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Il concetto di società in From

From rappresenta una delle più intriganti e sottovalutate serie degli ultimi anni. Da qualche mese si è conclusa la seconda stagione in grado di confermare quanto di buono già visto e, anzi, accrescere le aspettative dei fan, sempre più numerosi, sulla soluzione del mistero. La trama è tanto semplice quanto eccentrica: persone di ogni luogo d’America, impegnate in un normale viaggio su mezzo di trasporto, si ritrovano catapultate in un luogo sconosciuto dal quale è impossibile (forse) uscire, quasi fosse parte di una dimensione a sé stante. Ad aggravare le cose la presenza di mostri dalle sembianze umane che si palesano al calar della luce e sembrano avere come solo obiettivo quello di scarnificare le persone.

From è un’amalgama di tanti generi, che riesce a condensare al suo interno chiari rimandi a Lost, aspetti da thriller-horror che evocano The Walking Dead e una attentissima caratterizzazione dei personaggi che si muovono in maniera straordinaria in questo dramma collettivo. Degno di menzione in particolare Harold Perrineau che si svincola dalla pesante eredità di Lost – in cui interpretava Michael – mostrando padronanza attoriale e grandissima poliedricità. Ma è dall’insieme, dai rapporti, dalle relazioni che si creano, dalle risposte e dalle interazioni tra i protagonisti che From acquista una profondità che la eleva al di sopra di ristretti vincoli di generi seriali.

In questo senso enorme importanza acquista la minuziosa costruzione della società in From.

In un microcosmo a sé stante, in cui non valgono più le regole sociali e la legge della sopravvivenza torna a essere presupposto indispensabile, tema dominante si fa l’analisi delle risposte antropologiche di questi eterogenei individui. Si tratta di persone di ogni estrazione sociale, dalle occupazioni e dalle età più varie accomunate solo dalla lingua (inglese). In un contesto di questo tipo, in pieno isolamento dal resto del mondo, con solo l’elettricità che misteriosamente passa da cavi che non arrivano da nessuna parte e in uno stato di vigilanza costante per via dei mostri umanoidi, è possibile creare una propria routine?

Boyd
(640×360)

È la domanda che si pone costantemente From con la telecamera che indugia famelica sui dialoghi tra gli individui, sui rapporti di forza, sulla ricerca di una stabilità apparentemente impossibile. Sì, perché la prima reazione, comune a tutti i personaggi, è il rifiuto, l’impossibilità di accettare quanto accaduto. Da questo presupposto però, come in ogni società, perfino in quelle animali, c’è una categoria umana che riesce ad andare avanti: quella che accetta e si adatta. Le persone che non riescono a farlo vanno irrimediabilmente incontro alla pazzia, all’isolamento e alla morte, per mano loro, degli altri o del luogo stesso. Ma andiamo con ordine.

L’origine di Fromville – questa la città abbandonata nella quale giungono di volta in volta persone dal mondo esterno – è ignota. Sappiamo però che i primissimi abitanti non potevano vivere serenamente nelle case per via dei mostri. Avevano un’unica scelta: nascondersi. Nascondersi nei cespugli, negli anfratti, in grotte e fosse più o meno naturali. Erano, insomma, in tutto e per tutto simili a uomini primitivi costretti a vedersela con predatori insidiosi e violenti in un mondo ostile. La società di From, in questo momento, era ancora al suo stato embrionale: si badava a sopravvivere, ognuno al meglio delle sue possibilità e si andava avanti con attività di caccia e raccolta in base a quello che offriva l’immensa area boschiva attorno a Fromville.

La situazione rimane inalterata per svariato tempo.

Tanto che di questa prima fase dell’umanità in From non sopravvive che un unico esponente, Victor, all’epoca poco più che un bambino. Ma presto ecco una nuova ondata di umanità. A Fromville giungono con più “migrazioni” nuovi abitanti che rimpolpano il luogo. Anche per loro inizialmente la scelta inevitabile è quella della mera sopravvivenza. Le cose però cambiano con Boyd (Harold Perrineau), militare, leader di gruppo, addestrato per affrontare situazioni di crisi. Con lui la società in From assume nuove forme. È chiara in questa fase una trasformazione in senso militare del nucleo sociale: Boyd si affianca un vice, sceglie una figura di leader, Donna, a dargli manforte e prova a trasformare l’approccio generale a Fromville da difensivo a offensivo. Grazie a lui e alla sua esplorazione vengono alla luce i talismani che permettono di tenere lontani, se appesi in luoghi chiusi, i mostri della notte. Sempre grazie a lui e alla “conquista” del territorio si scoprono animali domestici allo stato brado: galline e pecore.

Donna
Donna (640×360)

Di colpo si passa così da una fragile società di pavidi raccoglitori a una strutturata comunità stanziale che risiede nelle case, che pratica l’agricoltura e l’allevamento. I mostri diventano qualcosa con cui convivere e da tenere a distanza. Ma nel corso degli episodio From mostra come il successivo passo nei rapporti col nemico, per ogni ogni società più stabile e sicura di sé, sia addirittura l’offensiva. Di questo contrattacco, ancora una volta, si renderà protagonista il suo leader, Boyd. In altre parole l’uomo rappresenta quella che spesso nei racconti miti-storici è la figura dell’ecista: il leggendario fondatore, leader spesso militare, capace di tracciare i confini della nuova città e di plasmarla con norme e istituzioni. Già, perché Boyd non si limita a portare l’agricoltura, la vita in abitazioni, la protezione dall’esterno ma è anche il legislatore di Fromville. A lui si deve un rozzo ma efficace sistema organizzativo in cui chiunque metta a rischio la sicurezza della comunità finisce per essere esposto in una gabbia e lasciato in balia dei mostri.

Inevitabile anche in questo aspetto riconoscere le prime sgraziate forme di diritto delle comunità più antiche, una sorta di legge del taglione. Per il bene della comunità, per evitare che la colpa ricadesse su tutti i suoi membri il diverso, “l’asociale” doveva essere escluso, espulso dal nucleo e con lui allontanata la colpa di cui si era macchiato. La “Gabbia” diviene così il luogo in cui concentrare e delimitare il male, escluderlo dalla società e offrirlo come sacrificio espiatorio alle mostruose divinità del luogo. Il male nella società arcaica non è però solo interno ma anche e soprattutto esterno. Così è anche in From: il bosco oscuro e pieno di insidie è considerato terreno malevolo di mostri e sortilegi, di diaboliche visioni e irrazionali materializzazioni. La sopravvivenza è affidata al viver comunitario, all’affidarsi l’uno all’altro. Quella di From è insomma un’umanità chiamata socialmente a ripartire da zero, a vedere annullate sicurezze che fino a poco prima potevano darsi per scontate e a rispondere a nuove, impensabili esigenze che costringono a rivedere da zero la propria vita.

Tutti i presupposti sociali sono di colpo annullati e possono essere ripristinati solo a costo di faticose lotte e graduali conquiste.

Non c’è però solo un’impostazione militare a dominare la società di From ma – come conferma qualunque insediamento – all’evoluzione sociale, alla formazione di un aggregato urbano e alla presenza di un grande palazzo in cui concentrare il potere si affianca spesso anche un altro luogo. Altrettanto importante, altrettanto centrale: quello religioso. Anche questo aspetto è presente in From dove Padre Khatri funge da leader spirituale in associazione al leader militare e istituzionale Boyd. A lui è affidato il compito di dare una stabilità sociale attraverso certezze spirituali. A lui il compito di seppellire i morti, riconoscendo così valore a ogni membro della comunità, e di offrire una visione di salvezza in un mondo ostile, inospitale e assurdo come quello di Fromville in cui la ragione non può trovare risposte.

From
Padre Khatri (640×360)

Eppure From ci offre anche un ulteriore polo aggregante, una sorta di estensione della città, una fondazione a sé stante. Nell’antichità questi luoghi erano spesso le colonie, città fondate da transfughi della città madre in cerca di fortuna e di una società “migliore”. In From Donna è la leader di questa comunità che ha come centro propulsore la casa coloniale. Qui la società si sviluppa in forma diverse, perfino antitetiche rispetto alla comunità madre (seppur in costante rapporto con essa). C’è una libertà più marcata e l’anarchia si confonde con un comunismo di beni e mezzi: tutti condividono tutto, anche gli abiti. Si pratica sesso libero, o almeno taluni si sentono liberi di farlo, e all’aspetto militare si sostituisce un senso democratico. Si tratta, a ogni modo, di un’apparenza o poco più perché anche in questo luogo, nel momento in cui la comunità corre rischi le libertà di ognuno svaniscono di colpo, si impugnano le armi e Donna assume una vena autoritaria che non ammette repliche.

Nei momenti di crisi ecco il leader: Donna, Khatri ma soprattutto Boyd. Su di lui pesa la sopravvivenza dell’intera comunità e a lui si chiedono soluzioni ai problemi sociali. E come per ogni leader, come un Edipo via da Tebe, un Romolo assunto in cielo, un Odisseo o un Enea in cerca di una casa fino ad arrivare a un Jack in costante cammino in Lost, Boyd si allontana dalla comunità. Lo fa per la la comunità stessa, per ridarle nuova linfa, per trovare risposte e terre (da lui stesso) promesse. In questi momenti la comunità, privata del suo leader, vive la crisi sociale, perde punti di riferimento e rapidamente l’ordine si trasforma in anarchia. Soltanto le comunità che sanno riorganizzarsi trovano la forza di sopravvivere. Così accade anche in From dove a moti centrifughi come quello di Tabitha nella seconda parte dell’ultima stagione si contrappongono quelli centripeti di ritorno di Boyd, Victor e Sara.

Ma nell’analisi della società di From non si può trascurare anche un altro, ancor più fondamentale aspetto.

Il nonluogo di Fromville e la contrapposizione tra utopia ed eterotopia. La città di Fromville è un tipico piccolo abitato americano degli anni ’50-’60. Ha il suo diner, le sue abitazioni residenziali, la pompa di benzina e le case a schiera. È questa una scelta tutt’altro che casuale e già presente in serie cult come Twin Peaks. Anche lì l’ambientazione costituiva un carattere decisivo per il regista Lynch, come d’altronde accade nel film Velluto Blu. La predilezione per ambienti simili risulta più chiara proprio nel finale della pellicola: la storia si conclude con un pettirosso (che Lynch volle fosse palesemente e riconoscibilmente finto) che divora un verme: una raffinata metafora della società americana degli anni ’60 che sotto l’ipocrita tradizionalismo e l’immagine stereotipata dalle famiglia modello di tante pubblicità (il grazioso uccellino meccanico) nasconde in realtà un orrore celato (il verme) di cui si alimenta. Questo concetto in Twin Peaks è esemplificato dagli orrori commessi nell’oscurità domestica da tanti membri illustri della comunità e culmina nell’omicidio di Laura Palmer.

From
Il diner (640×360)

Anche in Fromville sotto l’apparente finzione di un mondo tranquillo e ideale si cela tutto l’orrore di fantasmi della mente, segreti del passato, traumi irrisolti e dolore di cui il luogo stesso pare alimentarsi e trarre forza. È una surreale normalità quella di From, costantemente messa in crisi dal luogo stesso, capace di affondare le sue radici in incubi difficili da allontanare, in suadenti voci nella testa e in visioni persecutorie. Il luogo come la serie si nutrono di tutto questo, costantemente animate come un Overlook Hotel dagli ospiti umani che ne rintuzzano lo spirito con la loro presenza e le paure più recondite. Paure che nascono dalle relazioni, dall’isolamento, dallo stesso nucleo sociale nel quale è necessario imparare a vivere. Per queste ragioni la società in From ha un ruolo tanto importante, tema centrale in un dramma collettivo fatto di complesse, incerte e spaventose relazioni umane. E in questo, davvero From è l’erede di Lost.

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