Vai al contenuto

Qualche settimana fa ha fatto il suo debutto su Sky Call My Agent Italia, serie originale ma che si basa sul format di Dix pour cent. La trama è semplice: la CMA è un’agenzia di spettacolo che ha tra i suoi assistiti il fior fiore degli artisti del cinema italiano, registi, attori, sceneggiatori e chi più ne ha più ne metta. Attorno alle vicende degli agenti di spettacolo, ruota la trama principale che – episodio per episodio – si focalizza su un personaggio famoso in particolare, ma non manca di raccontare la vita e le vicende dei suoi artefici, gli agenti.

In una Roma bella come una cartolina, in una Roma che riporta un po’ al suo fascino di un tempo, al tempo di Via Veneto, dei grandi attori, del vero star system italiano che – semmai è esistito (e qui potremmo aprire un dibattito che andrebbe avanti ore) – era nel momento di più grande splendore, è inevitabile sentirsi trascinati quasi come fossimo in una capsula del tempo, in un periodo che oggi non esiste più.

Call My Agent
Sara Drago (640×360)

Siamo abituati alla frenesia del mondo dell’audiovisivo e uso questo termine nello specifico con cognizione di causa perché non parliamo semplicemente o meglio esclusivamente di cinema, parliamo di un’industria che – ai tempi nostri – è qualcosa di tanto grande da risultare quasi indefinibile. Un’industria i cui confini di prodotto sono sempre più sbiaditi, sempre meno identificabili e che ci porta solitamente anche a ridurre la distanza tra il mondo glitterato dei “famosi” e la realtà quotidiana dei “non famosi”, dei comuni mortali.

Le vite frenetiche, talvolta straordinarie dei personaggi famosi sono sempre più a portata di mano, sempre più a portata di click, mi verrebbe da dire. Ci basta poco per entrare nelle loro case, sentirci partecipi delle loro vite. Un esempio potrebbero essere i Ferragnez, che attraverso i loro canali social ci tengono in costante aggiornamento sulla loro quotidiana vita familiare. E sì, qui potremmo aprire varie parentesi, ma non è il punto del discorso di oggi. Oggi ci soffermiamo su quella straordinaria possibilità che abbiamo di interagire e confrontarci, di farci sentire da e con i personaggi famosi in un modo che un tempo era tanto impossibile quanto magico.

C’era un entusiasmo, una voglia, un desiderio di sapere, di scoprire qualcosa di più sulle vite straordinarie – nel senso più letterale del termine – sulle vite non-ordinarie di coloro che vivevano sotto i riflettori, che adesso si è un po’ andato perdendo. Si è perso il mistero, l’interesse.

E sì, certo, per qualcuno potrebbe essere una cosa positiva, ma non vi manca un po’ quel non sapere, quell’aura di irraggiungibilità che avevano le star che riusciva in qualche modo a farci desiderare ancora più ardentemente di scoprire anche un solo dettaglio, una sola curiosità in più su di loro da poter condividere al bar con gli amici durante una chiacchierata di fronte a un aperitivo oppure nei momenti di nulla cosmico prima della proiezione di un film o alla fine, quando ormai il prodotto era stato consumato e la conversazione in merito a quanto visto era invece appena cominciata? A me questo un po’ manca.

Manca quella voglia di scoprire e di sapere che quando si realizzava ci faceva sentire quasi detentori di chissà quale verità universale, ma segreta, misteriosa. E, in Call My Agent che coniuga alla perfezione il mondo moderno con il ricordo di quello di un tempo, questo elemento c’è. Non possiamo semplicemente prendere il telefono e guardare le storie di Matilda De Angelis (ad esempio) per conoscerla, seppur questo sia quello che ci sembra di ottenere dopo esserci insidiati nella sua vita privata raccontata tramite i filtri dei social. E sì, certo, neppure seguire la sua vicenda e le sue problematiche con gli haters nel quarto episodio di Call My Agent ci darà un vero riscontro sulla persona che è, ma ci apre sicuramente una finestra diretta su una possibilità: qualcuno che si comporta “alla Matilda” c’è. E questa serie di Sky ci mostra, sempre mantenendo un tono leggero e divertente, quella parte dello show business e quelle personalità che lo dominano in maniera esclusiva e – in qualche modo – anche antica.

Call My Agent
Emanuela Fanelli (640×360)

È un ritorno all’idealizzazione di un personaggio, alla sua lenta scoperta e attraverso volti noti del nostro panorama di stelle, ci sottopone una varietà di soggetti e personalità che nel mondo dello spettacolo esistevano ed esistono tutt’ora, facendo collidere passato e presente, antico e moderno con una facilità spaventosa. E così ci perdiamo tra le strade della nostra personalissima versione di Hollywood, Roma, nei suoi set e nei suoi attori. Nei suoi talenti che romanticamente, come sottolineavo prima, tendono a ricondurci e a mostrarci l’antica bellezza di questo settore. Ci permettono di allontanarci dalla costante fissazione che abbiamo per le loro vite pubbliche, per le loro vite social, e ci avvicinano alle loro realtà più umane; ma lo fanno raccontandocela sempre come fossero il capitolo di una fiaba che non terminerà mai, quella del cinema e dei suoi protagonisti.

Ognuno è un capitolo diverso, ognuno è una storia diversa e Call My Agent, la serie di Sky ispirata a Dix pour Cent che dovreste vedere assolutamente, ci porta a conoscerle una per volta, si prende il suo tempo per farlo e nel frattempo ci regala perle straordinarie che nella vita reale probabilmente non ci capiterà mai più di vedere, come un Paolo Sorrentino idolatrato al limite del razionale e che ridicolizza il trattamento che gli riservano prendendo in giro i suoi agenti. Lo fa poi donandoci un’immagine che raramente dimenticheremo, quella di un’Ivana Spagna papessa che si affaccia alla finestra di San Pietro con Easy Lady in sottofondo. Ci regala un Pierfrancesco Favino completamente rapito dal ruolo che ha ricoperto per mesi, quasi ostaggio di quest’ultimo e che – proprio a causa del suo immedesimarsi totalmente con il personaggio – ci regalerà anche uno straordinario Mario Draghi che ti fa pensare che in fin dei conti una serie sull’ex presidente del Consiglio con protagonista Favino sarebbe una genialata pazzesca.

Call My Agent
Pierfrancesco Favino (640×360)

E mentre questo succede non distoglie mai l’attenzione dalle vite di chi i fili dello spettacolo li muove e li muove non facilmente, ma con un impegno e una determinazione notevoli. Lo fa mostrandoci la bellezza di correre dietro un attore che fa i capricci, nell’ingegnarsi a risolvere i problemi di chi assiste, nel rincorrere contratti e creare situazioni ideali per permettere al proprio talento di esprimersi al meglio e di regalare a noi pubblico la migliore versione di sé, tutto questo barcamenandosi e cercando di destreggiarsi tra vita personale e vita professionale.

E che cos’è questo se non la meravigliosa, antica e per sempre splendida bellezza del cinema? Per questo, Call My Agent, è una modernissima serie d’altri tempi.