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Mrs. America aveva tutto per diventare la nuova Mad Men

Mrs America è una miniserie del 2020 composta da 9 episodi (disponibili su TIMvision) che nonostante i riconoscimenti prestigiosi, almeno in Italia, è passata in sordina. Ci troviamo davanti a un dramma storico mastodontico che ha deciso di raccontare una storia che tutti conosciamo – le battaglie per l’emancipazione femminile degli anni ’70 – da una prospettiva nuova e con un taglio intrigante e controverso. Nata da presupposti dichiaratamente femministi, la serie sceglie di raccontare il movimento dal punto di vista opposto, cioè da quello della repubblicana e conservatrice Phyllis Schlafly: colei che si oppose con veemenza all’Equal Rights Amendment (Era) che dagli anni ’20 lotta per garantire uguali diritti civili al di là della differenza di genere. Dietro al progetto ritroviamo la penna di Dahvi Waller, co-produttrice e autrice di alcune stagioni di Mad Men, la quale ancora una volta ha deciso di mostrarci l’impianto miogeno che caratterizzava gli Stati Uniti d’America del XX secolo. Senza pregiudizi e senza prese di posizione, la miniserie prodotta da FX ci restituisce – esattamente come fa Mad Men – una visione autentica e affascinante degli ambienti conservatori e di quelli progressisti e ci dà l’opportunità di giocare a “trova le differenze” per toccare con mano i progressi che oggi ci permettono di guardare a quei tempi con un certo distacco e un discreto sollievo. Dopo The Marvelous Mrs. Maisel che ci ha mostrato gli anni ’50 attraverso una figura frizzante e Med Men che ci ha raccontato gli anni ’60 in tutte le sue contraddizioni, la miniserie di Dahvi Waller scegli di parlarci degli anni ’70 attraverso un’icona dell’anti-femminismo che più impariamo a conoscere, più fatichiamo a comprendere.

Gli ingredienti per diventare una serie altrettanto iconica ci sono, eppure Mrs America non ha ancora ricevuto la stessa fama che ha ottenuto Mad Men.

Mrs. America

Il cast è uno degli elementi di maggior rilievo. Phyllis Schlafly è interpretata da una superba Cate Blanchett, la quale oltre a contribuire con le sue indiscutibili doti attoriali, ha arricchito la produzione grazie alla necessità di capire in prima persona cosa spingesse la repubblicana a ostacolare la lotta per l’emancipazione femminile. L’attrice australiana è da tempo un’attivista per i diritti civili, è impegnata su diversi fronti, ma soprattutto è una voce di rilievo nella battaglia per l’eguaglianza di genere. In un’intervista a ET Canada ha spiegato perché questo progetto l’ha conquistata:

Io ero a conoscenza del movimento femminista degli anni ’60 e ’70, delle sue sfide, di quanto fossero attive e appassionate le sue rappresentanti, ma non sapevo del movimento a esso parallelo, cioè quello delle donne conservatrici. Perciò questo progetto per me è stato assolutamente rivelatorio.

Per capire chi siamo e dove siamo arrivati c’è bisogno di guardare indietro, ma per capire ancora meglio, c’è bisogno di analizzare i fatti da tutte le angolazioni, soprattutto quelle antitetiche. Negli anni sono stati prodotti molti film, serie tv e documentari sul movimento femminista che raccontano quelle pioniere che hanno lottato per permettere alle donne di oggi di godere (almeno in occidente e sulla carta) degli stessi diritti di cui godono gli uomini. Dahvi Waller invece ha voluto raccontare la stessa storia dal punto di vista di coloro che hanno ostacolato, e continuano a ostacolare, quelle battaglie che permetterebbero di raggiungere la totale eguaglianza di genere. Mrs America ha il pregio – come Mad Men – di restare obiettiva e di non schierarsi utilizzando il filtro del presente. Ci permette di ascoltare tutti i punti di vista per capire le ragioni di ogni parte chiamata in causa, senza moralismi, e di arrivare alle nostre conclusioni solo alla fine della storia, quando il quadro è completo.

La coralità del cast

Mrs. America

Punto di forza – ma anche di debolezza – è la compresenza di tanti personaggi interessanti. Come hanno dichiarato le dirette interessate, il set era molto rumoroso: Rose Byrne è la famosa attivista Gloria Steinem, l’attrice Uzo Aduba veste i panni di Shirley Chisholm e Margo Martindale in quelli di Bella Abzug; poi ci sono altre attrici eccezionali come Elizabeth Banks, Sarah Paulson, Kayli Carter, Ari Graynor, Melanie Lynskey e registe strepitose come Anna Boden, Ryan Fleck, Amma Asante, Laure de Clermont-Tonnerre e Janicza Bravo. Anche la rappresentanza maschile non è da meno: John Slattery (Roger Sterling in Mad Men) interpreta il marito della protagonista, poi ci sono James Marsden, Jake Lacy, Jay Ellis eccetera, eccetera, eccetera. Insomma un cast eccellente, numeroso e talentuoso, e una rosa di figure storiche di cui vorremmo sapere di più. Nonostante le 9 puntate siano state tutte egregiamente interpretate, scritte, sceneggiate e dirette, il dramma ha troppe cose da dire e troppo poco tempo per farlo. Mad Men ci incontra nella primavera del 1960 e ci accompagna tra i cambiamenti epocali fino all’autunno del 1970 con calma, nel corso di sette stupende stagioni. Mrs America ci racconta un intero decennio, quello degli anni ’70, concentrato in soli 9 episodi! Ci troviamo così ad affrontare un argomento troppo complesso, sfaccettato, zeppo di punti di vista contrastanti, i quali nemmeno in un fotogramma sono stati affronti con approssimazione. Eppure, abbiamo l’impressione di non riuscire a digerire tutte le tematiche proposte e temiamo di essere travolti da un caleidoscopio di fratture e contraddizioni, esattamente come ha fatto Mad Men che però ci concede più tempo per interiorizzare.

Una ricostruzione storica impeccabile

Gloria Steinem

I costumi e le ambientazioni sono state ricreate con la stessa cura, attenzione e un piacevole gusto glamour, come nella serie tv che vede protagonista Don Draper (Jon Hamm). La differenza tra la tipologia delle due narrazioni però è determinante: mentre Mrs America ricostruisce fedelmente i fatti storici e ci presenta delle persone con nomi e cognomi reali, Mad Men s’ispira a fatti e personaggi reali, ma li romanza in un racconto di fantasia lasciando le vicende storiche come un piacevole contorno. La serie ideata da Matthew Weiner ci racconta, con eleganza e irriverenza, l’evoluzione della società americana sfruttando delle tematiche accattivanti e di comune interesse: il mondo della pubblicità, sullo sfondo di una New York lontana e raffinata. Forse è proprio per questo che Mrs America non è ancora sulla bocca di tutti come un fenomeno seriale imperdibile ed è rimasta un prodotto di nicchia dalle qualità indiscutibili, certo, ma solo per chi vuole rivangare le glorie e il folclore dello storico movimento femminista.

Invece Mrs America è una serie terribilmente attuale e di cui abbiamo un estremo bisogno. Si tratta di un drama che andrebbe visto da tutti e tutte perché testimonia l’esigenza di proseguire il dibattito sull’emancipazione femminile per arricchirlo di nuovi spunti e considerazioni più attuali; anche Mad Men affronta il tema, ma lo fa di contorno. Il femminismo trattato da Mrs America è centrale, non può essere ignorato, ed è un argomento che, come sottolinea Cate Blanchett, tende ad allontanare gli spettatori creando un’imbarazzante diffidenza. In questa intervista a Variety, l’attrice fa notare che il femminismo è spesso avvolto da un’aura negativa. L’attrice ricorda che, soprattutto negli anni ’80 e ’90, essere femminista significava essere contro la famiglia. Purtroppo nell’immaginario collettivo non è ben chiaro cosa sia stato e cosa rappresenti ancora oggi questo movimento che continua a essere associato a donne isteriche che bruciano i reggiseni. La miniserie ci mostra con un’obiettività disarmante che non solo non è mai stato un movimento unitario che perseguiva la stessa visione, ma ci fa riflettere su quanto quei meccanismi miogeni e di oppressione femminile che combatteva siano ancora presenti nella società odierna.

Lo spauracchio del femminismo

Mrs. America

Lungo il corso della serie ci accorgiamo che oggi la situazione della donna non è molto diversa da quella raccontata. Indubbiamente nell’ambito dei diritti civili sono stati compiuti dei progressi significativi, ma le donne restano ancora divise e incerte su cosa significhi emanciparsi. Mentre Gloria Steinem, Betty Friedan e Shirley Chisholm combattevano a favore della legalizzazione dell’aborto e delle aspettative lavorative, Phyllis Schlafly e le sue “aquile” combattevano per difendere lo status quo e definivano privilegiata la loro posizione subalterna all’uomo. Con il grido di STOP ERA (acronimo di “Stop Taking Our Privileges”) la conservatrice si opponeva alle femministe perché, a suo avviso, queste volevano sottrarre alle donne i privilegi, impedendo loro di essere madri e mogli. E lo faceva come poteva, anche ricorrendo alla diffusione di notizie false. Quindi da un lato abbiamo le attiviste conservatrici che venivano definite delle casalinghe sottomesse mentre dall’altro c’erano le femministe che venivano accusate di uccidere i bambini e di voler distruggere la famiglia. Ma anche tra queste ultime non c’era unità: c’erano le donne afroamericane, le quali oltre alla discriminante di genere avevano anche quella razziale; poi c’erano le femministe del partito repubblicano, le femministe omosessuali e tante altre posizioni che non sapevano bene con chi intonare un coro. Mrs America ci mostra senza mai schierarsi cosa impediva (e impedisce) di raggiungere l’uguaglianza: l’assenza di dialogo. Ascoltare il punto di vista di Phyllis Schlafly ci consente di capire perché invece di farsi la lotta queste donne non abbiano cercato di trovare dei punti in comune, perché in fondo tutte lottavano per la stessa cosa: la possibilità di scegliere. L’importanza di creare uno spazio di eguaglianza dove ognuno, indipendentemente dal genere e dall’orientamento sessuale, può autodeterminarsi è dunque il tema da risolvere.

L’assenza (voluta?) di un protagonista con cui immedesimarsi

Cate Blanchett

Il pubblicitario Don Draper è un personaggio intrigante e ambiguo raccontato in una storia intrisa di fascino e mistero che, nonostante le zone d’ombra e i difetti, alla fine conquista tutti. Non possiamo dire lo stesso di Phyllis Schlafly. Non è facile simpatizzare con lei, indipendentemente dalle sue idee politiche. Il suo è un personaggio spigoloso, pieno di contraddizioni, che non perde mai occasione di farci arrabbiare. Si opponeva così tanto al cambiamento da non rendersi conto che essa stessa era parte del cambiamento. Come l’Era le faceva notare, infatti, lei era la “prima femminista” in quanto donna indipendente, lavoratrice e ambiziosa che non stava mai “dietro ai fornelli”. La serie pullula di tante donne diverse, ognuna con un punto di vista unico e rivelatore. In Mrs America manca dunque un vero protagonista con cui entrare in sintonia, ma forse l’obiettivo, e il più grande pregio della serie, è proprio questo: dare spazio alla pluralità di voci. Voci diverse che vale la pena ascoltare per rendersi conto che, a loro modo, gridano tutte la stessa cosa ma invece di trovare una soluzione comune, si sovrastano a vicenda.

Mrs America è una serie magnifica che ha tutto per diventare la nuova Mad Men, ma non può e non deve diveltarlo.

Mad Men è una serie dal sapore nostalgico che ci mostra un’epoca ormai tramontata mentre Mrs America è una serie storica che non può permettersi il lusso di diventare iconica perché presenta una problematica troppo attuale. Senza dubbio è il racconto di fatti avvenuti in un determinato momento storico, ma il dibattito che affronta è ancora in corso.

Il vero potere riguarda il rispetto sia per se stessi che per gli altri. Se sopravvivremo al prossimo secolo sarà grazie alla collaborazione che coinvolgerà la capacità di ascoltare, di dubitare e di essere umili, come suggerisce Cate Blanchett nel video. Dunque Mrs. America non è una serie tv, ma è un invito a chiederci come intendiamo risolvere il problema dell’eguaglianza:

Bisogna avere il coraggio di dire: «non lo so, tu cosa pensi?» E all’improvviso staremo dialogando.

Cate Blanchett

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