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30 considerazioni molto poco serie sulle puntate finali de La Casa de Papel

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Attenzione: evitate la lettura se non volete imbattervi in spoiler sulle puntate finali de La Casa de Papel

Ottone è un comune italiano di 459 abitanti situato in provincia di Piacenza, anche se più di qualcuno sogna il cambio di regione e di passare a Genova. Il paesello per ora emiliano si caratterizza, tra le altre cose, per lo storico utilizzo del tipico piffero appenninico, soprattutto accompagnato dalla fisarmonica. Se si parla di ottone, tuttavia, non si può non pensare alla sua peculiare temperatura di fusione, tra i 915÷955 °C. Per non parlare del suo coefficiente di dilatazione termica lineare, della celebre opera di Georg Friedrich Handel e dell’imperiale Ottone I di Sassonia. Per non parlarne, non ne parleremo più da questo momento in poi. Visto che di ottone si parla sì, ma soprattutto dell’apparente contraddizione del secolo. Apparentemente senza senso, come senza senso è quello che avete letto finora. E non parliamo di una serie tv come La Casa de Papel, capace di essere allo stesso tempo una delle serie tv più belle e brutte di sempre. Al punto da confonderci e lasciarci in balia degli eventi dopo il finale come non mai. tra i pomi e i manici di scopa.

Ma siamo confusi e quindi parliamo proprio de La Casa de Papel e del peso specifico dell’ottone, valevole quanto l’oro se messo in mano a un grande illusionista. Un grande inganno, di quelli geniali: perché attendavamo con ansia l’ennesima carneficina e invece non ci hanno concesso manco il piacere (neppure tanto nascosto) di veder morire malissimo Arturito. Spiazzati, tra una fregatura e l’altra: mentre il Professore fregava Tamayo, infatti, il figlio di Berlino fregava Berlino e il Professore, Tamayo fregava la banda che fregava il Banco di Spagna e la Spagna era fregata. Alla fine è andata a finire che novanta tonnellate d’oro valgon meno di una novella picaresca. Fregati tutti, inclusa la folta schiera di populisti che avevano fatto del Professore un eroe, tutti vincitori. Pure noi, se non noi per primi. Perché non possiamo non ribadire che gli autori de La Casa de Papel abbiano giocato con noi talmente a lungo fino da aver convinto più di qualcuno che fossero dei totali incapaci, ma la verità è che sono stati talmente furbi e intelligenti nella gestione da essersi rivelati degli autori straordinari. Impeccabili, nel combinare organicamente il peggior melò col migliore degli heist movie senza mai buttarla davvero in caciara. Chiudendo con un finale a tratti straordinario, capace di mostrare plasticamente il controllo che hanno avuto su questa assurda storia fino all’ultimo minuto. E permettendosi di chiuderla (benissimo) con un pippone di fantascienza finanziaria che, al di là delle criticità, tanto assurdo in fondo non è.

Insomma, alla fine della fiera non si può parlare bene o male de La Casa e Papel. Dei buchi di trama e dell’intensità narrativa, delle esaltanti assurdità e delle peggiori trashate, combinate con la ricerca mai voluta del capolavoro, barattata sapientemente col piacere essenziale dell’intrattenimento più sfrenato. Non se ne può parlare bene o male, ma non si può non parlarne. Punto. Perché alla fine dei conti ci siamo finiti dentro un po’ tutti, chi più chi meno. Così abbiamo fatto e faremo pure noi in questi giorni, tra una recensione che omaggia la sua fortunata storia, delle pagelle che non vogliono prendersi tanto sul serio, contenuti vari e un contenuto indefinito, questo. In cui essere seri ma anche no. Eppure un po’ sì, in qualche modo. Per venirne un po’ fuori, e per ributtarcisi dentro prima di un inesorabile rewatch. Quindi, senza un vero motivo…

30 considerazioni molto poco serie sulle puntate finali de La Casa de Papel

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  • Rafael è uno Steven Bradbury che non ce l’ha fatta, Prima ruba la moglie al padre, e fin qui il piano riesce alla perfezione. Poi esagera e cerca di fregare novanta tonnellate d’oro allo zio, irrompendo dal nulla a due puntate dalla fine col solo fine di dare un senso più definito allo screen time abnorme concesso a un morto, il fu Berlino, che gli autori non si degnerebbero di ferire di striscio in duemila altre vite seriali.
  • La storia del bigliettino dello zio al nipote presentava il seguente testo: “Restituisci l’oro senza motivare la scelta e non divulgare in alcun modo il testo del messaggio: abbiamo uno spin-off da portare a casa e Netflix deve continuare a fatturare”.
  • Tatiana si ripresenta nella penultima puntata de La Casa de Papel col solo fine di smontare la teoria che la legava a Sierra e per… vedi punto due.
  • Interessante, in ogni caso, la scelta del crossover con Extreme Makeover: Home Edition. La Casa prefabbricata de Papel e de prati finti funziona benissimo.
  • Se volete una definizione figurata del termine “resilienza“, pensate e ripensate alla camicia unta e bisunta del povero Angel, sopravvissuta a cinque stagioni di immonde sudate. Ora può finalmente farsi una doccia.
  • Quel gran ficus di Benjamin è l’eroe di cui avevamo assolutamente bisogno.
  • Pamplona è uno Steven Bradbury che ce l’ha fatta. Salta fuori verso la fine nell’indifferenza generale in una totale ed evidente crisi ormonale, ci prova con Raquel nell’indifferenza generale di Raquel e si autobattezza Pamplona nell’indifferenza generale del gruppo. Con la differenza che il bottino lo porta a casa pure lui, lo stagista della banda. Chiamatelo scemo.
  • Antonanzas nasce poliziotto e muore fanboy di una banda di rapinatori.
  • Ma ve lo ricordate l’informatico impacciato?
  • Ma ve li ricordate gli ostaggi?
  • Ma ve lo ricordate Oslo?
  • Ma ve lo ricordate quel momento in cui pareva che La Casa de Papel avesse la benché minima intenzione di essere un capolavoro?
  • Qualcuno dovrà spiegarci prima o poi perché nel primo degli ultimi episodi, a un certo punto, il Professore si lava la faccia in un water. Di sua spontanea volontà.
  • E qualcuno dovrebbe pure spiegarci che struttura abbia l’automobile divorata a morsi dal buon Sergio. Non perché possa avere un senso, ma perché sarebbe bello provarci.
  • Il Professore ottiene anche l’approvazione di Alessandro Borghese con un frittatone capace di far fare il definitivo salto di barricata a Sierra.
  • Interessantissimo il tutorial della banda in mondovisione, utile per chiunque si metta in testa di ripulire in pochi giorni uno degli Stati più potenti del pianeta. Possibilmente senza ammazzare nessuno.
  • La coraggiosa decisione di non dare il benché minimo minutaggio ad Arturito nelle ultime puntate de La Casa de Papel è la Medical Dimension di Alex Pina.
  • L’apporto narrativo offerto da Rio alle ultime puntate de La Casa de Papel è stato inferiore a quello del gatto.
  • Vorremmo dedicare alcune parole all’unico nostro riferimento esistenziale, Marsiglia, ma cosa potremmo dire che i suoi baffi non abbiano già urlato al mondo?
  • L’invidiabile efficienza del catasto iberico: gli spagnoli amano far tardi la notte, ma gli unici veri eroi della patria sono operativi prima delle sette del mattino.
  • A un certo punto l’intero piano è finito sulle spalle del duo composto da Benjamin e Marsiglia. Perché i sogni, ogni tanto, diventano realtà.
  • L’approccio di Pamplona nei confronti di Raquel è il ritorno urlante, determinato e ostinato a Gli Occhi del Cuore di Alex Pina.
  • Raquel e il Professore si capiscono davvero solo quando stanno appesi al muro con le mani legate.
  • I finti chirurghi entrati nel Banco di Spagna sono stati talmente bravi da aver salvato Helsinki da morte pressoché certa, senza una laurea in medicina e senza averlo in alcun modo sfiorato. Straordinari.
  • Il Professore nel tempo libero, tra una rapina e l’altra:

A quanto pare, si è montato la testa e racconta a chiunque di essere una figura leggendaria.

  • Gli autori de La Casa de Papel hanno spiegato la questione di Tokyo voce narrante cor coso. L’idea di affidare la narrazione alla voce di un personaggio morto è vecchia (quasi) quanto la letteratura stessa, ma boh: due parole a riguardo, pure buttate un po’ là, non sarebbero state male.
  • La morale della favola è: il miagolio di un gatto è capace di mandare in default una grande potenza mondiale.
  • L’ingresso del Professore nel Banco segnerà positivamente il destino di migliaia di universitari, terrorizzati prima di un orale.
  • In un sequel che purtroppo non vedremo mai, Benjamin manda a quel paese tutti e si rifugia in un paradiso fiscale con novanta tonnellate d’oro custodite in un prefabbricato.
  • Purtroppo anche l’ottone si corrode.

Antonio Casu

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