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9 film vintage che pagherei per poter rivedere al cinema come fosse la prima volta

Attenzione!! Il seguente articolo contiene spoiler relativi ai film vintage Arancia Meccanica, Frankenstein Junior, Lo squalo, Quarto potere, La parola ai giurati, Persona, Taxi Driver, Psycho e Apocalypse Now.

Andrej Tarkovskij, regista visionario di origini russe, definiva i film “la scultura del tempo“. Facendo nostra questa riflessione, il compito del regista sarebbe dunque quello di lavorare il tempo e la realtà con la stessa cura e meticolosità con cui lo scultore lavora il blocco di marmo, affinché l’arte e la bellezza possano emergere. Va da sé che un fine tanto alto e nobile non sempre è raggiunto, ma quando ciò avviene: ecco la bellezza, ecco l’arte nella sua espressione più pura. Ancora adesso, dopo secoli, chiunque si trovi davanti alle opere scultoree di Michelangelo non può fare a meno di notarne la grandezza, e impallidire davanti all’eternità che l’opera stessa rappresenta. Ci sono pellicole che godono della stessa grandezza, film vintage che non potranno mai perire sotto lo scorrere del tempo. Sono quelli a cui oggi voglio dedicare questo articolo:

Film vintage che hanno operato sull’individuo con intensità tali da non poter essere rimosse dalla memoria ma che allo stesso tempo stimolano nello spettatore la viscerale necessità di dimenticare, affinché quelle sensazioni così intense e vivide possano essere vissute ancora e ancora, ogni volta come fosse la prima volta.

Quelle su cui voglio concentrarmi sono gemme rare, opere di grandezza tale da essere riusciti nella grande impresa di scolpire il tempo. I film vintage che passerò in rassegna rappresentano capolavori che hanno segnato un prima e un dopo nella storia del cinema stesso. Sono quei titoli, come Psycho o Arancia Meccanica, che mi spingono a desiderare una costante cancellazione della memoria, affinché ogni visione possa eguagliarne la purezza e l’intensità della prima.

È importante sottolineare come questi grandi classici abbiano fatto da apripista per la maggior parte dei film che adesso amiamo e consideriamo capolavori (alcuni di questi possono essere visti su Netflix), film che si ispirano profondamente da questi mostri sacri che ancora adesso hanno il ruolo di stella polare, assurgendo ad esempio per quei registi che mirano ad entrare nella storia.

1. Mel Brooks – Frankenstein Junior, parodia di un film vintage (1974)

La storia del genere parodistico è antica quanto il mondo: la ricerca delle sue origini ci spingerebbe a guardare a ritroso fino all’antica Grecia, con uno dei più antichi esempi nella Batracomiomachia, La battaglia dei topi e delle rane, parodia del poema epico. Applicato al mondo del cinema, il genere parodistico ha trovato una delle sue massime espressioni nel genio di Mel Brooks e nei suoi capolavori: non solo film vintage come Frankenstein Junior, su cui mi soffermerò a breve, ma anche titoli “minori” come Robin Hood – Un uomo in calzamaglia (1993), Balle Spaziali (1987) e Mezzogiorno e mezzo di fuoco (1974).

Frankenstein Junior (640×346)

Premesso che ogni film di Mel Brooks ha la capacità di farmi ridere ad ogni visione come se lo stessi guardando per la prima volta, sono certo che se potessi rimuoverli dalla mia memoria passerei il resto dei miei giorni paralizzato davanti allo schermo, incapace di fare altro che non sia piangere dalle risate. Ho perso il conto delle volte in cui il nitrire dei cavalli ad ogni “Frau Blücher” mi ha piegato in due.

Per i pochissimi che non sanno di cosa sto parlando, e che non hanno mai visto Frankenstein Junior, sappiate che vi invidio. Vorrei trovarmi nella vostra posizione, per potermi godere un capolavoro di tale portata per la prima volta. Lasciate che vi spieghi brevemente le ragioni di un tale trasporto e di una tale enfasi: Frankenstein Junior nasce come parodia del romanzo di Mary Shelley nonché come parodia di tutti i film ad esso ispirati, primo fra tutti Frankenstein (1931) di James Whale. La storia segue le vicende di Frederick Frankenstein (Gene Wilder) – si pronuncia Frankenstìn -, medico, professore universitario e nipote del barone Viktor von Frankenstein. Giunto in Transilvania per reclamare – controvoglia – il castello che il nonno gli aveva lasciato in eredità, Frederick Frankenstein conosce il nipote dell’assistente del nonno, Igor (Marty Feldman) – si pronuncia Aigor -, l’assistente Inga (Teri Garr) e l’amante del nonno Frau Blücher (Cloris Leachman). È proprio quest’ultima a fare in modo che Frederick trovi gli appunti degli esperimenti del nonno, la cui consultazione lo porterà a ricredersi e a seguirne le orme, tentando di riuscire dove il nonno aveva fallito.

2. Stanley Kubrick – Arancia Meccanica (1971)

Altro capolavoro senza tempo, altro film vintage che non ha bisogno di alcuna presentazione. Arancia Meccanica è solo uno dei tanti capolavori realizzati da Stanley Kubrick, tra i più grandi geni ad aver manovrato una cinepresa. Questo articolo potrebbe benissimo concentrarsi solamente sulla sua filmografia, e il senso non ne risulterebbe minimamente alterato. Pagherei per poter rivedere la sua intera produzione cinematografica come fosse la prima volta. Non solo Arancia Meccanica, di su cui mi concentrerò a breve, ma anche film vintage che hanno rivoluzionato il loro genere di appartenenza come The Killing – Rapina a mano armata (1956), Lolita (1962), Dr.Stranamore (1964), Shining (1980), 2001: Odissea nello spazio (1968), Full Metal Jacket (1987), Eyes Wide Shut (1999). Se potessi rimuovere selettivamente i ricordi dalla mia memoria, sono certo che passerei intere settimane a guardare solamente film di Kubrick.

Arancia Meccanica si ispira all’omonimo romanzo di Anthony Burgess e racconta di una distopica metropoli londinese in cui l’intera società sembra votata alla violenza fisica e al condizionamento del pensiero sistematico. È indispensabile sottolineare come gran parte del successo della pellicola deve essere attribuito all’incredibile prova attoriale di Malcolm McDowell nei panni di Alex DeLarge, che durante le riprese arrivò perfino a incrinarsi una costola e a subire una abrasione delle cornee. Lungi da me addentrarmi nella narrazione di un film incredibilmente denso ed emozionante come questo – facendolo rischierei di tralasciare dettagli fondamentali, elementi che solamente una visione in prima persona permetterebbe di cogliere -, lascerò alle parole di Alex le presentazioni, sicuro che tanto basti per convincervi a guardare un capolavoro di tale portata.

Arancia Meccanica
Film vintage – Arancia Meccanica (640×360)

Eccomi là. Cioè alex e i miei tre drughi. Cioè Pit, Georgie e Dim. Eravamo seduti nel Korova Milkbar arrovellandoci il gulliver per sapere cosa fare della serata. Il Korova Milkbar vende “latte+”, cioè diciamo latte rinforzato con qualche droguccia mescalina, che è quello che stavamo bevendo. È roba che ti fa robusto e disposto all’esercizio dell’amata ultraviolenza

3. Alfred Hitchcock – Psycho (1960)

Il cinema ha un debito con Alfred Hitchcock, un debito che non potrà essere mai ripagato. I suoi intrecci narrativi, il suo concetto di suspense, l’invenzione dei famosi MacGuffin, le sue iconiche inquadrature, i suoi movimenti di macchina hanno trasformato per sempre il modo di fare cinema, raffinando un’arte in rapida ascesa e conferendogli lustro come pochi prima di lui e come pochissimi dopo di lui. Anche in questo caso citare un singolo film vintage dalla sua immensa e variegata filmografia mi pone in una posizione di difetto, ma se mi soffermassi anche solo sulle sue opere più note – penso a Vertigo – La donna che visse due volte (1958), Intrigo internazionale (1959), Gli uccelli (1963), La finestra sul cortile (1954) o Nodo alla gola (1948) – tanto varrebbe comporre un saggio dedicato.

Il film vintage su cui vorrei invece focalizzarmi è Psycho (1960), il più grande successo commerciale del regista, nonché tra i più grandi capolavori della storia del cinema. Tratto dall’omonimo romanzo di Robert Bloch e basato sulla storia del serial killer Ed Gein, la pellicola racconta della fuga di Marion Crane (Janet Leigh) dopo aver rubato quarantamila dollari dal suo datore di lavoro. Percorrendo strade secondarie per evitare la polizia, Marion trova rifugio nel Bates Motel, gestito da Norman Bates (Anthony Perkins), un giovane con un particolare interesse per la tassidermia e una relazione quantomeno difficile con la madre.

Film vintage – Psycho

Come nel caso di Arancia Meccanica, ogni parola in più impallidirebbe davanti all’incredibile intensità delle immagini che scorrono sullo schermo: il sapiente uso degli specchi come simbolo della dualità dell’essere, i pionieristici movimenti di macchina, il rivoluzionario ingresso della colonna sonora come parte integrante del film ed elemento in grado di intensificare la suspense sono tutti elementi che concorrono a rendere Psycho non solo un film vintage, ma una vera e propria scultura del tempo, per riprendere le parole di Tarkovskij citate in apertura.

4. Martin Scorsese – Taxi Driver (1976)

Loneliness has followed me my whole life, everywhere. In bars, in cars, sidewalks, stores, everywhere. There’s no escape. I’m God’s lonely man.

La solitudine mi ha seguito per tutta la vita, ovunque. Nei bar, nelle macchine, sui marciapiedi, nei negozi, ovunque. Non c’è via di scampo. Sono l’uomo solitario di Dio.

Questa citazione, tratta dal film vintage Taxi Driver diretto da Martin Scorsese mi ha sempre colpito. Ho perso il conto di quante volte ho visto Taxi Driver e nonostante i film citati in precedenza siano, come già sottolineato a più riprese, capolavori in grado di resistere al trascorrere del tempo, questo film ha per me una particolare importanza. Sono certo che se potessi rivederlo di nuovo come fosse la prima volta, ne resterei stregato come lo fui la prima volta che lo vidi. È forse il film vintage che più di qualunque altro riesce a stregarmi, catapultandomi per le strade una cupa e solitaria New York, illuminata solo dalle sue mille luci che concorrono a rendere tutto più suggestivo.

A impreziosire una pellicola già di per sé iconica c’è l’inimitabile Robert De Niro nei panni di Travis Bickle, un ex marine in piena sindrome da stress post traumatico in seguito al suo servizio in Vietnam. Travis rappresenta l’ultimo degli invisibili: è alienato, antisociale e soffre di insonnia cronica, condizione che lo porta a lavorare come tassista di notte – è attraverso questo espediente narrativo che Scorsese ci regala le immagini dei suggestivi scorci di una New York illuminata solamente dalle sue luci -.

film vintage
Film vintage – Taxi Driver (640×347)

Il film vintage si concentra sul climax di delirio psicotico – indimenticabile la scena allo specchio in cui Travis pronuncia le famosissime parole “You talkin’to me? You talkin’ to me?” – che spinge Travis a pianificare l’assassinio del candidato alla presidenza Charles Palantine (Leonard Harris), figura che il protagonista riconosce come rappresentante dell’ipocrisia di un’intera società. Fallito goffamente l’attentato al Senatore Palantine, il climax psicotico culmina nel massacro perpetrato da Travis all’interno del bordello in cui si prostituiva la giovane Iris Steensma (Jodie Foster) proprio allo scopo di salvare quest’ultima.

5. Orson Welles – Quarto Potere (1941)

Forse l’emblema per eccellenza del film vintage, di quelle pellicole in grado di resistere all’inesorabile scorrere del tempo, Citizen KaneQuarto potere di Orson Welles può essere considerato a mani basse tra i migliori film mai realizzati nella storia del cinema (la BBC l’ha addirittura giudicato il miglior film statunitense di sempre).

film vintage
Film vintage – Quarto potere (640×320)

Jorge Luis Borges ha definito il film “un giallo metafisico” il cui oggetto di indagine è la personalità di un uomo, personalità che viene indagata attraverso i ricordi e le parole delle persone che, durante la loro vita, lo hanno conosciuto a fondo. L’uomo è Charles Foster Kane (Orson Welles), magnate della stampa incapace di amare se non alle sue condizioni, di cui il regista ci presenta frammenti di vita. La grandezza della pellicola risiede nella volontà del regista di lasciare a noi spettatori il compito di ricostruire l’interezza di una personalità complessa come quella del protagonista a partire proprio da quei singoli frammenti. Tale lavoro di ricostruzione risulta però inevitabilmente incompleto: nessuno che non sia stato testimone del trauma di Kane sarà mai in grado di comprendere un personaggio talmente complesso, la cui impossibilità di concepire l’amore se non come possesso nasce dall’allontanamento dei genitori e da un’infanzia tradita.

6. Francis Ford Coppola – Apocalypse Now (1979)

Apocalypse Now, film ispirato al romanzo di Joseph Conrad Cuore di tenebra, non è un film facile. Di film vintage incentrati sul tema della guerra ne esistono una marea, ma pochi sono riusciti a rappresentare in maniera tanto vivida il dilemma morale che ne scaturisce: mietere vittime lottando per il proprio Paese o disertare, abbandonando la macchina di morte e tradendo così il proprio Paese? Tale dualismo è rappresentato perfettamente nella pellicola di Francis Ford Coppola dalla coppia Martin Sheen (Benjamin Willard) – Marlon Brando (Colonnello Walter Kurtz).

Se potessi rimuovere anche solo un film dalla mia memoria per poi poterlo rivedere come se fosse la prima volta, forse sceglierei proprio questo. Non perché gli altri film vintage citati siano meno meritevoli, ma semplicemente perché ritengo che Apocalypse Now dimostri la sua grandezza proprio alla prima visione – è un film che colpisce lo spettatore con la forza di una frana, tramortendo lo spettatore con immagini che difficilmente possono essere cancellate. Ma non sono solamente le immagini e la trama incredibilmente complessa e articolata a rendere grande questa pellicola: sono la musica e il sonoro infatti a stimolare una percezione immersiva delle atrocità della guerra, intensificando un’esperienza già di per sé profondamente intensa e traumatizzante. A questo proposito, non posso non citare l’iconica scena iniziale degli elicotteri che sciamano sulla giungla vietnamita coperta dalle fiamme, visibili solo attraverso la nube di napalm che si lasciano alle spalle, mentre The End dei The Doors suona in sottofondo:

film vintage
Film vintage – Apocalypse Now (640×360)

This is the end, beautiful friend
This is the end, my only friend
The end of our elaborate plans
The end of everything that stands

Questa è la fine, mio caro amico
Questa è la fine, mio unico amico
La fine dei nostri elaborati piani
La fine di tutto ciò che esiste

Apocalypse Now è un film imprescindibile se si vuole capire la brutalità della guerra, l’impatto che questa ha sull’animo e sulla psicologia umana, la facilità – e la crudeltà – con cui riesce ad annullare tutto ciò che ci rende noi stessi.

7. Sidney Lumet – La parola ai giurati, teatralità di un film vintage (1957)

Sono principalmente due gli elementi che rendono questa pellicola uno dei film vintage più originali mai realizzati. Primo fra tutti, la teatralità: l’intero film, fatta eccezione per le due scene iniziali e finali e due brevi girate all’interno di un bagno, è infatti caratterizzato per la presenza in un unico set, quello della stanza in cui i dodici giurati sono chiamati ad esprimersi sul verdetto per un caso di omicidio. Il secondo elemento caratteristico è l’assenza di nomi – a indicare la neutralità della giuria -, fatta eccezione per i giurati numero 8 e numero 9. Anche i protagonisti del processo non vengono mai chiamati per nome: l’imputato è chiamato “il ragazzo“, i testimoni “il vecchio” e “la ragazza dall’altra parte della strada“.

L’intera pellicola si concentra sulla volontà di uno dei dodici giurati di persuadere gli altri undici membri ad assolvere l’imputato, accusato di parricidio, sulla base di quello che in gergo giuridico viene definito ragionevole dubbio.

La parola ai giurati
Film vintage – La parola ai giurati (640×344)

La grandezza di questo film, la ragione che mi ha spinto ad includerlo all’interno di questa lista popolata solamente da mostri sacri, il motivo per cui sarei disposto a pagare pur di rivederlo come se fosse la prima volta risiede nel concetto di immersività: la presenza di un singolo set, i dialoghi serrati, lo scorrere del tempo percepito solo attraverso le finestre della stanza sono tutte strategie narrative che si sono dimostrate incredibilmente efficaci, riuscendo a proiettare lo spettatore all’interno degli spazi diegetici con una maestria più unica che rara.

8. Steven Spielberg – Lo squalo (1975)

Jaws – Lo squalo è tra i film più noti del regista pluripremiato Steven Spielberg e non poteva non essere inserito all’interno di questa lista. Il film è senza alcun dubbio tra i più grandi capolavori del genere horror e tanta della sua fama e del suo successo dev’essere attribuita non solo all’incredibile lavoro registico svolto dallo stesso Spielberg, ma anche dalla troupe di ingegneri e meccanici che hanno collaborato alla realizzazione dello squalo. Soprattutto, Lo squalo deve il suo incredibile successo al compositore John Williams, che realizzò il famoso tema musicale che doveva suggerire la presenza dello squalo nei paraggi della scena. Fu proprio quel tema musicale, infatti, a concorrere al crescendo di suspense e a consegnare il film all’olimpo del cinema.

Ora vorrei rivolgermi a tutti quelli che il film lo hanno già visto, cercando di trasportarvi in un esercizio di immaginazione: quanto sarebbe bello poter fare esperienza di quel tema musicale, di quel crescendo di ansia e terrore, ancora una volta come fosse la prima? Lo squalo è un film imperdibile, che ha affinato la tecnica registica e narrativa della suspense portandola a vette che raramente sono state raggiunte negli anni successivi.

9. Ingmar Bergman – Persona, film vintage e psicanalisi (1966)

Voglio chiudere questa lista di mostri sacri con uno dei registi che più di chiunque altro ha indagato la profondità della mente umana attraverso i mezzi che la settima arte gli ha fornito, ovvero Ingmar Bergman. Regista visionario di nazionalità svedese, avrei potuto benissimamente scegliere un film più noto al grande pubblico come Il settimo sigillo. Ho deciso di considerare invece Persona per la sua importanza storica e per il tema trattato. Persona è infatti un film unico nel suo genere, attraverso cui il regista si interroga sul concetto di enunciazione come mezzo attraverso cui esprimere il proprio essere.

Non si può essere senza mentire, senza mettere in mostra maschere di sé. Quale è dunque la soluzione? Come far cadere tutte queste maschere ed essere davvero sé stessi? Elisabet Vogler (Liv Ullmann) trova la soluzione a questo incredibilmente complesso quesito cessando di enunciare: se ogni parola è menzogna e ogni gesto falsità, allora l’unico modo per essere sé stessi è cessare di enunciare – con il corpo, con il volto, con le parole.

Persona
Film vintage – Persona (640×479)

Persona è un film che incanta lo spettatore, un film vintage che si pone sul confine tra cinema e applicazione scenica di una ricerca psicologica dell’essere. Una perla rara che chiunque dovrebbe visionare almeno una volta e che chiunque pagherebbe per poter rivedere come fosse la prima.

Credi che non ti capisca? Tu insegui un sogno disperato, questo è il tuo tormento. Tu vuoi essere, non sembrare di essere. Essere in ogni istante cosciente di te, e vigile. nello stesso tempo ti rendi conto dell’abisso che separa ciò che sei per gli altri da ciò che sei per te stessa e provoca quasi un senso di vertigine, un timore di essere scoperta, di vederti messa a nudo, smascherata, riportata ai tuoi giusti limiti. Perché ogni parola è menzogna, ogni gesto falsità, ogni sorriso una smorfia.