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Sono stata anch’io bambina, cantava Mia Martini dando inizio a Gli uomini non cambiano, una delle sue canzoni più conosciute e apprezzate. Prendo in prestito questa frase usata qui sicuramente a sproposito rispetto alla volontà originale, per dare inizio anche a questo mio articolo. Una riflessione che non vuole essere solo un consiglio per chi la legge ma anche e forse soprattutto un’assunzione di responsabilità. Da parte mia, che ne sono l’autrice. Sono stata anch’io bambina e proprio all’epoca della mia tenera età, quando festeggiavo ancora compleanni a una sola cifra, ho guardato per la prima volta Una mamma per amica. Una serie sempiterna e contemporaneamente in continua evoluzione, sulla base di fattori ben precisi.

Anzitutto, quali sono gli occhi che ne fruiscono, poi quante volte ne hanno già fruito e infine in quale fase della vita la fruizione avviene.

A mio modesto parere, dovrebbe esistere una sorta di obbligo di legge che impone a tutti di guardare questa serie almeno una volta ogni dieci anni. Sarebbe utile come test per la comprensione della propria evoluzione personale. Anzi, rettifico: di guardarne solo ed esclusivamente le sette stagioni originarie. Ad aiutarci in questo processo è in particolar modo un personaggio: Rory Gilmore. Vedi Una mamma per amica a 8 anni e sogni di diventare un giorno bella e intelligente tanto quanto Rory. La rivedi a 18 anni e ti rendi conto del fatto che un’adolescenza così tu non l’hai avuta. E probabilmente non l’ha avuta nessuna persona normale quale il personaggio aspira a essere. Poi fai l’ennesimo rewatch a 28, e ogni singola scena in cui la tua vecchia beniamina si piange addosso senza motivo ti fa venire voglia di urlare.

Di urlare e di pensare che no, tu con la tua laurea magistrale in comunicazione politica (sì, è proprio la mia) una prima esperienza lavorativa al fianco di tale Barack Obama non avresti potuto farla neanche nei tuoi sogni più profondi. Intanto, nel corso dei decenni, rivaluti il modo in cui hai originariamente concepito Rory. Nel farlo, in questa lunga fase di consapevolezza, ti rendi conto anche del fatto che Una mamma per amica l’ha avuto un personaggio nel quale poterti riflettere. O almeno, uno in cui rifletterti quando sei ormai una persona consapevole. Anche se per tanto tempo non te ne sei reso conto. Quel personaggio è Paris Geller.

L’amicizia tra Paris e Rory

Una mamma per amica
Una mamma per amica

Conosciamo Paris all’inizio della prima stagione di Una mamma per amica, quando Rory comincia a studiare alla Chilton. Fin dal primo momento, ci rendiamo conto di quanto il suo personaggio sia stato creato proprio per essere agli antipodi della protagonista. Docile e sempre sorridente, la figlia di Lorelai. Paris è invece perennemente seria, poco affabile e concentrata sulle sue attività per essere sempre la migliore. Competitiva ai massimi livelli, il primo approccio di Paris con il pubblico – e soprattutto con Rory – non è dei migliori. L’imprinting tra le due non è un granché a causa della gelosia che Paris ha nei confronti della nuova arrivata su più fronti. Dal rendimento scolastico all’attenzione dei ragazzi, passando anche per dinamiche familiari completamente diverse che le rendono difficile riuscire a comprendersi bene.

Almeno all’inizio. Il rapporto tra Rory e Lorelai lo conosciamo tutti, ed è talmente indicativo da aver ispirato il titolo italiano della serie. In contrapposizione, Paris ha una relazione molto complicata con i suoi genitori, poco presenti per lei e ancora meno attenti alle sue esigenze e ai suoi bisogni. Ed esperienze come questa, nella vita così come nella caratterizzazione di un personaggio, hanno conseguenze concrete.

Nel corso del tempo, però, le cose cominciano a cambiare.

Complice il fatto che in realtà entrambe le ragazze siano abbastanza distanti dalle adolescenti medie interessate a trucco e ragazzi. Tra le due, infatti, cominciano pian piano a palesarsi le prime somiglianze. Si avvicinano, poi si riallontanano, poi si avvicinano ancora rendendosi conto di quanto, pur nelle loro radicali differenze, si stimino a vicenda. Quando l’esperienza alla Chilton si conclude e pare che le loro strade stiano per separarsi, in realtà è proprio lì che viene il bello. Le due nemiche giurate dei tempi del liceo diventano prima compagne di stanza all’Università e poi anche coinquiline. Si spalleggiano, discutono, litigano e fanno pace, l’una mediando le diffidenze e le debolezze dell’altra. Sempre con la consapevolezza di poter funzionare bene separatamente ma di funzionare meglio insieme.

E tutto ciò è possibile anche perché Rory, all’inizio inconsapevolmente e poi con sempre maggior coscienza, va a colmare a suo modo quel vuoto d’affetto che Paris si porta dentro fin dalla tenera età. Quello che anche negli anni si porta ancora, ma con più leggerezza. Perché anche Paris, come tutti, ha bisogno di qualcuno che le stia accanto. Anche se non ha nessuna intenzione di ammetterlo.

Uno degli sviluppi più profondi di Una mamma per amica

Paris Geller è senza dubbio tra i personaggi di Una mamma per amica che hanno vissuto, nel corso delle stagioni, la crescita più profonda, coerente e necessaria. Tanto per lei che l’ha avuta, quanto per noi che vi abbiamo assistito. Quando la conosciamo è un’adolescente chiusa in se stessa e corazzata all’ennesima potenza per evitare di mostrare al mondo chi è davvero. E come biasimarla? Se i tuoi stessi genitori sembrano non avere alcun interesse nei tuoi confronti, pensare che qualcun altro nel mondo possa averne è pura follia. In particolar modo agli occhi di un’adolescente. Così facendo, Paris nasconde i suoi difetti ma anche i suoi pregi, costruendo per se stessa un’immagine di persona impossibile da scalfire. Una persona che in realtà non è.

Una mamma per amica
Paris e Rory

In questo contesto, però, la vicinanza di Rory cambia le cose.

Ovviamente le ci vuole del tempo ad aprirsi, a mostrarsi per quella che è senza avere paura delle conseguenze delle sue azioni: E dal momento in cui comincia a farlo, dà inizio a un percorso lento ma costante che la porterà a essere una persona nuova. O meglio, a essere agli occhi del mondo la persona che in realtà è sempre stata. Comincia una nuova fase per tutta Una Mamma per Amica. Paris si concede di pensare a qualcosa che non siano i suoi obiettivi accademici e professionali.

Si innamora, comincia relazioni sbagliate e si spaventa all’idea di dare concretezza a quelle giuste, ma alla fine coerentemente con quello che ci ha sempre mostrato non si tira indietro. Ha i suoi dubbi esistenziali, affronta le crisi che tutti noi conosciamo bene quando passiamo da una fase all’altra della vita, e che vinca o perda le piccole sfide quotidiane in un percorso più ampio ne esce sempre vincitrice. Perché si dà l’opportunità di sbagliare e di crescere.

Voglio includere Paris Geller in una categoria particolare di personaggi

Una categoria che mi sento di identificare in maniera totalmente autonoma, come colpiti da quella che mi piace chiamare la Sindrome di Sharpay. Questa definizione coniata dalla sottoscritta vuole identificare tutti quei personaggi che – proprio come Sharpay Evans nella saga di High School Musical – nascono per ricoprire il ruolo di persone antipatiche agli antipodi dei protagonisti. Quelli che poi però, sotto sotto, se ci pensiamo bene, sono molto meglio di loro. I personaggi che hanno la sindrome di Sharpay sono condannati ad avere sempre meno soddisfazioni dei protagonisti, che li superano sempre di un passo pur impegnandosi palesemente di meno. Quasi come se per loro tutto fosse naturale e dovuto.

Sharpay è stata creata per essere percepita come la nemica odiosa di Gabriella, eppure con il passare degli anni, guardando High School Musical, cominciano a cambiare le cose. Iniziamo a perdere attrattiva nei confronti di una perfettina Vanessa Hudgens che proprio non si regge, e cominciamo invece a empatizzare sempre più con la sua nemesi. Quella controparte spesso bisognosa di attenzioni ma anche dotata di qualità che da piccoli proprio non riuscivamo a riconoscerle. Paris sta a Una mamma per amica come Sharpay sta ad High School Musical. E io mi prendo le mie responsabilità per aver sbagliato la mia prima opinione in entrambi i casi.

Ma se crescere ci insegna che non bisogna giudicare il libro dalla copertina, guardare e riguardare Una mamma per amica ci insegna a non giudicare Paris. Ci insegna a comprenderla per quello che è: una rappresentazione tanto imperfetta quanto veritiera di ciò che siamo noi. E allora amiamola – amiamoci – un po’ di più. Sono sicura che non ce ne pentiremo.