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When They See Us 1×01 – Non ci avete mai visto

‘Perché ci trattano così?’

‘Ci hanno mai trattati diversamente?’

When They See Us – 1×01

19 aprile 1989, Harlem

Sono giorni tutti uguali, è questa l’impressione. Fotografie di fotocopie di istanti tutti uguali, di giorni qualsiasi immersi in un’adolescenza come tante. Non capita anche a voi di ripensare alla propria adolescenza come una nuvola densa tutta uguale in cui spiccano soltanto una manciata di apici memorabili e poi nient’altro? Cinque, sei, sette anni di cui ricordiamo un paio di compleanni, una festa notevole, una figuraccia indimenticabile e qualche piccolo gesto decontestualizzato, che al tempo avrà significato molto, ma che adesso nemmeno più sappiamo ricollocare nel corollario dei fuggevoli ricordi. Capitano così tante cose nei furenti e fulgidi anni adolescenziali, così tante da non riuscire neanche a tenere a mente cosa possa essere capitato in un anno e cosa nei successivi due: ricordi confusi di una quasi decade che non dimenticheremo mai. Antron, Yusef, Kevin, Raymond e Korey avevano solo assaporato quella sensazione di esaltante routine. Lo avevano fatto nei loro primi anni adolescenziali, tra una chiacchierata con il proprio padre sui meriti della propria squadra di basket e i demeriti di quella avversaria. L’avevano fatto con la prima ragazza, con quei primi sdolcinati appuntamenti. Lo avevano fatto con i propri primi piccoli obiettivi raggiunti. Lo avevano fatto tutti, con sguardo ampio verso quel futuro che li avrebbe attesi più in là, ma che ora, ancora troppo giovani, faticavano a scorgere.

When They See Us
When They See Us (640×360)

‘Andiamo a giocare’

When They See Us

Dopo la scuola, i ragazzi giocavano a Central Park. Correvano presi da quell’inspiegabile euforia che ti prende a quell’età. Di quelle corse frenetiche che non ti fanno sentire le gambe. Central Park è illuminata da innumerevoli lampioni, ma i ragazzi vi ci sono appena addentrati e sfiorano la penombra per raggiungere il centro del magnifico parco newyorkese. ’30, 40 maschi neri all’interno di Central Park’ ripete una voce metallica proveniente da una ricetrasmittente della polizia,‘7 ispanici’ aggiunge. ‘Vengono verso nord, vengono verso di noi’. E in pochi minuti, orde di poliziotti sono lì, dove i ragazzi erano andati a giocare con la promessa di rientrare in casa in tempo per la cena.

Kevin in quel parco ci aveva appena messo piede, timido, mentre cerava con lo sguardo quello del suo migliore amico senza il quale si sarebbe sentito perso. Non fa in tempo neanche a pensare a dove avrebbe potuto trovarlo che un poliziotto gli si getta addosso e comincia a pestarlo con il suo casco senza permettergli di dire una singola parola che non sia di aiuto. Anche Antron viene preso, Yusef e Raymond. I quattro ragazzi vengono ammanettati e portati in centrale. E’ sera, sono da soli, e nessuno sa cosa possa essere successo, neanche lo immagina e difficilmente lo capisce.

Il 19 aprile 1989 è la data che passerà alla cronaca come quella in cui si verificò il caso della jogger di Central Park. Il 19 aprile 1989 quella romanticizzata monotonia adolescenziale verrà rubata per sempre dalle vite di quelli che verranno ricordati come i 5 di Central Park. Quello che sembrava un giorno come un altro, un dimenticabilissimo mercoledì di metà aprile si rivelerà essere la voragine più profonda nelle esistenze di quei cinque ragazzi che per lo più non sapevano niente l’uno dell’altro, se non che a tutti piacesse giocare, un po’ come bambini, a Central Park nel doposcuola.

When They See Us
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”Non sono testimoni, sono sospettati”

When They See Us

Sentenziano così i detective della centrale di polizia. Sono loro gli stupratori di Trisha Meili: la donna trovata in una pozza di sangue, priva di sensi e semivestita in un angolo poco illuminato del parco più grande di New York quella stessa sera. L’increscioso aumento di crimini in quegli anni newyorkesi viene descritto dalla centrale come ‘una situazione epidemica‘, un cancro con cui i cittadini devono convivere da ormai troppi anni. Un tumore maligno che è nato nelle periferie ma che ora ha metastasi in ogni angolo della città.

Yusef viene preso dalla polizia fuori dal parco, senza alcuna prova. Lui e il suo amico Korey sono scappati da Central Park appena hanno visto le sirene spiegate della polizia. Eppure non è il luogo in cui vengono trovati a renderli colpevoli agli occhi della polizia, ma la sincera ammissione – in seguito alla domanda inquisitoria -di essere semplicemente stati in quel parco pochi minuti prima. Yusef viene subito accompagnato nei sedili posteriori della volante mentre Korey impaurito e scosso rimane in disparte. ‘Che fai? Lasci andare da solo il tuo amico?’ chiede il poliziotto a Korey che, malcelando il suo tremore finge spavalderia dicendo ‘No, è il mio migliore amico, sua madre non me lo permetterebbe mai’ . Ora sono cinque.

Diciotto, sono le ore di interrogatorio a cui i cinque minori vengono sottoposti. Diciotto ore senza mangiare, senza bere, senza riuscire a spiegarsi perché si trovino lì. Perché proprio loro.

When They See Us
When They See Us (640×360)

‘Prima ci racconti quello che sai e prima tornerai a casa’

Minacce, intimidazioni, abusi psicologici e fisici: tutto tra le quattro pareti spoglie di una caserma senza testimoni. Da soli con il loro aguzzino, i cinque ragazzi vengono accusati di avere stuprato la jogger di Central Park, e di averlo fatto insieme: complici, a detta della polizia, di quella stessa efferatezza senza eguali. I detective imboccano i ragazzi con le loro accuse manipolandoli, entrandogli nel cervello al punto da portarli a pregare pur di mettere fine a quel sadico supplizio. Kevin comincia a incolpare Antron di avere materialmente consumato l’abuso. Antron incolpa Kevin. Raymond incolpa Yusef che a sua volta racconta di un uomo alto e misterioso. Korey non capisce cosa stia accadendo. Lui, che fino a poco fa si trovava in una sala d’aspetto a pregare che non succedesse nulla di male al suo migliore amico ora si trova con la faccia spinta contro la ruvida parete della sala interrogatori, accusato di essere il collante di tutte le varie versioni discordanti: l’unica mente artefice del delitto.

Ma è solo dopo, poco prima di sfilare davanti a tutta New York come i nemici designati di una città alla forsennata ricerca di colpevoli, che i cinque ragazzi si vedono veramente. Faccia a faccia per la prima volta. Dando un volto a quei nomi che gli sono stati imboccati dagli agenti di polizia e che disperati hanno pronunciato pur di tornare anche solo per un istante a quella bellissima ordinarietà di poche ore prima.

Kevin: ‘Ho mentito su di te, mi dispiace’

Antron: ‘L’ho fatto anche io con te’

Yusef: ‘Ci hanno fatto mentire, giusto?’

Kevin: ‘Perché ci trattano così?’

Antron: ‘Ci hanno mai trattati diversamente?’