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Perché dovreste assolutamente guardare Absentia

I traumi non iniziano mai allo stesso modo, quello che non cambia è il senso di una distruzione imminente, come se si potesse guardare il dirupo per un solo istante, giusto il tempo di accorgersi del panorama, e non si facesse in tempo a fermare la caduta. Da qui, siamo consapevoli di tutto, di ogni piccolo dettaglio di tempo, dello spazio che si riduce, della fragilità di quello che siamo.

Perché non è in questi momenti che ‘ci passa davanti tutto il tempo vissuto’. Qui sappiamo solo che qualcosa finirà, che non potremo guardare più la nostra vita e sperare il nostro futuro come siamo stati abituati a fare. Da qui, con un solo passo, si diventa grandi. È questo il punto in cui ironicamente e testardamente associamo il salto con qualcosa di poetico, ci distrugge anche solo il fatto di pensare al trauma come qualcosa di sarcastico, cosa fai? Stai davvero pensando che grazie a questa distruzione potrai sentirti almeno un po’ più vicino ai poeti? Credi di poter essere felice solo perché ci sono passati tutti e mancava solo a te?

Eppure sai quanto sarai triste quando finalmente toccherai l’acqua e comincerai ad affondare. Quando ti renderai conto che quello che hai perso l’hai perso davvero. Non era uno scherzo, non era un squallida battuta. Adesso che sei sospeso e schiacciato nella pressione del blu non basterà il verso di una poesia a salvarti, a renderti meno reale per volare sul mondo e cercare un altrove sicuro. Qui la poesia smette di avere importanza, o forse è così che vive la poesia, con il racconto che non vogliamo raccontare, quando ci si rende conto che non bastano più le parole per stare bene. D’altronde è la discesa che sto raccontando, quella forza che ti spinge giù e che allo stesso tempo riesce a sollevarti la maglia, come a voler portare a galla almeno una cosa di te. Uno dei tanti particolari che ancora potrebbero farti credere nella rinascita.

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È sempre così che inizia il trauma, con il sentimento più brutto di tutti, l’annegamento. Si muore temporaneamente sempre a causa dell’acqua. Si cerca un respiro che manca, la pelle prima sempre troppo calda comincia a essere fredda, bagnata, come lacrime di occhi gonfi. Se solo bastasse esserne consapevoli Absentia non esisterebbe. Non avremmo nessun tipo di legame con Emily Byrne, ma come lei anche noi siamo protagonisti di quel consapevole ma non intenzionale salto nel vuoto.

Per quanto sembri distante e traumatica l’esperienza sensoriale di Absentia, non si allontana mai tanto dal quotidiano. Il tempo viene scandito attimo per attimo, passiamo direttamente, quasi senza accorgercene, dall’osservazione interessata al vivere ciò che credevamo di poter solo vedere. È l’acqua l’elemento che fa da fil rouge tra gli episodi e tra la nostra percezione e quella di Emily. È tutto, forma legami stabili tra le particelle: la famiglia della protagonista, il suo rapimento, il ritorno alla vita, ormai vuota del passato che amava e noi.

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Siamo la particella fondamentale, forse proprio una di quelle che riempie la vasca in cui Emily cerca di sopravvivere. Questo è lo stressors, questo è l’evento da cui Absentia prende vita e ridà vita.

Emily emerge dalla vasca quando viene ritrovata. Rinasce come il suo respiro che pian piano torna a essere regolare. L’acqua chiusa in quella vasca l’ha allontanata da suo figlio, il bambino che anni prima teneva tra le braccia in mare aperto.

L’acqua fa paura quando non ha la sua libertà. Quando è l’unico elemento da combattere per sopravvivere, vuole sopravvivere anche lei. Quando invece è solo uno sfondo, quando ci si ferma sul margine del dirupo solo per guardarlo dall’alto, il blu è bello, ti fa sorridere. E quel sorriso ti salva la vita.

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