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Cosa significa guardare 1899 dopo tutti i traumi che abbiamo avuto guardando Dark

ATTENZIONE: seguono deliri assolutamente privi di logica (o forse no) su 1899, la Serie Tv dagli stessi creatori di Dark. Non proseguite la lettura se non avete immaginato per tutto il tempo che uno dei protagonisti fosse la madre della propria madre.

Quando 1899 è stata annunciata ho fatto un salto di dieci metri dal letto. Che meraviglia sapere che qualcosa di simile e Dark stesse per arrivare, e che meraviglia immaginare una nuova storia creata da quelle due grandi menti che hanno dato vita a relazioni extra coniugali così poetiche da non sembrare simili a quelle a cui Beautiful ci ha abituati già da tempo. Ogni cosa in Dark ne significava un’altra che, di conseguenza, ne significava un’altra ancora. La serie può essere definita in tanti modi, ma ciò che più la definisce non è riscontrabile nella sua trama, ma nel suo impatto nel pubblico. Dark è infatti l’apostrofo rosa tra e tu a chi sei figlio e non c’ho capito niente. Tuttora, ben più di due anni dopo la sua ultima stagione, i telespettatori litigano tra di loro non per le teorie o le insoddisfazioni, ma perché c’è chi la definisce lineare e semplice, e chi invece assolutamente incomprensibile e sopravvalutata. Io, che non amo le sfumature, l’ho sempre considerata un capolavoro se non nel panorama seriale, almeno in quello Netflix. Per Dark ho fatto di tutto: le quattro di notte, gli schemi, i rewatch, una playlist dedicata solo alla sua colonna sonora. Ho letto gli alberi genealogici di tutte le sue famiglie protagoniste con il solo intento di capirla fino in fondo. Qualche anno più tardi, questo non potevo però saperlo a quell’epoca, avrei dimenticato molti collegamenti ricordandomi solo i traumi che mi aveva lasciato.

Guardare 1899 dopo aver visto Dark significa infatti tornare con un ex che ci ha fatto soffrire e scrutarlo in ogni suo movimento, perché forse potrebbe significare più di quel che sembra. Non ci fidiamo, e abbiamo ragione. I traumi che Dark ci ha lasciato sono tanti, e 1899 li ha dimostrati tutti. Pensavamo di averla superata ma non era vero, e così siamo finiti a guardare 1899 con una certezza: quello lì, di certo, è parente di qualcuno.

1899
Dark (640×360)

Quando ho cominciato 1899 non lo sapevo, ma a breve sarei stata mossa da una forza impetuosa che non mi avrebbe più lasciata stare fino alla fine degli episodi. Stavo guardando 1899, ma una parte di me stava indugiando nel passato scovando nella serie tutte le caratteristiche protagoniste di Dark. Non era una cosa che avevo premeditato, ma alla fine i miei deliri si sono rivelati gli unici protagonisti di 1899: la cosa assurda è che ho perfino avuto ragione a un certo punto. Partiamo da uno degli aspetti che più mi ha ossessionata durante l’andare avanti della serie: il bambino. Questo personaggio poteva avere diversi compiti o ruoli, un senso simbolico fuori dal comune e affascinante, ma a me non importava perché la mia unica ossessione era il suo taglio di capelli identico a quello di Daniel. Questo dettaglio così insignificante per me voleva dire soltanto una cosa: erano le stesse persone, ma di due epoche differenti. Per non parlare della stessa espressione angosciata: quella era un altro esempio che riportavo a sostegno della mia tesi, e guai a smentirmi.

Inutile dire che sono presto stata smentita, ma non del tutto. Nella mia testa infatti Daniel era il bambino, ma era anche il figlio della protagonista Maura. Le somiglianze che vedevo tra lui e la sua (per me) versione futura acquisirono però presto un senso: Daniel era infatti il marito di Maura, e dunque il padre del bambino. Insomma, la correlazione tra i due protagonisti c’era, ma non andava oltre la scelta dello stesso parrucchiere e degli stessi traumi che li avevano sconvolti così tanti da riflettersi nella pelle pallida del loro volto.

Ma questo non è niente, perché il peggio è toccato al capitano della serie, il nostro Jonas sotto copertura. Il momento in cui il suo personaggio ritrova il suo nome nell’elenco passeggeri della nave dispersa per me ha significato soltanto una cosa: sono nel futuro e hanno dimenticato il loro passato, ma la lettera riuscirà a ricordar loro cosa è successo davvero. Altro che una simulazione, la mia mente era così tanto stata contaminata dall’essenza di Dark da pensare che ci fossero epoche diverse, personaggi uguali ma in momenti diversi, e parentele varie che non potevamo capire, prima tra tutte quella tra il Capitano e Maura. Nonostante i due si stessero avvicinando più del dovuto, non smettevo di pensare che fosse proprio lui il fratello della protagonista, e la loro probabile attrazione non era un motivo per non crederlo, d’altronde Dark ha creato una storia di tre stagioni basandola sull’amore passionale tra una zia e un nipote, cosa sarà mai un incesto in un’opera così?

1899 (640X360)

Ma le cose non tardavano a diventare sempre più gravi e sempre per gli stessi particolari. Krester condivideva dei tratti simili con un personaggio assolutamente inutile ai fini della trama, ma non importava: per me era, ancora una volta, la conferma che passato e presente erano una realtà, e che anche lui avesse all’interno della nave la sua versione del futuro. Ero inarrestabile, un fiume in piena di idee che avevano ben poco a che vedere con la realtà di 1899, ma poco importava: Dark oramai era nella mia testa, nelle mie ossa. Non mi fidavo di nessuno, ero convinta che tutti fossero legati da un grado di parentela che in qualche modo li vedeva protagonisti dello stesso pranzo di Natale qualche anno fa, ma che nessuno poteva ricordare.

1899 per me non è stata solo una Serie Tv, ma un lungo delirio mentale andato avanti per ben otto puntate. Fino alla fine pensavo che le verità svelate pian piano non fossero reali, che sicuramente Maura nascondesse qualcosa di eclatante, e che suo padre fosse il nuovo Adam, niente poco di meno che Daniel da adulto, dunque il bambino. Avevo uno schema ben delineato che non mi permetteva di vedere le cose con lucidità, ma solo con la pretesa di sapere già tutto. Ero perfino soddisfatta e un po’ orgogliosa: stavolta non mi fregate, dicevo rivolgendomi agli autori.

Alla fine la fregatura c’è stata eccome. Questi maledetti mi avevano fregata già con Dark, con il loro infinito racconto che ridisegnava il concetto di famiglia sulla base del siamo tutti un’unica famiglia. Oramai niente è più lo stesso dopo averla vista, neanche gli altri thriller psicologici, figuriamoci il loro nuovo figlio 1899. Non mi fido più di niente a causa di Jantjie Friese e Baran bo Odar, due autori che per me oramai sono diventati i nuovi geni dell’illusione. Se Harry Potter fosse stato distribuito per la prima volta adesso, io avrei creduto che il bambino sopravvissuto e Voldemort fossero in realtà le stesse persone, che Hermione fosse in realtà Minerva Mcgranitt, e che Silente e Hagrid fossero fratelli per via dei lunghi capelli e della lunga barba. La mia vita dopo Dark è dunque drasticamente cambiata, e dopo 1899 ne ho purtroppo la conferma. La serie dovrebbe tornare con una seconda stagione che presumibilmente svelerà altre assurde di verità, e io devo necessariamente cogliere l’occasione per fare un appello: i prossimi attori sceglieteli tutti diversi tra loro, altrimenti io stavolta non posso farcela.

1899: la realtà è nella nostra mente – La Recensione della nuova serie dai creatori di Dark