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La vecchia Black Mirror è l’icona del tecnopessimismo

L’era di Black Mirror sembrerebbe essere arrivata quasi al “capolinea”. Sono cambiati i suoi temi, è cambiata la sua narrazione e forse ad essere cambiato è anche ciò che la gente si aspetta. La sesta stagione è in arrivo, ma l’hype attorno a questo prodotto che ha fatto la storia non è più quello di una volta.

Eppure non sempre è stato così. C’è stato un tempo in cui Black Mirror era una vera e propria icona nel panorama del piccolo schermo. Un pensiero costante e martellante. Un’angoscia perenne in grado di travolgere, colpire, spezzare ogni certezza e convinzione.

A quel tempo, quando la produzione era ancora di Channel 4, il pessimismo la faceva da padrone assoluto. Ogni episodio lasciava senza alcuna via di fuga, senza la minima traccia di speranza o di rivalutazione. Nulla di tutto questo. La distopia strisciava come un serpente in cerca della sua preda, a ogni inquadratura, gesto e avvenimento che ci si parava di fronte agli occhi.

Il tema principale è sempre stato la tecnologia e, intorno a esso, si è costruito un cammino tortuoso nel cui epilogo non esistono vincitori, ma solo vinti.

In questa parabola discendente vediamo quanto la speranza di poter aver qualcosa di migliore, o poter riabbracciare un nostro caro, si trasformi in un perverso gioco, pilotato dal destino.

Per Black Mirror, l’impatto della tecnologia sulla vita dell’uomo è assolutamente negativo. Partiamo con l’esempio di Messaggio al primo ministro in cui la forza dei social scavalca completamente il virtuale per distruggere la vita di un uomo.

Quando il ministro decide di non volersi piegare alle folli richieste del ricattatore, tutti contribuiscono a demolire la sua immagine pubblica, dalla stampa, passando per il popolo, e arrivando alla famiglia. Una volta che con rassegnazione accetta ciò che dev’essere fatto per salvare la principessa, la sua immagine pubblica viene immediatamente restaurata dai media, ma l’elogio non servirà a evitare la condanna di una vita privata distrutta per sempre.

Black Mirror

In tal senso questo episodio è un perfetto esempio di pessimismo legato alla tecnologia. Pensiamo al fatto che è un episodio che potrebbe benissimo verificarsi anche domani, dato che si parla di media e social. Inoltre, questa immagine pubblica di noi stessi è un’illusione che spesso nasconde ben altre cose nel privato. Un’illusione che dobbiamo alimentare per non sfigurare, per essere all’altezza di qualcun altro e agli occhi di un “mondo” pronto a giudicare.

Per fare un altro esempio potremmo citare Torna da me, in cui il sogno dell’umanità di sconfiggere la morte, si trasforma nel peggiore degli incubi.

Il desiderio di riabbracciare chi amiamo deve necessariamente oltrepassare i confini dell’etica e del buonsenso, per entrare in un campo in cui non ci sono regole. Scansionare le memorie di qualcuno che è stato al nostro fianco e impiantarle su un corpo finto può essere una piacevole illusione, ma è l’apoteosi del concetto pessimistico, in cui non si riacquista davvero nulla di ciò che si voleva riavere.

Non si riacquista l’amore, non si riacquista la sicurezza perduta, e per ultimo non si riacquista la persona stessa. Tuttavia il peso che ci si porta dietro è talmente grande da tenerlo per sempre vivo, chiuso dentro una soffitta, una condanna che si è condannati a pagare per il resto della propria vita.

Black Mirror

E poi abbiamo uno degli esempi più strazianti e lampanti del pessimismo tecnologico nella Black Mirror di Channel 4. Il titolo che forse demolisce più di altri è White Christmas. L’episodio uscì come speciale di Natale (giusto per rendere gioiose le feste), e presenta uno degli argomenti più cari alla serie, sviluppata (con alterne fortune) anche dalla nuova serie nell’era Netflix: l’intelligenza artificiale.

Anche in questo caso abbiamo una storia che, per alcuni aspetti, è alquanto plausibile: sono piuttosto recenti le intelligenze artificiali che governano la casa del proprietario. Qui però abbiamo un vero e proprio clone che vive in un non-luogo tecnologico e che viene costretto a lavorare per il suo proprietario tramite coercizione e tortura. Un vero incubo: pensate a cosa significa stare in completo isolamento, in una stanza bianca, per migliaia di anni! Il tema dei diritti delle intelligenze artificiali umanoidi, con comportamenti più simili all’essere umano che a un semplice device tecnologico, diventa centrale in Black Mirror, mostrandoci una tecnologia che schiavizza esseri umani e macchine in egual maniera.

Questo tema, come dicevamo, è stato ripreso più volte dalla nuova Black Mirror, arrivando a saturarsi e a esaurire il suo potenziale di riflessione e inquietudine, facendo diventare la serie quasi la parodia di se stessa: pensiamo a episodi non riuscitissimi come Black Museum, Striking Vipers e il criticatissimo Rachel, Jack and Ashley Too.

Ma questa è la nuova Black Mirror, ed è tutta un’altra storia.

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