Vai al contenuto
Serie TV - Hall of Series » The Bear » L’elaborazione del lutto, secondo The Bear

L’elaborazione del lutto, secondo The Bear

Attenzione: evitate la lettura se non volete imbattervi in spoiler sulla prima stagione di The Bear

“La migliore nuova serie dell’anno”. “La serie drama più calda del momento”. “Una delle serie più soddisfacenti e da maratona”. “Un’imperdibile festa per i sensi.” Queste sono solo alcune delle parole che alcune tra le testate più importanti a livello mondiale hanno riservato per The Bear, serie Hulu da poco approdata in Italia su Disney Plus nella sua sezione Star che sta appassionando in maniera crescente sempre più spettatori. Apprezzata da pubblico e critica per le sue interpretazioni intense, le sue atmosfere soffocanti ma pregne di emozione e per i magistrali dialoghi, The Bear si concentra sulla vita di Carmy Berzatto (Jeremy Allen White), uno chef stellato che torna a gestire la tavola calda di famiglia a seguito di un pesante dramma.

In sole otto puntate che vanno dai 20 ai 35 minuti circa, The Bear si è imposta come una delle migliori nuove serie del 2022.

Questo di deve non solo all’impressionante cura messa in atto dal punto di vista tecnico, ma anche e soprattutto alla sua impeccabile sceneggiatura che indaga le frustrazioni umane e il tema del dolore. Dopotutto, se Carmen Berzatto (Jeremy Allen White) torna tra i fumi e il traffico di Chicago è solo per un motivo: un doloroso lutto che lo ha lasciato devastato, la morte del fratello Michael, che si è suicidato senza fornire alcuna spiegazione ad amici e familiari, lasciando dietro di sé solo gusci vuoti incapaci di gestire i propri sentimenti.

The Bear (640×360)

Caos: il caos è quello in cui il personaggio di Carmy, abituatosi al rigore e alla perfezione di una brigata in grado di lavorare come un orologio svizzero, si ritrova a sguazzare: un caos esteriore che però riflette le sue complesse emozioni, che per gran parte della narrazione il ragazzo si rifiuta di metabolizzare e che lo divorano da dentro.

Il tema della perdita di un fratello o di una sorella in età adulta, d’altra parte, è un argomento che è stato raramente affrontato nelle serie tv, soprattutto in maniera così attenta e dettagliata. E al trauma subito dal protagonista e dal resto dei suoi colleghi e amici viene dedicato davvero parecchio tempo, tant’è che potremmo affermare che esso può essere considerato il tema centrale della prima stagione di The Bear, ma che siamo sicuri rimarrà uno dei focus primari anche in quelle successive. D’altra parte, durante queste otto puntate, lo spettatore ha modo non solo di assistere ai lenti ma inesorabili progressi della cucina del The Original Beef of Chicagoland, ma anche e soprattutto al percorso evolutivo di Carmy in tutte quelle che sono le fasi di elaborazione del lutto: negazione o rifiuto, rabbia, patteggiamento o contrattazione, depressione e accettazione, mai realmente tra loro separate e distinte ma capaci di intrecciarsi e compenetrarsi a seconda delle situazioni vissute dal protagonista.

Monica Geller
Carmy Berzatto (640×360)

A teorizzare per la prima volta l’esistenza di particolari e consequenziali stadi nell’accettazione dell’ineluttabilità della propria morte o del dolore per la perdita di un proprio caro fu la psichiatra la psichiatra svizzera Elizabeth Kübler Ross all’interno del saggio del 1969 La morte e il morire, il cui valore è riconosciuto ancora oggi. Anche se da un lato pare folle cercare di ridurre a semplici categorie le complesse sfumature dell’animo umano, è certamente interessante notare come, molto spesso, esse finiscano per ricondurre a particolari e ricorrenti schemi mentali.

The Bear non è di certo la prima serie tv che sceglie di focalizzarsi sul tema del lutto e della sua elaborazione: alcune di esse hanno infatti scelto di riportare su schermo queste dinamiche in maniera esplicita (come Grey’s Anatomy), altre in maniera più velata e implicita (come The Haunting of Hill House), applicandole ordinatamente a questo complesso e profondo viaggio interiore da parte dei protagonisti verso la guarigione. Bene, The Bear, invece, è tutto fuorché ordinato e così lo sono anche i protagonisti, che non fanno altro che arrancare, in un frenetico e soffocante saliscendi emotivo.

The Bear, la serie rivelazione del 2022, non parla solo di cucina: è un viaggio che scava nell'anima e che spinge ad affrontare il lutto
Carmy Berzatto

Così proviamo a dare noi un po’ di ordine alla narrazione, lo stesso che il giovane Carmy tanto desidera portare nel locale di cui è ora proprietario, mentre butta all’aria tutta la sua carriera e lotta con la sua ansia, somatizzata in sonnambulismo, con i suoi sensi di colpa e con le sue angosce.

Carmy torna a casa perché suo fratello si è sparato un colpo in testa. Suo fratello. Michael. Il migliore. Il fratello più grande e carismatico, quello che tutti adoravano. Chiassoso, caotico, solare, Michael era quello di cui tutti volevano essere amici, l’uomo giusto per raccontare una storia che tenesse tutta l’attenzione calamitata su di lui, il collante della sua famiglia e dei suoi colleghi. Quello da cui pian piano Carmy si era allontanato, quello a cui per colpa del proprio lavoro aveva smesso di dedicare il proprio tempo. Quello che, da quando se n’è andato, ha scavato in tutti un vuoto incolmabile senza dare spiegazioni.

The Bear (640×360)

È proprio il senso di impotenza e di estrema colpa per la sua morte a divorare Carmy da dentro, facendolo oscillare tra le varie fasi di dolore a cui abbiamo accennato prima: negazione che si trasforma in rabbia, rabbia che si fa depressione, patteggiamento che torna a essere rifiuto, in un circolo vizioso che minaccia di risucchiarlo e di non dargli via di scampo, ma che è strettamente necessario per il processo di guarigione che si sta già compiendo senza che lui ne sia consapevole. Perché Carmy davvero non riesce a capacitarsi del fatto che suo fratello non sia più con lui e, anche quando ce la fa non è davvero in grado di capirne il motivo, di accettarlo e di andare avanti serenamente con la propria vita e per questo si logora e scarica la sua frustrazione sugli altri, così come fanno anche, del resto, i suoi nuovi collaboratori e dipendenti.

Perché Carmy non è un tipo che ama parlare di sentimenti: è concreto, di sostanza e sceglie dapprima di trattenere tutto dentro, escludendo il resto, compresa sua sorella a cui non è in grado di dare aiuto proprio perché in primis non riesce a darlo a se stesso. Ma anche l’uomo più duro cede: cede a causa dello stress e dell’accumularsi di quell’orribile sensazione di aver sbagliato tutto andandosene via e avendo concentrato tutta la sua forza d’animo per un solo obiettivo: essere semplicemente perfetto.

The Bear
The Bear, Carmy, Richard e Michael (640×360)

Col procedere della narrazione tutte le fragilità di Carmy e dei suoi collaboratori (fra tutti quelle dell’arrogante, ma a sua volta devastato, Richard) vengono a galla e pian piano esplodono, tra rabbiosi scatti d’ira e momenti di completa assenza in cui lo spettatore riesce a cogliere la visceralità di simili emozioni. Così, i meravigliosi dialoghi della serie di Disney Plus, riescono a trasmetterci ogni cosa: dalla nostalgia per i tempi andati che ci fanno rimpiangere di non aver potuto conoscere un po’ meglio il personaggio di Michael, dalla rabbia provata dai suoi amici nei suoi confronti, fino al senso di liberazione sperimentato quando finalmente Carmy Berzatto sceglie di buttare tutto fuori, confessando e confessandosi a un gruppo di sconosciuti e, soprattutto, a noi spettatori ciò che fino a poco prima avevamo solo potuto intuire dai suoi tic, dal suo sguardo assente e dalle sue urla di frustrazione.

Non sapevo che mio fratello facesse uso di droghe. Che ne pensate? Crescendo, mi sono reso conto che non sapevo nulla di lui. Davvero. Mi ha proibito di entrare nel ristorante un paio di anni fa. Mi ha tagliato fuori. Impassibile. Fa male, sapete? Credo che sia scattato un interruttore in me: una reazione di rabbia e di sfida.

Dal monologo della 1×08, “Braciole
Syd e Carmy in una scena della serie, su Disney Plus

Fa male e strazia il cuore anche solo provare a mettersi nei panni di questi personaggi alla deriva che si rendono conto di non aver saputo fare nulla, di essere stati troppo ciechi per rendersi conto di quello che Michael avrebbe fatto. Logora provare per lui affetto misto a rancore per la scelta da lui compiuta, senso di colpa, disperazione e un vuoto incolmabile. Quel che è certo è che qualcosa deve necessariamente cambiare e, così come Richard e Carmy superano le loro divergenze riconoscendo il reciproco lutto, la ricetta celata nella lettera di Michael per il fratello minore riesce con poco a fare davvero molto.

Niente parole di scuse, niente spiegazioni, solo un grande “ti voglio bene” che però è sufficiente a far lacrimare il ragazzo e che, almeno per ora, basta e avanza. Una lettera che, forse, segna solo l’inizio della guarigione. E noi non vediamo voglia di guarire insieme a Carmy Berzatto nella seconda stagione della serie prossimamente su Disney Plus.