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Galavant: breve storia di un gioiello nato troppo presto e fermato sul più bello

Quella di Galavant, serie tv prodotta dalla ABC dal 2015 al 2016, è una storia che purtroppo è stata stroncata quando aveva ancora tanto da dire. Un piccolo cult rimasto semisconosciuto dal grande pubblico: una piccola perla che, coi suoi soli diciotto episodi complessivi, ha saputo creare un prodotto televisivo spassosissimo e originale che ha raccolto su di sé una cerchia, anche se ristretta, di ferventi fan. Uno show dal grande potenziale che non è riuscito a spiccare il volo.

Queste le premesse:

In una pseudo-Europa medievaleggiante dai toni fantasy e fiabeschi, Galavant, un eroe bello e valoroso, difensore dei deboli e intrepido cavaliere, si vede strappare la felicità davanti agli occhi quando Re Richard rapisce la sua amata Madalena e la porta nel proprio castello. Quando il cavaliere giunge in soccorso della sua dama, scopre con suo grande orrore che la donna, molto pragmaticamente, ammaliata dalla ricchezza e dal potere concessole dal re, preferisce a Gal lo sfarzo di corte. A questo punto l’uomo si lascia andare in preda allo sconforto e si dedica alla pigrizia e all’alcol, almeno finché la principessa Isabella, spodestata dal suo regno da re Richard, gli offre una nuova missione e spinge Galavant, insieme al suo fido scudiero Sid, ad andare a riprendersi l’amata e a vendicarsi del re.

Qui l’avventura ha inizio.

Galavant

Galavant è una serie tv dai toni fiabeschi ambientata in un medioevo che non avrebbe nulla da invidiare alle atmosfere dell’Orlando Furioso in cui spicca una forte componente musical.

Insomma, una musical-comedy fantasy dai toni parodistici e dotata di un umorismo alla Mel Brooks, degna erede di film come Robin Hood: un eroe in calzamaglia, una sorta di “figlio illegittimo dei film e degli sketch dei Monty Python e della pellicola The Princess Bride (conosciuta in Italia col titolo di La storia fantastica), parafrasando le parole dell’attrice Mallory Jansen. Una serie che per stile e ambientazione potrebbe essere considerata molto “disneyana” e che ha di fatto anticipato la tendenza dei live action della Casa delle idee (che ripropongono i Classici Disney in versione musical con attori in carne ed ossa), non fosse per il tipo di umorismo che oscilla dalla parodia al puro no sense.

Galavant è uno show brillante e originale, capace di prendersi in giro da solo con una grande autoironia, rompendo la quarta parete con ingegnosi stratagemmi meta-seriali e dialogando direttamente col pubblico, al quale talvolta pare di assistere a una messinscena teatrale.

La rottura della quarta parete permette di innescare divertenti dinamiche, tant’è che spesso lo stesso show scherza sul suo stesso calo degli ascolti e sulle necessità pecuniarie della casa di produzione.

I protagonisti, insieme alla musica, sono il vero e proprio motore della narrazione. Quelli che dovrebbero incarnare i classici personaggi tipizzati provenienti dalle favole e dai poemi eroici infatti, nel corso degli episodi, maturano ed evolvono. Con il passare del tempo essi vengono esplorati nel dettaglio e cominciano ad assumere spessore e profondità. Galavant, Richard, Madalena e gli altri buffi e divertenti protagonisti cambiano insieme alla storia, subiscono evoluzioni e involuzioni, che non paiono forzate, quanto invece estremamente graduali e ponderate.

Molto divertente è il modo in cui personaggi che dovrebbero risultare tipizzati e seguire precisi canoni e modelli stravolgono gli stereotipi che dovrebbero incarnare: perciò l’eroe bello e valoroso risulta essere trasandato e sfaccendato, così come la fanciulla rapita e indifesa si dimostra tutt’altro che dispiaciuta del proprio rapimento e cerca metodi alternativi con cui consolarsi, trovando nuova gioia nella ricchezza piuttosto che nell’amore.

Galavant

Gran parte del successo di questi personaggi è dato dal meraviglioso cast della serie nel quale troviamo attori in stato di grazia, che riescono a risultare credibili anche nelle situazioni più ridicole e nelle canzoni più strambe, dando ottime prove attoriali e canore. Tra questi spiccano, oltre a Joshua Sasse nei panni di Galavant, Timothy Omundson nel ruolo del folle e divertente re Richard e Mallory Jansen nelle vesti della algida Madalena.

La componente musicale di Galavant merita un’analisi a sé stante: composta da Alan Menken, geniale compositore di numerosi classici Disney, nonché otto volte vincitore del premio Oscar, e da Glenn Slater, la soundtrack della serie non funge da semplice accompagnamento. Le canzoni che i protagonisti via via ci propongono sono la linfa stessa dello show: orecchiabili, divertenti e lontane anni luce dall’essere romanticamente stucchevoli.

Anche i non amanti dei musical non potranno non ritrovarsi a canticchiare tra sé l’iconico motivo portante della serie insieme a tutte le altre canzoni di contorno.

Le canzoni sono infatti parte integrante della storia e non costituiscono dei semplici riempitivi. Esse possono portare avanti la trama o dare modo di esplorare gli stati d’animo dei vari personaggi: dai protagonisti fino a quelli a prima vista più marginali come il comico Chef Vincenzo o il Giullare di corte, che coi loro siparietti spesso rubano la scena ai protagonisti veri e propri della serie.

Humor, musica, una narrazione epica: sembrava la ricetta perfetta, eppure dopo solo due stagioni, visti gli ascolti non convincenti, la serie ha chiuso i battenti, lasciando i fan avviliti e con tanti rimpianti.

Perché Galavant ci manca, ci manca terribilmente e a quasi 5 anni dalla sua definitiva cancellazione non possiamo fare altro che chiederci a cosa avrebbe portato una terza stagione: tante le possibilità, tante le sottotrame che si sarebbero potute esplorare, tante le dinamiche da approfondire.

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Nonostante il bel finale della seconda stagione non possiamo infatti fare altro che rimanere con l’amaro in bocca per quello che la serie avrebbe potuto ancora regalarci.

Galavant aveva tutte le carte per poter ottenere un grande successo: comicità, personaggi interessanti, una bellissima colonna sonora. Perché allora ascolti tanto bassi da portare alla cancellazione?

In realtà la spiegazione è piuttosto semplice: da un lato ciò potrebbe essere derivato dalla mancanza di un’adeguata diffusione su scala globale, dovuta forse anche ai limiti di un prodotto che per sua stessa natura necessita di essere visionata in lingua originale (fatto che potrebbe aver scoraggiato il grande pubblico). Dall’altro lato lo stesso stile della serie, che costituisce allo stesso tempo il suo miglior punto di forza e la sua più grande debolezza, il suo peculiare umorismo e la sua sottile e ricercata ironia potrebbero non essere riusciti ad accontentare tutti i palati. L’umorismo alla “Monty Python” o alla Mel Brooks non si addice infatti a tutti.

Basti pensare al fatto che la serie è stata infatti all’epoca messa in onda come sostituta di Once Upon a Time, durante periodi di pausa.

Risulta molto plausibile che il pubblico di quest’ultima non fosse pronto o adatto a una serie come Galavant: i due show infatti, seppur entrambi fiabeschi, differiscono davvero molto ed è probabile che gli spettatori di C’era una volta non provassero particolare interesse per l’umorismo sui generis e per le atmosfere di Galavant.

Galavant

Al di là di ciò, sicuramente non possiamo fare a meno di chiederci: che cosa sarebbe successo se Galavant fosse stata rilasciata per la prima volta oggi invece che nel 2015, magari direttamente su piattaforme streaming come Netflix o Disney+?

Il pubblico allora non era pronto, ma probabilmente oggi lo sarebbe. 

La serie, senza dover contare sugli indici di ascolto televisivi, avrebbe giovato delle meccaniche delle piattaforme streaming: l’unicità dello show e la sua breve durata (molto favorevole al binge watching) avrebbero potuto infatti spingere Galavant a essere un successo. Lo abbiamo visto di recente: pensate a come il passaparola abbia portato un prodotto che di per sé sembrava dover restare in una nicchia come La Regina degli Scacchi a essere tanto acclamato dal pubblico e a ottenere visualizzazioni da record. Ma queste purtroppo sono solo ipotesi.

I diritti di Galavant di fatto sono proprietà della Disney, che possiede il canale ABC dove le serie ha debuttato: non pare improbabile che la comedy (che in America di recente ha abbandonato Netflix) possa essere in futuro reperibile su Hulu (sempre appartenente alla “Casa di Topolino”) o sulla futura piattaforma streaming della Disney adatta a un pubblico adulto di prossimo arrivo in Europa. Non è da escludere poi che la serie, essendo PG-rated (per tutti) possa sbarcare prima o poi su Disney+, cosa accaduta per esempio in Francia.

Noi fan italiani non abbiamo perso la speranza e continueremo ad attendere l’arrivo della serie nel nostro paese, fiduciosi che prima o poi Galavant otterrà il riconoscimento che si merita.

Nel mentre non possiamo fare altro che consolarci cantando a squarciagola le bellissime canzoni della serie.

Way back in days of old

There was a legend told

About a hero known as Galavant…

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