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Alla riscoperta di Following, perché il primo Nolan non si scorda mai

Ben venticinque anni fa Christopher Nolan costruì il primo tassello di una filmografia incredibile e dalla coerenza interna impressionante, nonostante gli anni, l’esperienza e il budget. Nel 1998, quando era ancora un signor Nessuno e aveva alle spalle alcuni cortometraggi (tra cui il surreale e ottimo Doodlebug, dove un uomo insegue un insetto con la sua scarpa, solo per scoprire che è una versione di sé stesso in miniatura), Nolan tentò di realizzare una pellicola assieme alla sua futura moglie Emma Thomas, ma trovare dei finanziamenti nel Regno Unito era difficilissimo, tanto che l’idea tramontò. Ecco che Following divenne una sfida, definita così dal regista stesso:

“Abbiamo una pretesa piuttosto seria: essere il film più economico mai realizzato”.

Si dovette dunque arrangiare con quel che aveva. Completamente autofinanziato e senza autorizzazioni per le location, il budget fu di sole 6.000 sterline. Per questo, il cast era composto quasi esclusivamente da amici stretti (che non hanno percepito un cachet), gli abiti di scena arrivavano dall’armadio del regista e ci pensava sua madre a preparare il cibo per sfamare tutti i partecipanti al film. Inoltre, ogni scena veniva provata tantissimo, per poi essere filmata due volte – in modo da avere due opzioni per la post-produzione– ed essere così impressa sulla pellicola da 16 mm in bianco e in nero; decisione che, paradossalmente, fu perfetta per rappresentare l’atmosfera noir del film. Esso, poi, venne girato in circa un anno, sfruttando unicamente la luce naturale, con le riprese effettuate solo nei weekend, dato che nella settimana gli attori avevano i loro lavori. Last but not least, Christopher Nolan curò regia, sceneggiatura, fotografia, montaggio, produzione e post-produzione.

Ma la povertà di mezzi non inficiò la resa finale di quest’opera della durata di 70 minuti, incentrata su Bill, aspirante scrittore che sviluppa un morboso interesse per le persone, iniziando a pedinare sconosciuti per le strade di Londra, così da scoprirne i segreti e trovare ispirazioni per il suo libro. Verrà colto in fragrante da Cobb, un ladro che, prendendo in simpatia Bill, decide di portarlo con sé durante i furti e di insegnargli i trucchi del mestiere. Un Cobb che si dimostra un ladro anomalo, perché non gli interessano gli oggetti di valore, ma quelli più intimi e personali dei malcapitati che deruba. Come Bill, il quale si ritroverà invischiato in qualcosa decisamente più grande di lui.

Following

La semplicità di Following è spiazzante e viene subito messa in luce la maestria di Nolan, sia per l’intuizione alla base – l’idea di concepire il furto e il pedinamento come un attraversamento dei confini sociali – sia, soprattutto, nella resa tecnica.

E, ovviamente, di quella riflessione/ossessione sul tempo che, dopo Following, verrà declinata in vario modo nelle sue opere successive.

La narrazione non è cronologicamente lineare, ma si alterna su quattro piani temporali diversi: l’interrogatorio di Bill; l’incontro con Cobb e la loro attività di ladri; la storia tra Bill e la Bionda; il colpo finale. I salti temporali non sono segnalati e la prima metà del film è come se ci preparasse al mondo di Nolan, pieno di quelle regole che ci spiega attraverso tecnica e immagini. E uno dei tratti distintivi del regista è proprio l’uso del montaggio per costruire questo intreccio labirintico su più linee temporali, per confonderci e renderci attivi nella ricostruzione di tutti i pezzi del puzzle. Nonostante quei ribaltamenti in cui spesso vediamo l’effetto di un’azione prima dell’azione stessa. È questo giocare in anticipo che ci tiene in uno stato di incertezza che ci fa dubitare di ogni cosa, prima che si chiariscano i fatti nel finale. Alla sua maniera, ovviamente.

In un certo senso, Christopher Nolan fa le prove di ciò che realizzerà in Memento e riporta, poi, la partizione di un film in una delle sue pellicole più sottovalutate, ovvero The Prestige. Come quest’ultimo e alla maniera dello spettacolo del prestigiatore, Following è diviso in tre atti: la promessa sarebbe l’introduzione, che ci racconta la storia di Bill, uomo comune ma con quel qualcosa di particolare che lo rende interessante; la svolta – ovvero quando l’ordinario diviene straordinario – è l’incontro con Cobb e la loro attività; il prestigio, invece, sarà il colpo di scena nel finale della pellicola. E sempre anticipando The Prestige, viene messa in luce l’importanza delle mani. Se Angier e Borden le usano per distrarre il pubblico dal trucco, in Following si vedono mani che frugano in una scatola. E, in entrambi i casi, non stavamo guardando con attenzione.

La scena chiave è, infatti, quella in cui Cobb mostra a Bill la scatola contenente gli oggetti personali dei proprietari della casa in cui erano entrati, perché:

una scatola è come un diario; la nascondono ma vogliono che sia trovata. Nascondere, mostrare: due facce della stessa medaglia

Ecco che Following stesso rappresenta la scatola in cui Christopher Nolan ha messo temi e tecniche che torneranno nella sua filmografia, oltre al suo sconfinato amore per il cinema. Basti pensare ai riferimenti a Marylin Monroe, alle immagini di Shining e de Le Iene, all’interrogatorio che pare la confessione di Walter ne La fiamma del peccato e al simbolo di Batman. E poi c’è Cobb. Il nome verrà ripreso dal personaggio interpretato da Leonardo DiCaprio in Inception e ciò non è casuale. Se in Following ruba oggetti materiali, nella pellicola del 2010 è un ladro dei sogni, riuscendo a entrare nel mondo onirico tramite una tecnica chiamata Innesto. Cobb è affascinante e Bill ne subisce il carisma, tanto da allontanarsi dal suo essere per diventare come lui. Sta perdendo il suo vero io; un processo iniziato già con l’osservare gli sconosciuti, perché così non guarda più sé stesso, non studia più il suo comportamento. Si lascia trascinare da Cobb, ne diviene un duplicato. Ecco che a Bill non viene rubato un oggetto tangibile, ma l’identità, la libertà, i sogni e l’individualità. E ne seguiamo tutto il percorso, dato che Nolan ci porta proprio dentro la sua mente, come farà poi con Leonard in Memento.

Cobb e Bill sviscerano, poi, quel tema del doppio tanto caro a Christopher Nolan, che nella sua poetica emerge come contrapposizione morbosa tra due individui complementari, in cui uno funge da specchio negativo dell’altro. Lo vediamo ad esempio con Will Dormer e Walter Finch in Insomnia, Alfred Borden e Robert Angier in The Prestige, Batman e Joker ne Il cavaliere oscuro e via dicendo. Tornando a Following, Bill è timido, senza punti di riferimento, curioso e ingenuo; Cobb, invece, è cinico, sicuro di sé, attraente e carismatico. Sebbene accumunati dal desiderio di entrare nei segreti più intimi delle persone, Nolan mette subito in luce le differenze tra i due fin dal primo incontro, attraverso un contro-campo in cui Cobb è autoritario e osserva Bill dall’alto in basso, mentre quest’ultimo è ricurvo, sottomesso, con lo sguardo basso. Non a caso il titolo del film è Following e non Follower: non c’è un soggetto, l’azione sovrasta il protagonista che, travolto dagli eventi, diviene un semplice spettatore della sua stessa storia.

Following

Ma Bill e Cobb rappresentano anche altro in Following, ovvero il dualismo spettatore-regista.

Il primo sarebbe lo spettatore e, infatti, è suo il punto di vista del film, portandoci a immedesimarci con lui – il tutto amplificato dalla messa in scena. Bill guarda voyeuristicamente la vita altrui, segue da una certa distanza questi sconosciuti e la loro quotidianità, fino al momento in cui non viene messo di fronte al suo essere uno spettatore. E ciò avviene nell’incontro con Cobb, il regista. Allora, Bill-spettatore rompe le sue stesse regole e invade quel luogo che aveva promesso di scrutare ma senza interagirvi. Esercita una forma di controllo su ciò che vede, come noi pensiamo di fare nella sala buia. Ma, come capirà andando avanti, è il regista ad avere il potere e quel controllo che millanta è solo un’illusione. Ci smarriamo, così, nella nebbia creata da Christopher Nolan, allo stesso modo di come succederà in Insomnia; ci inganna in questo labirinto di specchi, come fossimo dentro Inception.

Ecco che Following è un percorso dentro le profondità dell’animo umano, pieno di ossessioni, esplorazioni di alcuni tratti della nostra psiche, sguardi e voyeurismo. Contiene tutte le tematiche a lui care, come il doppio, la mimesi, il risentimento, la vendetta, il Male che corrompe il Bene, l’amore e la speranza. È l’alba della sua carriera, in cui si comprende perfettamente come Nolan riesca a passare così facilmente da un genere all’altro, dalla guerra in Dunkirk alla magia in The Prestige, dallo spazio di Interstellar alla Gotham della trilogia di Batman. E Following, per quanto grezzo possa essere, è la sintesi di quell’equilibrio che il regista ha sempre cercato tra autorialità e commercialità, tra introspezione e dimostrazione. Assieme a Oppenheimer, se non ne avete abbastanza, il 23 Agosto è uscito proprio Following al cinema, per noi in Italia un inedito da vedere assolutamente.

Perché è qui che può essere scovato il vero Christopher Nolan, le sue due anime. Che, del resto, sono quelle del cinema stesso.