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L’importanza decisiva del simbolismo del blu in Breaking Bad, El Camino e Better Call Saul

Attenzione: evitate la lettura se non volete imbattervi in spoiler su Better Call Saul, El Camino e Breaking Bad

“Non c’è blu senza giallo e senza arancionee se si aggiunge del blu, bisogna aggiungere anche del giallo e dell’arancione“, diceva tanto tempo fa Vincent van Gogh in una delle citazioni più popolari nella storia della pittura. Una delle più popolari e una delle più essenziali, foriera di una nozione appresa anche da chi non abbia mai preso un pennello in mano. Un’elementare combinazione, tuttavia, cela un’insospettabile profondità: quel genio Van Gogh voleva dirci altro e qualcun altro altrettanto geniale, a un certo punto, ha trasposto la nozione in una delle migliori serie tv di sempre. Una di quelle serie tv che non sono mai solo una serie tv. E in cui un colore non è mai solo un colore.

Non solo un vezzo estetico. Non solo un’operazione espressiva mirata ad allietare gli occhi di chi ammira un’infinita sequenza di dipinti in movimento che, uno dopo l’altro, compongono un inestimabile mosaico di fotogrammi. Macché, non solo: se si parla di Breaking Bad e Better Call Saul (ma anche di El Camino), ogni colore racconta una storia. E nel raccontare una storia mette un segno. Col segno che diventa un poi simbolo replicabile nelle forme più disparate, fino a generare un intreccio complesso che si dipana attraverso dettagli apparentemente insignificanti.

Chi conosce a fondo Breaking Bad sa bene che non stiamo dicendo niente di nuovo: le teorie sul simbolismo cromatico che caratterizza ognuno dei personaggi e un’infinità di situazioni chiave si sono consolidate nel tempo e hanno trovato impugnabili conferme, valorizzando ancor più un’opera magna della serialità mondiale. Anche noi ne abbiamo parlato e riparlato in svariate occasioni, anche attraverso dei confronti piuttosto arditi tra le camicie indossate da Walter White e le t-shirt indossate da Sheldon Cooper, ma la ramificazione di per sé preziosa che caratterizza Breaking Bad ha poi trovato l’ideale prosecuzione in Better Call Saul. In questo senso, le esplorazioni teoriche sul simbolismo cromatico sono più limitate, ma non per questo meno decisive. Perché se si osserva tutto con la sufficiente attenzione, diventa evidente l’individuazione di elementi altrettanto raffinati. A partire dal colore che più di ogni altro caratterizza la narrazione del prequel-sequel dedicato a Saul Goodman: il blu.

Un colore che attraversa i confini del tempo e dello spazio per unire lo spin-off alla serie madre. E lo spin-off all’altro spin-off di Breaking Bad, il sequel El Camino. Con una ridefinizione dei confini della giustizia e della purezza tra le regole dei sogni e quelli della morte, frammenti pressoché utopici di una realtà devastata dalle storture e le perversioni del genere umano. La congiunzione di personaggi solo apparentemente distantissimi, uniti da un destino comune scritto con le proprie mani.

Better Call Saul

La riflessione nasce con la nascita di un fiore. Il fiore blu che nel terzo episodio della sesta stagione di Better Call Saul chiude la straordinaria sequenza iniziale che evoca la successiva dipartita di Nacho Varga. Una sequenza allegorica ben illustrata dal nostro Emanuele Di Eugenio nella recensione della puntata (la trovate qui) e dallo stesso Michael Mando, meraviglioso interprete di Nacho. Una di quelle sequenze dalle sterminate chiavi di lettura, interpretazioni che si sovrappongono per dare vita all’ennesimo racconto dentro il racconto. Con un elemento tra i tanti non sottolineato a sufficienza: il fiore che segna la rinascita dopo la morte è blu. Il blu, unito al bianco dell’ultima maglietta indossata da Ignacio, rappresenta quindi la vita, una resurrezione, la sublimazione della sofferenza di un martire che, dopo una vita di errori, si è immolato per salvare la vita di un padre innocente. Un sacrificio che rimanda per certi versi alla simbologia cristiana, presente in un dettaglio nell’officina del meccanico che lo accoglie dopo la fuga disperata dai Salamanca. E che dall’Inferno del deserto messicano lo porta poi verso il Paradiso della redenzione, guidato dalla figura quasi mistica di Mike Ehrmantraut.

Le ultime ore di vita di Nacho ridefiniscono quindi la sua intera esistenza e fissano una volta per tutte il parallelismo con un altro personaggio iconico di Breaking Bad: Varga si trasforma, in qualche modo, nel Jesse Pinkman di Better Call Saul. In un totale capovolgimento dei ruoli, Breaking Bad diviene Breaking Good. E seppure con un esito completamente differente, il percorso finale di Ignacio si sovrappone a quello affrontato dall’allievo di Walter White negli ultimi episodi della serie madre e in El Camino. Anch’esso pregno di una simbologia religiosa esplicita che lo martirizza per poi regalargli una seconda vita. Una rinascita, stavolta reale, tra le nevi di una terra lontana. Dominata dal candore del bianco delle nevi e dalla purezza di un blu che si staglia dolcemente su un cielo pulito. E con maggiore decisione nei toni dell’auto che guida nel finale della pellicola, mentre corre via verso la tanto agognata libertà.

Better Call Saul

Il blu di un fiore e quello di un cielo finalmente spoglio di nuvole, ma anche il blu dell’acqua. Blu nella notte, immerso in una luce che rappresenta un faro nell’oscurità di un mondo senza più speranza. Il blu illuminato dalle luci della sera diviene quindi l’elemento di cui si nutre una vita ormai persa, un’oasi nell’inquietante deserto del Nuovo Messico. Il blu di una piscina, in cui l’impurità dei sogni di Walter White, incapace di immergersi dentro una sola volta e perso nei suoi pensieri, fuori da essa, in una miriade di occasioni diverse, si contrappongono agli incubi mortiferi della sua prima vittima, la moglie Skyler. Ricordiamo tutti la sua immersione improvvisa e devastante nel quarto episodio della quinta stagione di Breaking Bad, lo sgomento di chi assisteva alla scena e l’incredulità di chi l’ha strappata dalla braccia della morte a pochi passi dall’oblio. Immersa nell’acqua, Skyler cercava una libertà che solo l’ultimo respiro avrebbe potuto regalarle. Mentre Walter, inerme, trovava nei sogni più perversi l’immersione ideale. Dentro la purezza del blu acceso che caratterizza la sua creatura prediletta, la blue meth che ha trasformato l’umile insegnante di chimica in un maestro del male.

Better Call Saul

Una purezza accarezzata che lo accoglie in un ventre insano e lo coccola nel riflesso di una gloria effimera, una giustizia divina tutta sua. Accarezzata con un rimpianto tra le note di Baby Blue che accompagnano l’ultimo atto, mentre i poliziotti di Albuquerque illuminano il suo corpo ormai esanime e lo colorano di blu con l’accensione delle torce. Dopo aver sfiorato per una vita la grandezza, riflessa nell’acqua di un’altra piscina, quella dei tanto odiati coniugi Schwartz. Una piscina in cui Walter White, con indosso una goffa cravatta azzurra e accompagnato da una Skyler di blu vestita, aveva visto riflessa su di sé tutta la percezione di mediocrità che l’ha poi portato a riscrivere la sua vita. I sogni di rivalsa e la deriva nella ricerca di una strada personalissima verso la giustizia di un destino mai definito fino in fondo si uniscono quindi alla ricerca costante di una rinascita. Sia essa attraverso una nuova vita o attraverso la morte, nel segno di un blu che accompagna ogni momento topico con dettagli che emergono solo agli occhi degli spettatori più attenti. Un po’ come si potrebbe affermare a proposito di Gus Fring, che nel bordo di una piscina baciata dalle scintillanti luci del giorno ha prima trovato la brusca interruzione dei sogni più innocenti e poi la glorificazione di quelli più brutali, macchiati dal sangue della vendetta. Rinato anch’esso, dopo la morte del compagno di una vita. E una volta ancora dopo quella dei suoi peggiori nemici.

Dentro il blu dell’acqua di una piscina, perché il mare non c’è. Oppure di un acquario che illumina con la sua luce decisa e allo stesso tempo soffusa un soggiorno sempre più immerso nell’oscurità. Quello di Jimmy McGill e Kim Wexler, la cui paternità e la maternità di due pesci rossi ne incarnano in qualche modo l’essenza. Fino a sovrapporsi con essi, tra gli ultimi barlumi di una purezza ormai perduta, strappata via dalla ricerca di una scorciatoia per la rivalsa. Un blu a cui aggrapparsi disperatamente, in un acquario che nella sua infinità microcosmica si riduce a una gabbia in cui loro stessi si sono intrappolati, attraverso scelte dalle conseguenze irreversibili. Quel che resta di Jimmy, Kim e le loro coscienze è tutto dentro quel piccolo specchio d’acqua blu, da proteggere a ogni costo nella vana illusione di esser ancora sulla retta via e non esser invece ormai compromessi. Da proteggere persino di fronte alla minaccia di Lalo Salamanca, nel momento in cui irrompe nel loro appartamento con le peggiori delle intenzioni: Jimmy, inerme di fronte a lui, reagisce solo quando in cui il boss messicano picchietta irriverentemente contro il vetro dell’acquario, quasi volesse proteggere quel poco che resta della sua anima. Ma l’acquario non è il mondo, non lo è mai stato: nel mondo saranno sempre Saul e Giselle ad avere la meglio.

Già, Giselle. Di blu vestita, in ogni singola situazione per anni. Se notate, nella stragrande maggioranza delle occasioni in cui la vediamo, quasi la sua totalità. Come Kim, la stessa donna. Una donna completamente diversa, il suo lato oscuro. La donna che più di ogni altra incarna nel macrocosmo di Breaking Bad e Better Call Saul l’essenza del misterioso colore. Ne rappresenta la purezza, ma anche il senso di giustizia, l’essere altro all’interno di un mondo che sembra voler parlare una sola lingua. La costante necessità di redenzione a fronte di un dilemma morale che pare averla ormai fagocitata. Verso la via sbagliata, quella di Heisenberg. Quella di Giselle, che trova se stessa non nell’acqua di una piscina o di un acquario, ma in una tequila, lo Zafiro Añejo (ne avevamo parlato diffusamente in questo pezzo), la cui bottiglia non poteva non essere blu. Blu zaffiro, l’ennesima tonalità di un colore che esprime la sua anima in ogni singola sfumatura.

Un colore che incarna, basilarmente, un concetto che ci porta a svelarne il significato più profondo nell’unione di situazioni e personaggi che sembrano esser in qualche modo incongiungibili: la rinascita, la ricerca di giustizia e della purezza, vera o apparente. “Breaking Bad”, nel momento in cui Kim si trasforma in Giselle, Jimmy diventa Saul e Walter White Heisenberg. Oppure “Breaking Good”, levandosi di dosso la sporcizia del mondo per ripulire la propria coscienza. Come ha fatto Skyler dentro quella piscina, e soprattutto i “martiri” Jesse e Nacho. Non vittime ma carnefici redenti, pedine di un sistema più grande di loro che a un certo punto hanno deciso di affrontare a testa alta. E in qualche modo piegare. Anime pure seppure imperfette in direzione ostinata e contraria, anche di fronte allo spettro della morte.

Nel segno del blu, quello della resurrezione, che assume le forme più disparate nella rinascita. Ma anche del giallo e l’arancione ormai lasciati alle spalle, nella contrapposizione voluta dalla teoria più popolare sul simbolismo cromatico di Better Call Saul, quella del ghiaccio e del fuoco, secondo cui i colori freddi sarebbero usati da chi segue le regole (soprattutto della legge, ma non solo) e quelli più caldi da chi invece le infrange. Niente di più vero. Perché sì, in questo mondo esistono solo anime grigie che cavalcano le barricate cromatiche tra i mille bivi morali delle loro vite. E non può esserci blu senza il giallo o l’arancione, come ci insegna Van Gogh. Come hanno ribadito Gould e Gilligan, attraverso la trasformazione di un fiore nel deserto in un racconto perfetto. E un colore, il blu, nell’anello che unisce i vizi alle virtù umane in un nuovo capitolo da riscrivere giorno dopo giorno, senza mai mettere un vero punto. Senza un vero giudizio, se non al cospetto della nostra stessa figura. Definendo solo a quel punto il dilemma di un’intera vita: Breaking Bad o Breaking Good. La risposta, quella vera, è tutta dentro di noi.

Antonio Casu

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