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#VenerdìVintage – L’investigazione non è un lavoro per bambini: la verità su Detective Conan

Il giallo è un genere molto complicato da gestire: che si tratti di un romanzo, di un film o di una serie tv occorre calibrare con attenzione gli elementi ed evitare di strafare, perchè il rischio è quello di risultare ridicoli. Le nostre storie preferite, per esempio, mostrano quasi sempre un detective geniale immerso fino al collo nel proprio lavoro, oppure una persona comune che inspiegabilmente si trova spesso nella necessità di investigare su qualche crimine, per curiosità e senso della giustizia.

Bene, quest’ultima scelta è forse la più infelice, poichè se è vero che l’espediente dell’individuo “normale” in grado di sfoderare ragionamenti brillanti e lasciare i poliziotti a bocca asciutta è eccitante, purtroppo con l’andare del tempo si finisce per scadere nell’irrealismo (il fatto che a qualcuno possa capitare di imbattersi in un omicidio quasi un giorno sì e uno no è inverosimile, e piuttosto inquietante), o peggio ancora per creare personaggi accusati portare sfortuna, quali la famigerata Jessica Fletcher

Perciò la prima caratteristica positiva che notiamo in Detective Conan è proprio l’originalità: nella storia compaiono sì agenti in divisa, commissari e un investigatore privato, ma i casi vengono risolti da un dilettante e ciò spinge anche noi, semplici spettatori, a impegnarci per arrivare autonomamente alla verità; dopotutto, se un novellino riesce sempre a scovare sempre il colpevole significa che chiunque potrebbe farcela, se usasse il cervello.

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D’altro canto però Conan non è “il passante” di turno che per combinazione casca sulla scena del delitto: vive con il celebre detective Goro ed è plausibile che lui e Ran seguano l’uomo nelle proprie avventure. Quindi il bambino entra in contatto con il crimine, con i sospettati, con le prove, senza però far sembrare il tutto una forzatura.

In secondo luogo, l’apparente giovanissima età di Conan gli permette, ed è fondamentale, di sgusciare qua e là indisturbato; perchè nessuno presta attenzione a un ragazzino tanto piccolo, che può in tal modo osservare e cercare laddove un adulto verrebbe subito fermato. Già alcuni anni fa egli era la prova di quel che abbiamo scoperto poi, guardando Game of Thrones: i bambini conoscono tutto, vedono qualsiasi cosa, arrivano ovunque. E gli Uccellini di Varys lo sanno.

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Altro aspetto interessante dell’anime è la presenza sullo sfondo di elementi fantascientifici quali l’APTX4869, la sostanza con cui Gin fa ringiovanire Shinichi che aveva scoperto i loschi piani della sua “organizzazione”; così il protagonista regredisce all’infanzia, e questo dà il via libera a due conseguenze deliziose: permette a Shinichi di essere un detective bambino, con i vantaggi che abbiamo menzionato, e affianca una sottotrama orizzontale a quella verticale degli episodi.

Già, perchè oltre a collaborare a casi diversi e non connessi tra loro, in uno schema che più o meno si ripete, il nostro eroe deve anche risolvere il suo problema personale, indagando per scoprire il modo di ritornare adulto.

Quindi, nell’anime abbiamo numerose trame principali, che cambiano di puntata in puntata, e una storyline secondaria ma comunque importantissima, la quale resta un po’ in ombra ed emerge al momento opportuno. Non vi ricorda l’impostazione di molte serie tv contemporanee? Ultimamente si è infatti imparato a unire trame orizzontali e verticali per poter variare i racconti senza annoiare il pubblico, però Detective Conan ha battuto tutti sul tempo.

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Potremmo proseguire parlando della sagacia con cui ogni caso sia stato progettato e portato a compimento, sagacia non troppo scontata quando si tratta di cartoni animati indirizzati a un pubblico molto giovane; potremmo elogiare la felice trovata che Conan escogita per esporre agli amici la soluzione dei diversi enigmi senza rivelarsi, ovvero l’abitudine di far addormentare Goro e simulare la sua voce mentre spiega come si sono svolti i fatti e chi è il colpevole (espediente alquanto irrealistico, siamo sinceri. Ma chi se ne importa? E’ figo!).

Però la domanda che ora vi vorrei porre è un’altra: secondo voi, cosa volevano davvero comunicarci gli autori, con la trasformazione di Shinichi in ragazzino?

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Non è un “paese” per bambini: cosa significa essere un detective

Sì, ho scimmiottato il titolo del film dei fratelli Cohen per esprimere il concetto, ma lasciatemi perdere.

Credo comunque che l’associazione renda bene l’idea, perchè a mio parere la storia di Conan mostra proprio che quello del crimine non è un mondo per bambini.

Riflettiamoci un attimo: il protagonista non è un detective di professione, quindi chiunque abbia il giusto ingegno può risolvere un caso complicato; benissimo, però d’altra parte la mente di Conan appartiene al suo vero io, all’adulto (adulto… Nel manga Shinichi ha diciassette anni, ma consideriamolo come tale). Perciò non si tratta di un investigatore bambino, bensì di un uomo intrappolato in un corpo troppo giovane.

Conan ha accanto un gruppetto di coetanei che lo aiutano con indagini, certo, tuttavia stiamo parlando sempre di ragazzini coordinati dalla ragione più matura di Shinichi: è lui che sa cosa fare e li sguinzaglia qua e là in cerca di indizi, e questo ci porta ancora a paragonare Detective Conan al modus operandi di Varys in GOT.

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Sebbene il clima dell’anime sia in genere disteso e spesso divertente, gli autori hanno chiaramente voluto dirci che immischiarsi in determinate situazioni può rivelarsi molto pericoloso; basti guardare cosa è accaduto allo stesso Shinichi per aver ficcato il naso in faccende che non lo riguardavano: l’APTX4869 l’ha trasformato in bambino, ma secondo le intenzioni dei suoi nemici avrebbe dovuto ucciderlo sul colpo! Fare il detective è emozionante, però non bisogna scordare che gli investigatori e i poliziotti lavorano con i criminali, ed entrare in un simile “paese” non è opportuno se non si hanno un carattere saldo e le carte in regola per sopravvivere.

Conan è sereno quando sta con Ran e Goro, quando si trova in famiglia; allora sembra davvero piccolo e non avremmo nessuna difficoltà a credere che abbia sul serio sette anni. Invece appena entra in gioco un nuovo caso i toni della narrazione e delle immagini diventano più cupi, e la parte adulta del protagonista prende il controllo: perchè Conan deve risolvere l’enigma, ma anche perchè deve proteggersi e non potrebbe farlo se fosse un ragazzino.

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Dunque la trovata dell’investigatore bambino che tanto ci ha affascinati non è in realtà che un pretesto per spiegare che con il delitto non si scherza, che quello è un mondo popolato da ombre, e che nell’ombra accadono cose strane.

Giocare al detective è un privilegio riservato al nostro Conan!