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Chi è davvero Robert Ford?

Potremmo ragionarci per ore senza che quel vecchio dall’aria solenne e composta tradisca uno spicchio della sua vera essenza. D’altra parte è lui che alimenta il più profondo mistero di Westworld, essendo il trait d’union tra host e esseri umani, tutti, democraticamente e senza eccezione alcuna, schiavi della sua volontà. Marionette soggiogate da un’illusoria ricerca del proprio io e da una distopia chiamata libero arbitrio.

Non è un “buono”, il dottor Ford. Il cadavere di Theresa Cullen sarebbe lì, pronto a testimoniare quanto può essere sadico chi basa tutta la sua esistenza sul concetto di bene superiore. Sadismo che va addirittura oltre il mero atto di omicidio, se pensiamo che in quella occasione si serve di Bernard, macchiandosi della stessa colpa di cui sono rei tutti gli ospiti del parco: considerare gli host inferiori e pronti ad appagare ogni istinto umano.

Eppure è così difficile scorgere un solo barlume di cattiveria in quel modo di fare così pacato, ostinatamente mai sopra le righe; praticamente impossibile farlo ogni qual volta egli si rapporta a una sua creazione: le parole rivolte a Maeve nella puntata precedente, nei modi e nel contenuto, sono quanto di più amorevole questa Serie ci abbia mai mostrato. Quel bacio sulla fronte suggella la purezza del rapporto tra un padre e la sua creatura prediletta ed è fondamentale per quanto accaduto nell’ultimo episodio della seconda stagione.

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Già, l’ultimo episodio. Quello che sa tanto di congedo per Ford, il quale ha portato a compimento la sua missione. E l’ha fatto lasciando un ultimo regalo per tutti coloro che hanno avuto la fortuna (o la sfortuna) di aver incrociato il suo cammino.

Non poteva cessare tutto con la sua morte, al gran Galà di fine stagione scorsa. Quell’evento semmai è stato solamente propedeutico per quanto è accaduto durante tutta questa stagione, a partire dallo scoppio della rivolta degli host. Ford aveva previsto tutto e, guardando oltre la sua stessa vita, aveva già stabilito cosa dovesse riservare il destino per ogni altro personaggio.

Per William l’ultimo regalo assume le sembianze di un gioco. E non potrebbe essere altrimenti. D’altra parte Ford gliel’aveva promesso (“No William, c’è ancora tempo per un ultimo gioco“) e il Man In Black, nel tentativo di rendersi libero, ha finito per esaudire pedissequamente la volontà del padre degli host. Il quale non voleva altro che William potesse finalmente comprendere la sua vera natura. Gli sviluppi di ciò lì vedremo molto probabilmente nella terza stagione, ma tutto lascia presagire che l’ultimo regalo di Ford per William sia stato concedergli la possibilità di redimersi.

L’ultimo regalo per Maeve, come accennavamo in precedenza, è stato fare di lei una madre. Non è ritrovando sua figlia che il desiderio di quest’ultima avrebbe potuto concretizzarsi: in quel modo Maeve avrebbe solamente strappato, per l’ennesima volta, una bambina alla propria madre. È nella compiutezza di quella promessa che tutto andrà bene, tante volte pronunciata nei loop del suo filone narrativo, che la sua esistenza può assumere un vero significato. Maeve l’ha capito grazie a Ford e a quel bacio sulla fronte che, ora possiamo dirlo, sapeva tanto di rassicurazione.

E poi c’è Arnold. Che aveva un sogno. Rendere liberi tutti gli host.

Ford ha riservato al suo defunto ex amico “il più grande degli ultimi regali”. Lo ha fatto inscenando un Diluvio Universale 2.0 e in tal senso l’annegamento di tutti gli host nell’Oltrevalle non può non ricordare l’episodio dell’Antico Testamento. Lo ha fatto concedendo alle due figure più significative dal punto di vista di Arnold, il privilegio di preservare la specie: Dolores, la prediletta, e Bernard, la reincarnazione in versione host dell’altro demiurgo.

E così tutto torna, o forse no. Perchè in fondo è proprio in questo piano architettato da Ford che si cela il paradosso. Tutto ciò che Ford avrebbe o meno deciso per Arnold, Bernard, Dolores, Maeve, William, Akecheta e co. e il fatto stesso che sia stato lui ad averlo deciso dimostra l’inattuabilità del libero arbitrio. Riecco quindi l’orrorifica sensazione che tutti in Westworld stiano vivendo un loop distopico. In tal caso il congedo di Ford non sarebbe altro che una riaffermazione della propria superiorità.

È un dilemma che esprime benissimo Bernard, nel momento in cui lascia andare il suo mentore. Egli sceglie di credere nel libero arbitrio e riduce Ford a un mero frutto della sua immaginazione. Sceglie di aggrapparsi, sostanzialmente, alla speranza che Ford non sia nè buono nè malvagio, ma che, come ogni essere umano, abbia un proprio codice che impara dai propri errori (come gli aveva spiegato Logan versione AI, poco prima, nella Forgia).

Che siamo o no dalla parte di Bernard (e ci conviene esserlo) è innegabile che il lascito di Ford sia sconfinato. E in fondo, forse, il suo ultimo regalo è proprio questo: una condanna per tutti quelli che restano a dover comunque dipendere da lui, che sia un Dio oppure no, nell’attesa di potersi reincontrare al di là dell’orizzonte,”quell’impossibile linea laddove le onde cospirano“. E poi ritornano.

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