di pazzia, credersi immuni dalla pazzia è una forma di pazzia.»

Che cos’è la follia? Uno degli argomenti più affascinanti su cui si sono interrogati poeti e letterati, musicisti e pittori. L’artista è un folle qualcuno ha più volte detto. Perché attraverso l’inchiostro e la pittura dà libero sfogo ai vividi sogni della psiche, non più limitato dalle catene delle convenzioni sociali ma libero di essere chi vuole. Anzi libero di essere chi realmente è. Artista e reietto, le due cose vanno spesso di pari passo nel caso dei folli. Lo sapevano bene quelli della beat generation. Ma chi è più maniaco? L’uomo che indossa la maschera della società perbenista o l’uomo che se la strappa di dosso mostrando tutto il resto? Genio e follia, altre due cose che spesso si danno la mano. E non è forse un caso che molte grandi menti abbiano sofferto di disturbi mentali. È come se l’universo stesso cercasse di stabilire un equilibrio, perché non si può avere tutto. Non si può essere insieme speciali e normali e la follia diventa allora lo scotto da pagare. Serie tv e disturbi mentali sono una combinazione che ultimamente funziona bene. Come dimostra il riscontro avuto da Mindhunter prima e da Maniac dopo.

Da un lato Mindhunter, dall’altro Maniac. Una sfida per decidere chi tra i due prodotti parli meglio di disturbi mentali. Da un lato la serie sulla nascita del profiler e del termine serial killer, dall’altra un onirico viaggio dentro la psiche disturbata. 

mindhunter

Partiamo da Mindhunter. La serie tv di grande successo targata Netflix si basa sul libro omonimo, best seller autobiografico pubblicato nel 1996 da John Douglas. Scrittore che per 25 anni è stato agente del Bureau, diventando uno dei primi profiler (figura fino ad allora inesistente) ed esperto internazionale di serial killer, al punto da ispirare la figura di Jack Crawford, il capo di Clarice Starling nel film di Jonathan Demme: The Silence of the Lambs del 1992.

Nel volume Douglas racconta la sua esperienza senza omettere anche il gravissimo incidente causato da un sospettato che lo ha ridotto in fin di vita. Egli ha descritto in Mindhunter alcune delle indagini condotte personalmente in lungo e in largo negli Stati Uniti alla ricerca di pericolosi assassini seriali e riportando le interviste fatte a squilibrati particolarmente noti come Charles Manson o Ed Gein.

Nella serie tv il punto di vista della narrazione è quello di Holden Ford. Un agente alle prime armi caratterizzato da un grande carisma e curiosità, ma non è lui il vero protagonista. A dominare la scena sono infatti i serial killer, i sociopatici con i quali Holden di puntata in puntata si confronta. Parla con loro, raccoglie dati per cercare di capire cosa li renda simili. Per individuare un comune denominatore che possa spiegare i loro spregevoli e disumani comportamenti.

Holden non è disgustato da loro ma ne è semmai pericolosamente affascinato. Dotato di grande empatia (come un certo Will Graham), a volte Holden sembra dimenticare quali mostri si nascondano dietro facce pulite e innocenti. Come quella di Ed Kemper.

mindhunter
Il confronto tra il vero Kemper e quello visto in Mindhunter

All’apparenza un grosso ragazzone, un brav’uomo un po’ timido e con un leggero difetto di pronuncia. In realtà Kemper è stato uno dei serial killer più efferati della storia americana. Consapevole delle mostruosità da lui commesse, egli descrive in molte interviste la rabbia che lo assale ed è in grado di spiegare in maniera razionale e lucida il proprio disturbo mentale.

Questo è un video originale che dà l’esatta misura della mente disturbata ma perfettamente funzionante del “Co-ed Killer”, solo uno dei tanti squilibrati che Holden incontra. 

Sempre targata Netflix è la miniserie creata da Cary Fukunaga, quello che per intenderci ha diretto per intero la prima stagione di True Detective. Ma la malattia mentale viene qui trattata in maniera molto diversa. Protagonisti sono Jonah Hill ed Emma Stone. Maniac racconta la storia di Owen e Annie: due personaggi sui generis con diversi disturbi e una vita disfunzionale che finiscono, per vie traverse, a far parte di un trial medico sperimentale. La sperimentazione in questione dovrebbe rendere obsoleta la terapia classica (divanetto e compagnia bella) attraverso l’utilizzo di tre semplici pillole: A, B e C, che corrispondono a loro volta a tre distinte fasi del trial.

In teoria questa sperimentazione dovrebbe aiutare le persone con disturbi mentali a risolvere, in men che non si dica, tutti i loro problemi.  

maniac MINDHUNTER

La città tentacolare di Philip Dick si sposa con le musiche e lo stile degli anni ’90 rendendo Maniac un prodotto a metà tra passato e presente.

I temi fondamentali di questa serie tv possono essere ricondotti a due. Il primo è la mente. La mente che protegge se stessa attraverso dei meccanismi, ma anche la mente come labirinto in cui è facile perdersi e in cui le nostre paure e i nostri demoni prendono spesso il sopravvento. Lo scopo del trial è quello di liberare queste paure per poterle poi abbattere una a una e uscirne rinnovati. All’interno della mente, l’unica verità risiede nei sogni perché molto spesso sono proprio loro che attraverso la loro irrealtà ci mostrano la verità.

Il secondo tema è dato dall’opposizione e dalla coesistenza di ordine e caos, di cui sono rappresentanti rispettivamente Owen e Annie. Lui ricerca un ordine che non fa parte della sua vita, per motivi esterni. Lei, invece, vive nel caos ed è portatrice di esso perché risiede in origini interne. Contrariamente a come questa nostra società ci insegna, la serie tv sottolinea che l’ordine e il caos hanno bisogno l’uno dell’altro per sopravvivere. Perché se non esistessero le regole non sapremmo come infrangerle, e viceversa.

maniac mindhunter

Come l’ordine e il caos che finiscono per rincorrersi in un circolo eterno, anche Owen e Annie (forse perché è l’universo stesso che vuole così, come già detto) finiscono per entrare nei sogni l’uno dell’altra. E a ben guardare allora, Maniac nasconde un altro tema. Più sottile e profondo. Un messaggio finale che passa attraverso la serie tv è il conforto che si trova negli altri. Il trial, nel suo tentativo di dimostrare che la necessità di parlare con qualcuno è obsoleta, fallisce. Invece è proprio insieme a un’altra persona che possiamo aiutare noi stessi. Non è con il trial che Owen e Annie fanno un passo avanti.

Chi vince allora la sfida? La serie di Fincher o quella di Fukunaga? 

Nessuna delle due. Sono due serie tv completamente diverse che parlano dei disturbi mentali seguendo due strade opposte. Se Mindhunter utilizza un metodo e opera la ragione per spiegare in maniera scientifica i comportamenti dei malati di mente e dei serial killer, Maniac è pura filosofia, è un messaggio di speranza e di fiducia nei confronti del prossimo. 

Gli psicopatici di Holden vengono analizzati e trattati come casi ma non esattamente come persone. Owen e Annie sono innanzitutto due anime alla deriva che si ritrovano e si danno una mano. I disturbi mentali vengono affrontati in maniera diametralmente opposta.

Leggi anche – Ma quindi Maniac è finita bene?