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Cersei Lannister e Serena Joy: quando la solitudine è un maniero

“La mia sofferenza è il mio maniero. Essa posa come un nido d’aquila sulla vetta di una montagna e torreggia sopra le nuvole”

Søren Aabye Kierkegaard

Cosa lega Cersei Lannister, regina dei Sette Regni, madre della follia, donna incestuosa e moglie infedele, a Serena Joy, moglie del Comandante Waterford, ex scrittrice riconvertita ad angelo del focolare? Sono entrambe due donne ambiziose e bellissime (merito della classe delle loro interpreti, Lena Headey e Yvonne Strahovski), sposate a uomini difficili, ombrosi, prevaricatori.

Hanno un forte senso del dovere e della famiglia, poco importa che Serena non sia ancora madre. Lei lo è già, nella sua mente e nel suo cuore, e il desiderio per quel bambino ancora non nato è così forte da farla andare avanti nonostante tutto. Cersei ha perso tutti i suoi figli e questo la rende invincibile: ha superato il dolore più grande e non ha più paura o remora a fare niente per tenersi il potere. Sono due donne in una posizione di potere, in un mondo che odia e osteggia le donne con tutti i mezzi. Questo le rende forti e fragili allo stesso tempo, perché ogni loro debolezza è la leva su cui i loro nemici (veri o immaginari) possono aggrapparsi per farle fallire.

Sono entrambe, soprattutto, irrimediabilmente e tragicamente sole.

Cersei

La solitudine non è sempre una condizione che si sceglie. Nel caso di Cersei la solitudine arriva come conseguenza di una serie di scelte che la alienano dal mondo e dagli affetti, portandola ad arroccarsi sulla loggia del potere come in un castello inespugnabile in cui lei, regina, si rinchiude volontariamente:

Sognò di sedere sul Trono di Spade, più in alto di tutti.

Così inizia il primo capitolo nel quale entriamo nella mente del personaggio più osteggiato ma più complesso de Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco. Quello che fa Martin in questo breve periodo è darci una fotografia completa di Cersei, di chi è, di ciò che vuole. Cersei odia suo marito, che la picchia e la tradisce continuamente disonorandola. Lo ritiene un inetto incapace a governare e lo rovescia, prendendo il suo posto. Cersei è un personaggio votato all’azione, anche quando le sue scelte si dimostrano suicide, alienate dalla realtà, anche quando le sue scelte la portano, di riflesso, a perdere l’ultimo barlume di felicità: i suoi figli, Jaime, la libertà.

Cersei è assetata di sangue perché è una donna che non si rassegna a vivere in un mondo che le donne le esilia, le violenta, le priva del potere. La sua non è certo una lotta per la parità dei sessi, ma una lotta per l’autoaffermazione. Una lotta che la porterà più in alto di tutti, con il mondo ai suoi piedi, per pochi attimi prima che la tempesta di fuoco e sangue si riversi su di lei.

Per lei, quell’attimo vale una vita di sopraffazione e silenzio.

Cersei

Serena è diversa. La sua è una storia apparentemente più semplice di quella di Cersei, ma ugualmente ricca di insidie. Serena sceglie volontariamente di abbandonare la sua carriera e di rinunciare alla sua voce per rivestire il ruolo di moglie e madre. Serena sceglie la comoda ombra proiettata da Fred, ma si trova prigioniera del mondo che loro stessi hanno immaginato, progettato, realizzato. Fino ad ora l’abbiamo vista come una donna a una dimensione: dispotica, violenta verso June e verso le sue inferiori e dalla mentalità gretta, rabbiosa e vendicativa. Una Cersei in abito verde, insomma.

Le ultime puntate di The Handmaid’s Tale ci hanno mostrato l’altra faccia di Serena: una donna fragile, dubbiosa, che nutre verso il marito sempre più repulsione e meno affetto. Una donna che, una volta provato ad alzare la testa, è stata ricacciata nella gabbia che lei stessa ha contribuito a costruire. Nell’ultima puntata, Smart Power, sembra vicinissima a mollare tutto e a fuggire. I suoi occhi avidi  si nutrono dei dettagli di quel mondo antico ma per lei nuovo, libero e leggero. Di quelle persone che la guardano come noi occidentali guarderemmo una donna velata, delle libertà che non deve elemosinare. Sembra sul punto di svegliarsi: ma la sua voglia di libertà rimane dormiente, e lei la ricaccia indietro come un brutto sogno.

Sarà terribile, per lei, svegliarsi dal torpore della schiavitù e realizzare quanto è profondo il suo abisso di solitudine.

È proprio questo che unisce queste due donne, separate da universi differenti ma in fondo simili: la profonda solitudine che hanno costruito attorno a loro, che le separa dalla sofferenza ma anche dalla piena consapevolezza di sé. Una solitudine che è come un maniero dorato, inattaccabile, freddo e arido come una tomba. Una solitudine che solo loro possono sciogliere. Per Cersei è troppo tardi: nel destino del personaggio c’è la solitudine, fin dalle prime righe delle Cronache. Non può esserci nessuno accanto a lei, a distogliere lo sguardo adorante e terrorizzato della folla. Cersei morirà sola, nella sua solitudine tragica, frutto di sangue e follia.

Per Serena potrebbe non essere troppo tardi. Il suo maniero non è fatto di dura pietra, e qualche crepa sta già incrinando la sua struttura perfetta. Sta solo a lei dare l’ultimo colpo, sgretolare l’ultimo mattone del suo orgoglio, per cercare l’aiuto di cui ha disperatamente bisogno e che in fondo al cuore sa di volere. Nel destino di Serena potrebbe esserci la sottomissione così come una ribellione silenziosa, per riacquistare quella voce che sia il marito sia i suoi oppositori le hanno tolto. Una voce che potrebbe levarsi imperiosa contro le altre donne o unirsi al loro coro. Vedremo.

Cersei

Secondo il filosofo danese Kierkegaard, la condizione del singolo è l’unica possibile chiave di lettura del genere umano, e la solitudine l’unica condizione per perseguire la natura umana di tensione e ricerca del divino. L’unica compagna di danza nella vita può essere la solitudine, la morte l’unica destinazione: una danza, questa, compiuta tra le fredde pareti di un castello di sofferenza. Questi due personaggi, queste due donne immense, tragiche e sole, troneggiano dalla loro torre d’avorio fronteggiando l’abisso.

Sta solo a loro scegliere se caderci dentro o imparare a volare.

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