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Col senno di poi, Dragon Ball Super era davvero necessaria?

Dragon Ball Super era necessaria? La risposta breve è no. Ma procediamo con ordine.

Dragon Ball nasce negli anni ’80 come manga shōnen (indirizzato a ragazzi in età scolare) dalla magistrale penna di Akira Toriyama. Nonostante gli ormai 26 anni che ci separano dalla sua uscita (la prima in Italia con la Star Comics fu del 1995), Dragon Ball mantiene rate di popolarità altissimi e continuiamo a ricordarla per molti momenti commoventi oltre che per tante altre cose bizzarre che non riusciremo mai a spiegarci. A quasi vent’anni dal finale di Dragon Ball GT e da una conclusione praticamente definitiva in quanto mostra gli ipotetici discendenti di Goku e Vegeta in combattimento con una Pan ormai anziana, ci si chiede se fosse davvero necessario espandere il franchise.

La genesi Dragon Ball: Da Z a GT

Intanto due parole sulla saga. Nonostante quello che dicono i detrattori, essa si è evoluta molto nel tempo e le tre serie pre-Dragon Ball Super non potrebbero essere più diverse l’una dall’altra. Il primo Dragon Ball nasce come una quest, una fiaba avventurosa. Le basi non potrebbero essere più “classiche” e gli elementi canonici della fiaba sono tutti presenti: un mondo irreale, un eroe dal cuore puro, la ricerca dell’oggetto magico, l’aiutante, il maestro saggio, il nemico senza un volto preciso. Le storie sono semplici e il passato del protagonista è solo accennato. Le sfere del drago sono il motore dell’intera narrazione. Dragon Ball è stato un successo enorme, ma poi è venuto Dragon Ball Z.

Dragon Ball Super

Dragon Ball Z non potrebbe essere più diversa. Se la prima nasce da un sottofondo fiabesco, la seconda affonda nello shōnen duro e puro, contribuendo anzi a definire il genere e le sue caratteristiche principali: il protagonista è quasi sempre un buono con una missione e una forte passione, ci sono comprimari razionali per tenerlo in riga e nemici da sconfiggere che si presentano in ordine di forza crescente per dare tempo al protagonista di maturare. In Dragon Ball Z la quest delle sfere del drago, viene messa da parte per concentrarsi sul protagonista e sui combattimenti. Questo non è un male, perché le storie sono abbastanza intricate da incuriosire e i nemici memorabili. Il vero problema nasce con Dragon Ball GT, che già di per sé è nata come una parte di storia di cui non si sentiva il bisogno.

Cosa non ha funzionato in GT? Il finale di Dragon Ball

Sì, perché Dragon Ball GT (nato tra l’altro dallo staff della Toei Animation e non da Akira Toriyama, diventando quindi l’unico capitolo del franchise a non avere un corrispettivo cartaceo) fa un enorme passo indietro, riprendendo alcuni elementi dall’originale Dragon Ball e anche di Dragon Ball Z dando vita a un mix confuso di entrambi i capitoli. Abbiamo quindi Goku bambino, la ricerca delle sfere del drago nello spazio accanto a trasformazioni sempre più assurde e nemici sempre più potenti. Ci sono molte cose che non hanno funzionato, ma bisogna dire che Dragon Ball GT ha almeno cercato di chiudere al meglio le file di una serie ingarbugliata. Il finale con le sfere che si dissolvono nel drago Li Shenron insieme a Goku è molto potente e simbolico.

Dragon Ball Super

“Questo è solo una prova, una specie di esame. D’ora in poi dovremo lottare per rendere migliore questo pianeta e l’universo basandosi esclusivamente sulle nostre forze, senza contare su aiuti esterni. E se ci riusciremo, allora sono certo che le Sfere del Drago ritorneranno”

Trunks a Pan – Dragon Ball GT

Questo discorso sul finale non si riferisce alle sole sfere ma anche a Goku, che è sempre stato il fattore esterno più importante della serie. Chiude un cerchio perfetto. Con un finale del genere era impossibile riuscire a escogitare un sequel ed è per questo che Dragon Ball Super nasce come midsequel: si posiziona nei dieci anni tra la sconfitta di Majin-Bu e l’incontro con Ub ossia tra l’episodio 288 e 289 di Dragon Ball Z.

Dragon Ball Super: il sequel non-sequel

Se bisogna infatti porre Dragon Ball Super nel suo lasso temporale, è bene ricordare che la serie resta una piccola bolla all’interno di Dragon Ball Z e quindi è priva di un’identità propria, come Dragon Ball o persino Dragon Ball GT. Dragon Ball Super nasce come adattamento e approfondimento di due speciali: Dragon Ball Z – La battaglia degli dei e Dragon Ball Z – La resurrezione di “F” e questo già ci pone al centro del problema: sviluppandosi da due speciali della serie “madre”, è chiaro che il materiale di base non potrà mai essere del tutto originale. Se abbiamo detto che Dragon Ball GT pecca di personalità perché copia elementi del passato, Dragon Ball Super va ancora oltre e richiama dalla morte gli stessi nemici, ricreando dinamiche simili che la rendono praticamente indistinguibile da Dragon Ball Z.

Dragon Ball Super

Viene riportato in vita Freezer, di gran lunga uno dei cattivi più amati del franchise, che però viene dotato di un nuovo livello di potere per smuovere la situazione rispetto al passato. Ritorna Trunks dal futuro con una nuova minaccia. Viene istituito un nuovo torneo, ma questa volta a livello universale. Allo stesso tempo nascono nuove inspiegabili trasformazioni Saiyan e nuovi poteri ma sentiti prima (il super Saiyan Rosé e l’ultra-istinto), atti a rendere possibile la costruzione di nemici sempre più potenti. Questi elementi generano un grosso problema di continuità con Dragon Ball GT, e rendono la stessa saga troppo ripetitiva.

All’epoca del ritorno dei cyborg in Dragon Ball GT, la serie fu accusata di utilizzare espedienti pigri e retcon per allungare il brodo di una saga già finita. Oggi potremmo accusare Dragon Ball Super della stessa cosa, soprattutto nei suoi primi archi, magari indebolendo personaggi che di per sé erano interessanti. Inoltre, queste aggiunte in media res vanno a stratificare troppo un mondo di cui avevamo già idee confuse. Ai Kaioh, regno di Enma e Kaiohshin si vanno ad aggiungere nuovi universi, angeli e dei della distruzione, costruendo di fatto un mondo potenzialmente infinito con minacce sempre più potenti, trasformazioni sempre nuove ad infinitum.

Dragon Ball Super

Vi ricordate quando il Super Saiyan era un livello mitologico impossibile da raggiungere e la sola attesa di quel momento ci struggeva?

Dragon Ball Super non aggiunge niente alla narrazione originale del franchise, ma in verità neanche toglie nulla se non quello che molti shōnen di base già fanno: minare i risultati precedenti e quelli successivi, rischiando di rendere tutto più prevedibile. Difficilmente ci emozioneremo per una nuova trasformazione, se già sappiamo che ce ne sarà una migliore; difficilmente saremo in ansia per un nemico, se già sappiamo ce ne sarà sempre uno più potente.

Inoltre, un midsequel di cui conosciamo già la fine (che rimane quella di Dragon Ball Z) fa calare tutta la tensione a meno che le storie non siano così interessanti da permettere l’immersione. Tutti gli shōnen hanno lo stesso problema: creano una plot armor attorno ai personaggi principali,che quindi non possono morire o (peggio) tendono a risorgere spesso in modo assurdo. In Dragon Ball Super la cosa va oltre proprio per la prevedibilità delle trame, cosa che altri anime sono riusciti a evitare, creando storie sempre fresche e nuove. Forse a Dragon Ball Super è mancato proprio questo: un certo coraggio a osare che la differenziasse completamente la serie dalla precedente e la rendesse a tutti gli effetti necessaria nell’economia dell’intera saga.

A conti fatti, quando ritorneremo sulla serie lo faremo guardando Dragon Ball Super come un’estensione di Dragon Ball Z, che solo gli anni di distanza hanno reso una saga a parte. Questo ci riporta a due domande essenziali: Dragon Ball Super è interessante? Per alcune storylines sì. Era necessaria? Quasi certamente no.

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