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The Walking Dead 8×02 – Il prezzo delle scelte

Esattamente 7 anni fa cominciava The Walking Dead. Il 31 ottobre 2010 Rick ha attraversato Atlanta a cavallo dando vita a tutto ciò che conosciamo ora.

“Abbiamo già vinto”. Ci eravamo lasciati così la scorsa settimana, all’episodio numero 100 di The Walking Dead. Come era prevedibile, però, per sconfiggere i Salvatori non bastava sparare due colpi e bussare alle porte di Negan armati fino ai denti. Quella era solo la prima di un serie di mosse combinate, tutt’altro che semplici e con il finale tutt’altro che scontato.

“Abbiamo già vinto”. Da un certo punto di vista, sì, Rick aveva ragione. Per le buone intenzioni il “nostro” gruppo avrà sempre vinto a livello morale. A livello di fatti, però, sarà eternamente diverso. Quando mai il mondo è stato favorevole a chi aveva buone intenzioni? E quando mai la vita in The Walking Dead si è dimostrata clemente?

Questa settimana la voglia  di costruire qualcosa di più grande per tutti, senza badare alle vite perse per raggiungere l’obiettivo, viene messa sotto esame. La domanda è sempre la stessa: il fine giustifica i mezzi? E’ giusto o sbagliato? Una specie di sentenza era già stata pronunciata da Rick nella scorsa puntata: “uccidere non ci piace e non ce ne vantiamo, ma nemmeno proviamo vergogna“.
Tutti sappiamo che non c’è una regola scritta. Uccidere non piace. Bisogna farlo. Ma cosa succede quando la conseguenza di una valutazione sbagliata ricade su una neonata? O quando permettere al tuo nemico di scegliere potrebbe significare la morte di uno del tuo gruppo? Come fai a concedere una possibilità se tutti quelli che ami ti sono stati portati via? Come fai a fidarti dopo l’ennesima pistola puntata alla tempia?

La seconda puntata dell’ottava stagione di The Walking Dead si apre e si chiude con le espressioni di tutti i protagonisti dell’episodio. Ci vengono mostrate la situazione iniziale, in linea con i fatti della scorsa settimana, e la reazione finale a ciò che è successo in questi 40 minuti.

Gli uomini di Rick sono divisi per i vari avamposti da conquistare. Da una parte Tara, Jesus, Morgan, Dianne e gli altri fanno ritorno al Santuario visto nella sesta stagione trovandosi davanti una barriera di zombie usata come ulteriore recinzione. Aaron, Eric, Tobin e il loro gruppo attaccano con le macchine corazzate un’altra linea di Negan. Carol, Ezekiel e gli uomini del Regno inseguono uno dei Salvatori ferito che si sta dirigendo all’ennesimo avamposto da mettere sotto assedio.

Rick e Daryl, infine, cercano l’armeria indicatagli da Dwight per tagliare i rifornimenti alla base centrale di Negan. Senza armi infatti sarà difficile per loro emergere dall’orda di vaganti condotta fin lì.

Le premesse per ogni singolo scontro sono ottime. Il piano, non chiarito del tutto nella scorsa puntata di The Walking Dead, sembra funzionare.

Io non muoio” afferma Morgan ricordando ciò che dicevano Michonne e Rick nella scorsa stagione (“noi siamo quelli che sopravvivono“). “Manterremo la promessa fatta all’inizio” ribadisce più volte Ezekiel per spronare i suoi. “Resistiamo” urla Aaron. La vittoria verrà da sé.

Le sensazioni iniziali sono esaltanti, favorevoli ad ogni meccanismo premeditato. Ogni proiettile va al suo posto e la vittoria pende, per forza di cose, dalla parte di Rick e dei suoi.

Gli autori sono incisivi nel farci prendere posizione, per l’ennesima volta, contro i Salvatori.

La scritta sul muro che leggono Tara e Jesus Tommy dice ‘uccidi le cagne'”, seguita dalla finta di Dean nel farsela addosso. La distruzione delle pillole prenatali che avrebbe potuto ricevere Maggie è un pugno nello stomaco per Tara e ci fa sperare ancora di più che riesca a premere quel grilletto. Il quadro dello studio di Gregory appeso nel corridoio.

La funzione di queste immagini è sempre la stessa: farci vedere che uomini sono i Salvatori, farci riflettere su ciò che i nostri protagonisti non saranno mai (nonostante tutti i proiettili spesi per uccidere).

Come abbiamo detto sopra, però, non c’è giusto e sbagliato. Non ci sono i buoni e non ci sono i cattivi in The Walking Dead. La forza di questa puntata gira proprio intorno alla nostra posizione sull’argomento “uccidere sì/uccidere no/chi sono i veri mostri”.

L’episodio quindi si spacca a metà, costringendoci a riflettere. Prima la vittoria e la giustizia, poi le parti ribaltate.

Nel momento in cui uno degli uomini del gruppo di Tara trema al pensiero di dover usare il fucile, egli stesso viene colpito. Non c’è tempo per le incertezze quando sei in guerra. Dall’altra parte viene ferito Tobin e Rick, insieme a Daryl, è in un vicolo cieco tra le indicazioni date da Dwight.

Non ci si può fermare a farsi troppe domande. Bisogna fare delle scelte. E sperare che siano quelle giuste.

Il gruppo ha scelto di fidarsi di Dwight, quindi è troppo tardi per tirarsi indietro.

“Non intendo sparare a un uomo con le mani alzate e non lo permetterò neanche a te. Questa non sei tu. Non siamo qui per vendicarci, non può trattarsi di questo”. Jesus prende posizione e costringe Tara a fare lo stesso. Rick decide di scontrarsi con l’uomo all’ultimo piano senza battere ciglio perchè in quel momento o sceglieva lui o sceglieva l’altro, o moriva lui o moriva l’altro.

Morgan decide di rialzarsi (io non muoio) e di non guardare più in faccia nessuno. Così allunga, senza via d’uscita, la lista dei suoi tormenti.

Giusto o sbagliato? Quello che rimane è la conseguenza della risposta.

Le scelte vanno pagate. Jesus rischia la sua vita e quella di Tara per salvare quella di un uomo che si è pisciato addosso da solo per ingannarli. Rick e Daryl si prendono il rischio di separarsi per metterci meno tempo, così uno è costretto ad uccidere il padre di una neonata e l’altro si ritrova faccia a faccia con i ricordi della sua prigionia e di quella di suo fratello Merle (panino con il cibo per cani e manette come sul tetto di Atlanta).

Ezekiel sceglie di sorridere in faccia alla morte (proprio come diceva Bob) per “fingere fino a farlo diventare reale“, per dare coraggio ai suoi uomini. Lo fa pur essendo consapevole di trovarsi ormai in mezzo ad un fuoco incrociato, con scarse possibilità di successo.

Aaron chiese a Eric di unirsi alla lotta, lo convinse a fidarsi di Rick. Ora deve pagarne il prezzo, perchè Eric è ferito e perde sangue proprio nel sentiero che lo separa da altri suoi compagni morti.

Morales e Rick si separarono fuori dal campeggio di Atlanta. Presero strade diverse ed ora eccoli lì. Due padri, due mariti, due sopravvissuti a combattere per due cause (quasi) uguali su due schieramenti opposti.

Due possibilità, un solo fatto. Noi saremo pronti comunque” (Ezekiel)

Di nuovo: non c’è giusto, non c’è sbagliato. Ci sono solo due possibilità. In certi momenti non ci si può prendere il tempo di offrire la scelta al nemico, per cui bisogna agire in autonomia.

Quindi ecco Rick che si trova a lottare con un uomo simile a lui. Sia per l’aspetto fisico (il volto, i capelli sudati sulla fronte, la tenacia nel combattere), sia per l’essere un padre rimasto a difendere la sua neonata. Eccolo che lotta con il se stesso che ha avuto la peggio. Poteva esserci lui al posto di quella persona e poteva perdere lui quello scontro.

Quando si trova davanti a Gracie e deve fare i conti con “l’ira che prevale sulla sua misericordia” è troppo tardi per tornare indietro. Quella bambina sarà orfana, esattamente come avrebbe potuto esserlo Judith.

Rick si guarda allo specchio e capisce di aver ucciso se stesso. Deve distogliere lo sguardo perchè questa volta il prezzo richiesto dalla morte è troppo alto anche per lui. Si ritrova davanti alla vera motivazione per cui stanno combattendo e capisce di averla mandata in frantumi con un violento corpo a corpo.

Se fino ad un secondo prima speravamo che Rick inchiodasse l’uomo al muro e riuscisse di nuovo a cavarsela, da quel momento rimaniamo esattamente come lui. Immobili, senza sapere cosa dire, con un unico grande senso di colpa.

Il titolo originale americano “The Damned” e quello italiano “Eppure sorrido” sono, senza volerlo, in completa opposizione l’uno con l’altro.

Da una parte abbiamo “il dannato”, dall’altra un sorriso. Da una parte i nobili propositi interpretati da Ezekiel, dall’altro i tormenti di persone come Rick, Morgan e Carol. Attraverso loro, The Walking Dead ci ha insegnato nel corso delle stagioni, che nessuna scelta è giusta. Dall’oggi al domani puoi essere uno zombie che si risveglia oppure un uomo che si rialza (da notare che il primo zombie che risorge all’avamposto di Mara sembra l’esatta trasformazione di Morgan).

Puoi ricercare la verità e decidere di non uccidere mai più (come avevano fatto Carol fuggendo e Morgan provando a convertire con gli insegnamenti di Eastman), ma senza uccidere non puoi proteggere le persone che ami. Puoi decidere di uccidere chiunque non sia dei tuoi, ma così ucciderai te stesso e non costruirai nessun futuro.

Quindi qual è la soluzione? Ancora una volta la risposta è nella voce di Re Ezekiel.

“Andiamo avanti mentre portiamo avanti il mondo stesso”

Affrontiamo le conseguenze delle nostre azioni, senza permettere loro di trasformarci nei mostri che combattiamo.

 

the walking dead

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