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Che fine hai fatto, Archer?

Stagioni composte da una decina di episodi l’una e puntate della durata di 20 minuti circa sono stati per anni, dal 2009 ormai, il contagocce con cui ci rapportavamo a ogni singola puntata e a ogni divorata stagione di Archer. La versione fessa di James Bond ci ha completamente rapiti di minuto in minuto accompagnandoci per mano nel suo folle mondo di spie senza cervello ed evanescenti nemici. Non avevamo bisogno di villain da temere, ci bastava Archer, in tutta la sua incontenibile essenza. Vanesio, noncurante, talvolta spietato: un indomabile idiota di cui chiunque, dopo la sola vista di una manciata di puntate della serie tv animata, non riesce più a fare a meno. Davvero. Non riesco a ricordare le prime stagioni di Archer se non accompagnandole all’incessante frenesia con cui mi approcciavo alla loro visione. Vi capita mai di venire completamente assorbiti dalla visione di una serie tv tanto da guardarla sul pc – fino a scaricarlo –, e poi sul tablet – stessa fine – e poi sul telefono – manco a dirlo – e poi su qualsiasi altro dispositivo elettronico capace di connettersi a internet? Le prime stagioni di Archer mi facevano questo effetto qui. Eppure è una comedy, eppure è una serie tv animata per adulti, eppure la vedi come è disegnata? E’ quasi disturbante. Eppure, cavoli, una cosa così geniale non la si vedeva da tempo.

Archer
Archer (640×360)

Nome in codice: Duchessa. Starling Malory Archer è considerato l’agente più pericoloso del mondo, anche se non lo si direbbe mai a giudicare da come si trascina nella sua esistenza: tra una conquista di una notte, indicibili fiumi di alcol e la fissa per i giocattoli spia per i quali sarebbe in grado di indebitarsi pur di possederne l’ultimo modello.

Pensare di basare una serie tv comedy su una spia imbecille è già una sfida di per se ardua, ma costruirci su una serie tv animata per adulti sembrava impossibile. Anche ora, mentre lo scrivo mi sembra assurdo. Immaginatevi Adam Reed, creatore della serie tv, con il suo soggetto in mano, mentre bussa alle porte di FX sperando che piaccia e che qualcuno finanzi la sua grande idea. A leggere superficialmente la sinossi, quella di Archer sembra la trama del nuovo sconclusionato thriller di Nick Miller, se Nick Miller fosse stato un geniaccio.

Prima agente segreto sotto copertura, poi trafficante di droga, contraente della CIA, investigatore privato, aviatore e infine anche comandante di navi spaziali: dalle molteplici vite come altrettanto molteplici sono state le ambientazioni delle sue ormai 13 stagioni, Archer e la sua banda sono passati attraverso universi e tempi vicini e lontanissimi tra loro, riuscendo a reinventarsi sempre. Il malleabile e instabile mondo di Archer ci ha fatto sognare confondendoci un po’, come quando si beve un Moscato zuccherino nel dopo cena di una lunga festa. Un attimo prima ci trovavamo avvolti in una scintillante e seducente atmosfera noir, in una Los Angeles del dopoguerra, e quello dopo ritrovavamo i protagonisti della serie con tute da astronauta, prigionieri di una navicella spaziale che vaga senza meta. E poi il coma di Archer, le perdite di memoria, il disturbo da stress post-traumatico, il sosia di Archer, la nemesi di Archer e quella volta in cui Krieger venne sostituito da un’ara scarlatta in Archer Danger Island.

Archer
Archer (640×360)

Ed era tutto così frenetico, sopra le righe, estremo al punto da fare il giro e diventare icona; scalmanato, esaltato, una cosa che se non l’avessi vista con i miei occhi non avrei mai creduto avrebbe potuto funzionare. E Archer funzionava, eccome se funzionava. Incensato dalle percentuali di gradimento di Metacritic e Rotten Tomatoes e celebrato dalle ben 30 candidature e 12 premi vinti nei maggiori premi di settore. Archer faceva faville tra pubblico e critica non dividendo i consensi ma anzi, accogliendoli sotto lo stesso tetto di benevolenza, tutto fino al 2018. Poi più niente. Il clamore si è fatto sussurro e di candidature non se ne è più sentito parlare. Dopo Archer Danger Zone, la nona stagione, la serie ha perso quota lasciando alle sue spalle gli eccellenti voti dei maggiori siti di aggregamento di recensioni, abbracciando, con un certo fastidio votazioni poco più che sufficienti, voti che qualsiasi altra serie tv banale avrebbe raggiunto senza alcuna fatica.

Non so bene se il mito di Icaro ben si confà a quello che Archer – la serie – ha fatto ad Archer – Duchessa – però di certo un po’ ci assomiglia. Siamo giunti alla nona stagione più stanchi rispetto a quelli che eravamo nei primi quattro anni dal debutto della serie, stanchi ma non di certo sfiniti, quello no. Eppure con il passare delle puntate della decima e della undicesima stagione abbiamo fatto sempre più nostro quel fastidioso sentimento che si insinua quando qualcosa che prima amavamo comincia a non avere più lo stesso gusto. Archer ha cominciato ad appesantirci nella sua visione con quella stessa velocità che un tempo trovavamo galvanizzante mentre la serie ci rapiva con la sua brillante e irripetibile ironia. I venti minuti di ogni singolo episodio che un tempo ci sembravano fugaci e mai abbastanza per saziarci del tutto, con il tempo sono diventati il logoro e spasmodico controllo della linea sottostante l’episodio, ‘quanto manca?

Archer
Archer (640×360)

E non lo avremmo mai voluto, non lo avremmo mai sospettato, ma purtroppo qualcosa ormai cinque anni fa si è rotto, forse irreparabilmente, o forse no. In cuor mio, spero che la quattordicesima e ultima stagione possa smentirmi, pregherei purché accadesse, e quanto amerei sbagliarmi ritrovando per un’ultima volta quell’idiota di Archer come lo ricordo e lo ricordiamo tutti.

E’ stato forse quel repentino cambio di ambienti a spaventarci un po’: va bene LA, va bene l’isola tropicale ma dove sono finite le lunghe e mai noiose giornate passate in ufficio tra un ‘LANAAAAAAAAAA’ e una sparatoria improvvisata tra i corridoi dell’International Secret Intelligence Service? E’ come se, e lo dico solo con il senno di poi, riavvolgendo il nastro degli ultimi anni trascorsi a guardare Archer, i continui cambi di location si siano intersecati come dei continui spin-off. Avete presente quel gioco della Nintendo dal titolo ‘Giulia passione..’ che si delineava in vari giochi, uno con una passione diversa da esplorare: Giulia passione cucina, Giulia passione manicure, Giulia passione polizia finanziaria, insomma quella roba lì. Ecco, Archer dal 2018 in avanti è come se fosse finito nel turbinio delle sue stesse passioni, di quegli spin-off inarrestabili che hanno finito per inglobare in se la stupida essenza del nostro James Bond sui generis. E ci ha fatto ridere, meno di prima ma l’ha fatto, ma non era più la stessa cosa. Non per me almeno.

Archer, però, non ha mai dovuto andare nello spazio per piacerci: gli bastava stare nel suo studio a fare nulla nella maniera più pericolosa possibile o salvare il mondo in modo del tutto casuale, ma grandioso.