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Così si fa un remake. Come ha fatto Call My Agent Italia

Sperati, temuti, odiati… Non sono una novità, ma di certo negli ultimi anni hanno avuto, tra cinema e televisione, una grande esplosione che ha portato a una loro diffusione a macchia d’olio: stiamo parlando dei remake, prodotti pensati come rifacimento di un’opera preesistente. Possiamo avere dei remake che consistono in una copia carbone senz’anima dei lavori precedenti, possiamo trovarne altri che con l’opera madre non hanno davvero nulla a che fare e che ne stravolgono completamente lo spirito, ma ci sono anche delle sapienti eccezioni e Call My Agent Italia ne costituisce un chiaro esempio. La serie in questione infatti è un vero e proprio remake di Sky (disponibile anche su Now) in salsa italica della francese Qualcuno chiami il mio agente o, più correttamente, Dix Pour Cent, intrigante serie basata sulle vite dei manager di famosi attori e sulle vicende legate ai loro clienti.

Un’eccezione alla regola, quella dell’apprezzatissima versione italiana, che necessiterebbe di essere studiata e di essere presa a modello per la sua capacità di mantenere il senso dell’opera da cui è tratta e al contempo di offrire anche qualcosa di completamente inedito che la caratterizzi e la distingua e che rappresenta, a oggi, il miglior esempio di serie remake prodotta in Italia. Oggi vogliamo pertanto analizzare quest’operazione per provare insieme a capire perché Call My Agent Italia di Sky ha perfettamente centrato l’obiettivo a cui ogni remake vorrebbe aspirare.

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Maurizio Lastrico e Paola Cortellesi in Call My Agent Italia, solo su Sky e Now (640×360)

Attenzione, nel seguente articolo troverete spoiler su Call My Agent Italia: siete avvisati!

Partiamo da questo fatto, Dix Pour Cent è stata un successo a 360 gradi: adorata in patria e amata anche dai mercati esteri, così amata che, negli anni, in tutto il mondo sono spuntati come funghi numerosissimi remake. Da quello indiano a quello turco, da quello coreano a quello inglese, fino a arrivare alla versione italiana, fresca fresca della sua uscita su Sky scritta da Lisa Nur Sultan (Sulla mia Pelle, Circeo)e diretta da Luca Ribuoli. Perché questo successo, vi chiederete voi? Perché il concept che sta dietro alla serie è, a suo modo, universalmente spendibile, adattabile a vari contesti e questo è stato compreso da chi si è occupato dalla versione italiana. Prendere il soggetto di base, la generale caratterizzazione dei personaggi, il filo della trama orizzontale e alcuni spunti per quelle verticali per andare poi a costruire un prodotto che non si limiti a essere una copia sputata dell’originale.

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Dix pour Cent (640×360)

La versione italica, infatti, mantiene le caratteristiche fondamentali dell’opera originale, come il format, il mood e la trama generale di alcuni episodi, ma per ovvi motivi descrive un mondo e un contesto ben diverso da quello parigino. Perché, neanche a dirlo, Call My Agent Italia, trasuda italianità da ogni poro, da ogni inquadratura e ambientazione, aspetto che già di per sé lo caratterizza in maniera ben distinta dalla versione francese. Respiriamo l’Italia dalle citazioni ai film (tra cui, non a caso, spicca il nostrano re dei remake Perfetti Sconosciuti) e alla nostra cultura, dagli atteggiamenti dei personaggi e, ovviamente grazie alla presenza degli attori nostrani che recitano nel ruolo di se stessi, in maniera convinta e divertita, come se appunto fossero clienti della CMA (Claudio Maiorana Agency, nonché acronimo della serie stessa), un’agenzia d’élite che rappresenta la crème de la crème degli artisti del mondo dello spettacolo del Bel Paese.

Pur partendo dalle ovvie premesse date dalla versione francese, Call My Agent Italia può essere infatti facilmente definita come una serie a tutto tondo e con una propria personalità, che non si limita a copiare, ma che adatta, che non stravolge ma omaggia. Uno show che prende solo ciò che serve strettamente alla narrazione ma che osa anche nello sperimentare qualcosa di nuovo grazie a una scrittura che ruota attorno alle storie dei vari attori e registi di cui vuole parlare davvero. Così, la serie arriva a tradire in parte anche lo stile dell’opera principale per indulgere maggiormente sul lato comico-umoristico e per raccontare, talora, anche episodi radicalmente diversi e spesso basati o ispirati a storie legate all’attualità, alla cronaca o “ai meme” del nostro Paese.

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Paola Buratto e Paolo Sorrentino (640×360)

Così nel pilota il personaggio di Paola Cortellesi, scartata da una serie sugli Etruschi a fianco di Brad Pitt perché ritenuta troppo “vecchia”, presenta un carattere diverso rispetto al suo corrispettivo francese, Cécile de France di Qualcuno chiami il mio agente. Ma se alcune storyline seguono più fedelmente gli episodi di Dix Pour Cent, come la 1×03, incentrata su un Pierfrancesco Favino (corrispettivo di Jean Dujardin) bloccato nel ruolo del suo ultimo personaggio interpretato, Ernesto Che Guevara, o la 1×05 su uno stakanovista Stefano Accorsi (corrispettivo di Isabelle Huppert), altre se ne distaccano quasi completamente.

Con il procedere della stagione, infatti, Lisa Nur Sultan non esita ad allontanarsi sempre di più da quanto visto in Call My Agent Francia, con grande creatività: è così che ritroviamo come “caso della settimana” Matilde de Angelis, incentrato sul tema della suscettibilità dell’opinione del pubblico e la pressione dovuta dalla paura di violare quello che è definito generalmente come “politically correct“, sullo scherzare su ciò che è considerato tabù e sulle conseguenti e terribili shitstorm ispirate alla realtà. Che dire poi della straordinaria seconda puntata incentrata attorno sulla figura dell’inimitabile regista Paolo Sorrentino, che finge di provare a pianificare un sequel di The Young Pope e The New Pope, ossia The Lady Pope, con protagonisti Ivana Spagna e Denzel Washington? Non parliamo poi del finale di stagione, un’incredibile puntata di altissima comicità del tutto originale che gioca con la bravura del grande Corrado Guzzanti nei panni di sé stesso a fianco di una strepitosa Emanuela Fanelli nel ruolo della mediocre Luana Pericoli, che diventa musa di Quentin Tarantino per diventare la Fleabag italiana.

Ma l’Italia è anche il Paese in cui per una ragazza nera sembrerebbe non esserci posto da attrice, salvo improvvisi ripensamenti. È il paese del caffè e degli incredibili scorci su Roma, di Alberto Angela e di tanta passione.

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Pierfrancesco Favino (640×360)

Tra citazioni alla nostra storia, alla nostra cultura e grazie a una satira pungente ma mai eccessivamente pesante, Call My Agent Italia dimostra un brio e un’ironia ben più marcata che non può che distanziarsi dalla forse più raffinata e composta versione francese e che la fanno senza dubbio emergere come una tra le serie più avveniristiche del nostro Paese e come uno show dal grandissimo potenziale. Un vero e proprio colpaccio per Sky e un modello di resa da prendere come esempio di eccellenza, a prova che, con una giusta direzione, l’Italia potrebbe davvero trovare vasto terreno fertile dedicandosi ad altri esperimenti di questo tipo: noi non aspettiamo altro, e voi?

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