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L’importanza di chiamarsi Walter White

Ognuno di noi si chiama Walter White. Possiamo essere Bryan Cranston, Hank Schrader oppure Antonio Casu, ma la sostanza non cambia. Il nome non è un’etichetta, è semplicemente un nome. Un’identificazione formale, non sostanziale.

Ognuno di noi ha l’occasione unica e irripetibile per diventare Heisenberg. Nel momento in cui trasformiamo l’ordinario in straordinario e perseguiamo con determinazione i nostri sogni, nasce una leggenda. Piccola o grande che sia.

Walter White è uno dei nomi più banali che si possano trovare negli Stati Uniti. Se Breaking Bad fosse stato prodotto in Italia, il protagonista si sarebbe chiamato Mario Bianchi. Oppure Giuseppe Rossi. Uno dei personaggi più straordinari nella storia delle serie tv ha un nome incredibilmente ordinario. E non è un caso. Affatto. La sua e le nostre vite non sono mai frutto esclusivo del caso. La vita, la morte e il loro perenne ruotare costituiscono un cerchio dentro il quale chiunque può essere un signore supremo.

Uno, nessuno e centomila Walter White

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Quello che segue non è l’elogio di un folle che si inventa produttore di metanfetamine a 50 anni, ma di un uomo che ha capito chi potesse essere realmente nei minuti di recupero della sua vita. Ognuno di noi ha un sogno nel cassetto e un talento da coltivare. Che sia la fisica, la scrittura, un’arte qualunque o uno sport, chiunque è in grado di eccellere in qualcosa. È sufficiente capirlo e combattere fino in fondo.

Per esempio, Walter White era un chimico eccezionale. Un genio pazzesco. Ma non aveva mai avuto la forza di salire sul treno giusto e fare di se stesso una pagina di storia. Il suo vagone da prendere al volo era la Grey Matter Technologies. Aveva avuto l’idea giusta al momento giusto, però si era ritrovato a 50 anni senza un soldo in tasca e una valigia di rimpianti tra le mani. Che amarezza. Aveva una vita invidiabile dai più, costruita su una famiglia meravigliosa e la stima assoluta di colleghi e amici, eppure non era la vita che voleva. Per molti sarebbe quello il grande sogno, il vero talento da coltivare, ma non per lui. Non solo quello, almeno. Walter White aveva molto altro per la testa: una voglia di rivalsa incredibile, un fantasma dentro di lui e un seme germogliato nel bel mezzo del cammino della sua vita che si è trasformato in un tramonto all’ombra di un cancro incurabile. Voleva essere qualcuno, mettendo in pratica ciò che più amava.

Solo in quel momento una vita ordinaria è diventata straordinaria. Come se si fosse innescata la reazione chimica decisiva. In un attimo, un Walter White qualunque ha concepito l’idea di poter diventare un Heisenberg unico. E questa potrebbe essere la storia di ognuno di noi.

Uno, nessuno e centomila Heisenberg 

White

È una questione di determinazione e di nobile cinismo nei confronti della vita: ci sono molte strade percorribili per raggiungere l’obiettivo agognato e Walter White ha preso quella sbagliata, ma ha avuto il coraggio di scendere da un’utilitaria e salire in una carismatica auto da corsa. L’ha fatto a carissimo prezzo, finendo per perdere tutto quello che aveva costruito in precedenza, però la sua coscienza, l’occhio vigile col quale ha fatto i conti più e più volte, non l’ha mai portato a pentirsi del tutto. Se avesse avuto la possibilità di conoscere il finale della sua storia prima di averla scritta, probabilmente avrebbe rifatto tutto quello che ha fatto.

Walter White, accecato dalla necessità di prendersi una rivincita nei confronti della vita, ha concepito una lucida follia. Ha assecondato il suo sogno, a prescindere dagli stereotipi comuni. Chissà se ha mai considerato quanto fosse invidiabile la sua vita prima di diventare Heisenberg. I coniugi Schwartz, per esempio, hanno avuto miliardi di dollari ma neanche un figlio: chi può affermare che non abbiano invidiato Walter almeno una volta per questo motivo? Probabilmente non è così, ma in fondo conta relativamente: non è importante quanto sia grande il proprio sogno e quanto sia smisurato il proprio talento da coltivare. Quello che conta è concretizzare la massima ambizione che ci siamo prefissati. Questa è l’unica impresa eccezionale.

I libri di storia non riporteranno mai gli Hank Schrader e parleranno sempre degli Heisenberg, ma anche questo non è importante. Hank è morto con la consapevolezza di aver fatto tutto quello che voleva fare. Vedendo il mondo dalla sua personalissima prospettiva, Hank è stato l’Heisenberg che ha sempre desiderato essere. Tutto quello che diventa straordinario per noi, è di per sé straordinario. Il resto è sterile retorica.

Pensate che esistono tanti giovani scrittori che coltivano il sogno di diventare grandissimi autori. Oppure attori che si portano dietro per una vita dei ruoli banali e sono poi capaci di interpretare magistralmente dei personaggi maestosi della storia seriale. Le manie d’onnipotenza di Walter White sono leggibili solo ed esclusivamente in quest’ottica. Condivisibili o meno che siano, una cosa è certa: Walter White non è un semplice personaggio. È un esempio di vita. Di conseguenza, Breaking Bad non è una serie tv. È un’esperienza di vita. L’esperienza che può vivere ognuno di noi, se vuole, a prescindere dal prezzo da pagare. Non esistono rivoluzioni senza un contrappasso, d’altronde. Il libero arbitrio è l’arma più grande che abbiamo a disposizione. Ognuno di noi nasce Walter White e parte dagli stessi presupposti, indipendentemente dallo status sociale ed economico dei nostri genitori. Solo pochi riescono a diventare Heisenberg. Solo pochi riescono a plasmare fino in fondo la propria identità. E nelle nostre vite, è questo l’aspetto più importante. Forse l’unico.

Antonio Casu