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Lettera di Walter White ad Heisenberg

Questa è una lettera di un uomo che la spedirà al suo stesso indirizzo: tutto ciò che Walter White avrebbe da sempre voluto dire ad Heisenberg!

Salve.

Non sono del tutto certo che mi conosca, perciò per prima cosa mi presenterò: sono Walter White, un umile insegnante di chimica con baffetti e occhialoni d’ordinanza, marito di Skyler, una moglie stupenda e padre di due figli, Junior e la piccola Holly. Che Dio li benedica.

Sono cresciuto in California, in gioventù ero un ragazzo molto promettente, preparatissimo nel mio settore (ho collaborato alla conquista del Premio Nobel nel 1985) e pieno di energia, ma quando si è trattato di spiccare il grande salto…il destino ha preferito sorridere ad altri.

La società che io stesso avevo fondato e dalla quale ero successivamente uscito è fiorita sul terreno che avevo personalmente coltivato, arricchendo a dismisura coloro che diversamente non sarebbero andati da nessuna parte, mentre io da casa assistevo all’ascesa di Gretchen ed Elliott.

Ironico vero? Per me non lo è stato, anzi, da lì in poi la mia vita è sostanzialmente andata in malora se paragonata a quella che potenzialmente potevo avere.

Sono diventato uno squallido professore di uno sperduto liceo del New Mexico, costretto a lavorare in un autolavaggio per arrotondare e perennemente posseduto da un piattume e una sciatteria in cui mai mi sarei immaginato di incombere solo qualche manciata di anni prima. Mi è persino venuto il cancro, che per poco non mi ha fatto secco…e forse sarebbe stato meglio così.

Si perché la parte veramente ironica arriva adesso: la malattia, gli insuccessi, le umiliazioni, la depressione, gli studenti saccenti e la mia famiglia disadattata costituiscono qualcosa di estremamente migliore rispetto all’unica vera sventura che mi sia mai capitata, ovvero la stessa che mi ha ucciso.

Lei.

Lei che in realtà sa perfettamente chi io sia e tutto ciò che mi ha fatto, tuttavia ho preferito riaffermarlo con fierezza, poiché è ovvio che la sua follia gliel’ha fatto scordare. 

Walter White

Heisenberg, è così che le piace farsi chiamare dico bene?

Per sfuggire all’imbarazzo di non avere un nome ha preferito rifugiarsi nella fisica, la disciplina dell’arroganza appartenuta a uomini come Rutherford che disse: “Nella scienza esiste solo la Fisica; tutto il resto è collezione di francobolli“. La sua medesima impostazione mentale, che prevede un unico e incontrastato protagonista…

Non mio cognato Hank, un uomo gargantuescamente insopportabile e altrettanto onesto, il quale l’ha combattuta per anni in nome di ciò che è giusto e che è stato ripagato con un proiettile.

Non quella povera anima di Jesse, un ragazzo che avrebbe potuto essere qualsiasi cosa e che è stato costretto a percorrere la strada sbagliata, che l’ha portato su una via peggiore fino a giungere ai cancelli dell’inferno, schivandoli per un pelo, ma non senza conseguenze terribili per ciò che a quel punto rimaneva del suo cuore.

Non i vari uomini crudeli contro cui si è messo, caduti uno ad uno sotto i colpi incessanti della sua scure cristallizzata, non prima di aver arrecato danno a moltissime persone a cui io tenevo o che comunque erano innocenti.

Non io, Walter White, ingenuamente sedotto dalla rivincita sulla sorte che mi aveva promesso e da tutto ciò che di buono mi ero illuso di poter fare con quel denaro grondante di sangue che affluiva a fiumi in una casa oramai divenuta tempio per i reietti ed i folli.

Lei, solo ed esclusivamente lei domina il palco sotto quell’occhio di bue, intento ad affermare quella maledetta superiorità con i suoi aforismi improvvisati e l’applicazione distorta di un’arte che io ho lavorato tanto per padroneggiare, ma nella quale Heisenberg ha visto un margine di guadagno e se n’è impossessato come un accolito della magia oscura avrebbe fatto col Grimorium, condannandoci tutti.

Walter White

Infischiandosene delle conseguenze e tralasciando per un attimo il dettaglio che tutto ciò è costato la vita a entrambi, lei è riuscito ad ottenere una vittoria sporca, ingiusta e sinistramente schiacciante, ma anche portatrice di un grande significato simbolico: se vuoi, puoi. Sempre. 24h al giorno, 7 giorni la settimana, vacanze di Natale comprese.

Heisenberg l’ha voluta più di me che, costantemente spaventato dall’incubo di rovinare tutto ancora una volta, accecato dalle ricchezze e ammansito dal lusso di avere qualcuno disposto a prendere le decisioni al mio posto, mi sono ritirato dal campo di battaglia facendovi poi ritorno troppo tardi, quando entrambi eravamo già finiti nell’aldilà, il luogo da cui le scrivo queste parole.

Avevo bisogno di farlo. Riappropriarmi di uno spazio tutto mio per riprendere in mano il timone e finalmente far sentire la mia voce, rimasta colpevolmente cheta mentre davanti ai miei occhi si compiva tutto ciò che non avrei mai potuto prevedere, evitare o…sognare.

Si perché dopo lo sfogo ecco che sopraggiunge la contemplazione e subito dopo quel pizzico d’invidia per un uomo che ha realizzato tutto ciò che ho sempre voluto dannatamente fare, ciò a cui ero destinato fin dai tempi del College e che se è vero come è vero che io e lei siamo una cosa sola…forse avrei davvero potuto mettere in atto, anche se con le mie modalità e le mie regole.

Il successo, l’importanza, il riconoscimento, la gloria, il timore reverenziale. Potevano essere di Walter White e non di Heisenberg.

Dopo aver riletto questa mia, averne riassaporato l’incoerenza ed esserne relativamente sorpreso, mi congedo da lei con una considerazione affiorata nella mia mente un attimo prima di un ultimo, sentitissimo insulto: Ernest Rutherford era anche un chimico. 

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