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Yellowstone: il sogno impossibile di un passato eterno

Yellowstone è la serie che ha riportato in voga l’eterna battaglia fra indiani e cowboy con qualche tocco di modernità. La serie scritta da Taylor Sheridan è ormai arrivata alla quarta stagione e fra colpi di scena, segreti di famiglia e rodei, abbiamo cominciato a desiderare sempre di più salire a cavallo, per attraversare le infinite praterie del Montana. Chiunque abbia visto qualche puntata di Yellowstone ha sognato di essere in uno di qui momenti senza tempo, seduto al tramonto davanti all’immenso ranch dei Dutton, con una birra in mano e lo sguardo perso all’orizzonte.

L’equilibrio fra tradizioni e modernità, quel filo sottile che lega passato e futuro, ricordi di ieri e ambizioni per il domani è ciò che conquista in questa serie. Come se ci fosse una strana dilatazione del tempo, una sospensione . Ed è proprio questo tenere stretto il proprio passato per far fronte alle incognite della vita futura, il protagonista implicito di Yellowstone.

Il patriarca della famiglia Dutton, John, è costantemente impegnato nel difendere il suo ranch, non solo per la volontà di tenersi strette le sue terre, ma quasi di più per tenere stretto il tempo, neanche volesse fermarlo. I ricordi della famiglia Dutton sono racchiusi nel loro appezzamento e John fa di tutto per non permettere alla parte più consumista e corrotta del futuro di inquinare le sue terre. Come si suol dire “il fine giustifica i mezzi” e qualche volta sarà necessario chiudere un occhio sulle modalità, non sempre lecite, grazie alle quali i Dutton cercano di perseguire questo scopo.

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Sono due le strategie da tenere presenti per tenersi stretto ciò che è stato: restare uniti entro i confini del ranch e respingere le minacce che vengono dall’esterno. Yellowstone ci dimostrerà come restare trincerati dietro le mura del passato non sia ovviamente fattibile perché entrambe le modalità nominate saranno quasi impossibili da sostenere.

La famiglia Dutton è composta da quattro fratelli diversissimi fra loro che ricoprono un ruolo ben preciso nell’ingranaggio che fa funzionare il loro mondo. Lee, il più simile al padre, è destinato a portare avanti l’immagine più classica e tradizionale del cowboy a cavallo, Jamie è l’avvocato capace di piegare le regole per la difesa della famiglia, Beth selvaggia e spietata è uno squalo della finanza e Kasey, ex militare abituato al combattimento, ha sposato un’indiana e da figliol prodigo diventerà un ottimo cowboy. John Dutton ha assegnato un ruolo ai suoi figli per assicurare gli interessi di tutti e mantenere inalterato uno stato che ai suoi occhi è il migliore possibile. Non reggerà fino in fondo, vedendo il decesso del maggiore e trasformando Jamie in un disertore. Le saghe familiari ci insegnano che i rapporti fra le persone sono molto più complicati di quello che emerge in superficie e la famiglia Dutton non fa eccezione, paradossalmente proprio a causa di segreti passati.

Se l’unità interna è minata, diventa complicato anche allontanare le minacce esterne. La modernità nella sua accezione più pericolosa è letteralmente alle porte di casa Dutton con imprenditori, uomini d’affari e politici corrotti che tentano in ogni modo di trasformare una fetta di paradiso incontaminato, in una macchina da soldi. Le alleanze cambiano continuamente: gli indiani da nemici diventano interlocutori di trattative, i governatori diventano alleati se adeguatamente ricompensati, il simile combatte il simile e così altri cowboy diventano il nemico, infine chi cerca di far conoscere le dinamiche di questo mondo anche all’opinione pubblica, viene eliminato senza remore.

Il passato è una terra violenta, fatta di tradizioni e onore che ha forgiato uomini e donne che non hanno paura di superare qualsiasi limite etico.

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Il sogno di vivere in un eterno passato è irrealizzabile, ma la famiglia Dutton imparerà con il tempo ad aprirsi al mondo esterno senza permettere che il loro modo di vivere venga snaturato. È un processo lungo quattro stagioni (e non è ancora finito), durante le quali vedremo sempre meno pallottole e inseguimenti al galoppo, ma sempre più tribunali e uffici ai piani alti. I cavalli restano invece, ma più come merce di prestigio che come reale mezzo di trasporto, sostituiti da imponenti fuoristrada neri.

Questa saga familiare appassiona il pubblico perché mostra l’evoluzione dei tempi senza scordarsi mai quale fosse il punto di partenza. In particolare l’ultima stagione lascia molto più spazio nella rappresentazione di quella che è davvero la vecchia vita del cowboy, quello che si alza all’alba per montare i cavalli e seguire la mandria lungo i pascoli. Mostra la parte più ruvida di una realtà che forma uomini abituati alla fatica e al lavoro duro, sottolineando come un addestramento di questo tipo porti a diventare un uomo capace di affrontare qualsiasi tipo di avversità nella vita. Inoltre lo sguardo piuttosto approfondito che Sheridan dedica ai rodei, alle gare e alle compravendite dei cavalli ci permette di spiare un mondo rurale che è parte integrante della storia americana e cementifica ancora di più nello spettatore il concetto di difesa delle radici, come unico punto di partenza possibile per una vita bella e sana.

La storia della famiglia Dutton è quella di uno stato intero e di una parte conservatrice degli Stati Uniti che interessa anche chi ne prende le distanze. I Dutton non lottano per la ricchezza, ma per uno stile di vita. La serie permette anche di fermarsi a riflettere su quanto un modo di vivere più legato alla terra sia formativo. Lo stalliere adottato da Beth ha l’ occasione di capire come una strada di fatica e in salita sia a tutti gli effetti la miglior seconda possibilità possibile, se l’alternativa rimane l’arrangiarsi fra le strade di una qualsiasi città. Una vicenda che sembra ripetere la storia di Rip o di Jimmy o di chissà quanti altri cowboy prima di loro. Insomma fra le righe ogni personaggio sembra volerci suggerire come uno sguardo al più tradizionale dei passati, possa portare a qualcosa di positivo nel futuro. Non a caso Yellowstone potrà ben presto godere di un prequel, 1883, che racconta ancora più da vicino la formazione di questa famiglia, il punto di partenza vero di questo albero genealogico così saldamente e quasi ottusamente ancorato al terreno.

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Yellowstone è una saga epica che racconta una storia moderna, ma allo stesso tempo quasi antica, fatta di valori di un altra epoca, ma dai quali ancora si può trarre qualche insegnamento. I Dutton non sono fuori dal tempo, ma cercano di controllarlo, quanto meno all’interno delle mura domestiche e della quotidianità.

Ci sono ancora le baracche e i cappelli a tese larghe, ma ci sono anche centri commerciali e aeroporti a ridosso delle piste da sci, o almeno vorrebbero esserci. Questi moderni cowboy possono allearsi con gli indiani, perché i veri avversari sono i mostri di Wall Street, ma in fondo, quante possibilità di successo hanno? Lo spettatore purtroppo lo sa che il sogno di un passato eterno è impossibile e infatti, ogni finale di stagione di Yellowstone lascia un leggero retrogusto tragico. È letteralmente una corsa contro il tempo, ma i Dutton ci regalano l’illusione di poter ancora vivere come vogliamo, almeno per un altro po’.

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