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Sweet Tooth, la recensione: una favola post-apocalittica

Sweet Tooth è l’ultima creazione di Netflix, un favola post-apocalittica che fa esplodere negli spettatori un tumulto di emozioni totalmente differenti. Quello distopico e catastrofico è un genere da cui ultimamente hanno attinto molte produzioni per il piccolo e per il grande schermo, che risulta per certi versi inflazionato. Il rischio di tutte queste creazioni, anche a causa della pandemia che ormai da più di un anno flagella il nostro mondo reale e che ci vede coinvolti in prima persona, è quindi quello di risultare pesanti e ripetitive. La gran parte infatti segue un filone preciso e scontato, che tende a deludere lo spettatore. Ci sono però alcune eccezioni. Pensiamo all’italianissima Anna (di cui parliamo qui), nata dalla mente di Niccolò Ammaniti e trasmessa da Sky, che è riuscita a far immergere gli spettatori in un mondo parallelo, cupo e fiabesco.

Anche per quanto riguarda Sweet Tooth possiamo dire che la prima stagione non ha deluso le aspettative. La serie tv è ispirata all’omonimo fumetto DC Comics di Jeff Lemire, con la produzione di Robert Downey Jr. e della moglie Susan. Sweet Tooth ci prende per mano dolcemente, trasportandoci in una terra alternativa dove un virus ha sterminato gran parte della popolazione, ma ha anche consentito la nascita e lo sviluppo di specie ibride antropomorfe. Una favola amara che ci fa riflettere sull’importanza della diversità e della difese dell’ambiente, con toni gentili e sussurrati. La realizzazione, ideata da Jim Mickle e formata da 8 episodi, è disponibile da venerdì passato e ha subito riscosso un successo globale. In Italia si trova nella Top3 dei più visti di Netflix e in questo articolo vogliamo tentare di recensirla e raccontarla, evitando di spoilerare i dettagli più importanti. Non perdiamo altro tempo, si comincia!

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Sweet Tooth è una storia che strugge ed emoziona

Prima di raccontarvi la trama dobbiamo subito dire una cosa riguardo al fumetto da cui è tratta la serie tv: Sweet Tooth è la storia di un piccolo bambino, eroe per caso. Una storia straziante ma intima, dolorosa ma epica, struggente ma totalmente folle, che Jeff Lemire ha disegnato in 40 albi divisi in sei distinti archi narrativi. Non era un compito né facile né scontato riuscire a catturarne l’intima essenza, anche e soprattutto per la componente visiva dell’opera, con quei disegni postmoderni e irrealistici, dalle linee ruvide e irregolari che restituiscono un percorso narrativo irregolare ed ellittico. Netflix però sembra essere riuscita in questo arduo compito. Gli otto episodi di Sweet Tooth sanno suscitare risate e lacrime occasionali grazie ad una dolcezza genuina e indiscutibile.

Perché proprio in questo blackout spaziale, in questa sua incredibile asimmetria irregolare alternata alla vivacità e alla freschezza della produzione, risiede il segreto del suo successo. Non stiamo gridando al capolavoro, ben inteso. Sweet Tooth rimane una produzione da vedere e ammirare, ma non è esente da difetti. Quello che stona di più, soprattutto per chi ha letto i fumetti di Lemire, è la poca consistenza di alcuni momenti filler in cui gli autori, allontanandosi dalla trama cartacea, indeboliscono la struttura di quella per il piccolo schermo. Questi momenti riempitivi sono sempre quelli più difficili da gestire con equilibrio, dato che non hanno basi e origini nell’opera dello scrittore, e a questo piccolo problema non sfugge nemmeno Sweet Tooth. Stiamo però cercando il pelo nell’uovo, perché la serie tv è davvero imperdibile.

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La storia di Gus, il bambino cervo

Gus è un bimbo particolare, ha un aspetto umano, ma anche due vistose corna e orecchie da cervo. Ignora la sua natura, sa soltanto che suo padre vuole proteggerlo da un mondo esterno che teme e perseguita gli Ibridi come lui. Il piccolo protagonista vive con il suo vecchio in una casetta nel cuore delle foreste del Parco di Yellowstone e ha l’obbligo di non superare per nessuna ragione le recinzioni che collegano la riserva con il resto del mondo. Ma Gus ignora che il mondo è stato devastato da una pandemia chiamata Afflizione, che ha decimato la popolazione di tutto il globo e determinato il crollo di ogni struttura sociale ed economica.

Le origini del virus sono sconosciute, ma la sua natura sembra essere collegata proprio all’avvento dei bambini ibridi come lo stesso Gus. Per il giovane protagonista tutto cambia quando un evento sconvolge la sua vita: la morte del padre a causa del morbo. Il piccolo decide di mettersi quindi sulle tracce di sua madre, dispersa sin dalla sua nascita. Accanto a lui ci sarà Jepperd, un uomo burbero e solitario che diventa un compagno di viaggio suo malgrado, e dovrà compiere un’epopea attraverso gli Stati Uniti per ritrovare (e riscoprire) le sue origini. Tutto questo nel mezzo di una pandemia in cui organizzazioni militari private e scienziati doppiogiochisti conducono esperimenti sugli Ibridi per capire i loro legami con il misterioso virus.

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Sweet Tooth: l’uomo è la rovina di se stesso

Quella di Gus è una storia di formazione. Avventurandosi infatti nel mondo reale, il piccolo scopre tutte le verità che il padre aveva voluto tenergli nascoste, sia quelle belle che quelle brutte. Insieme a lui le riscopre anche lo spettatore e grazie al bambino riesce a arricchire al sua visione di insieme, mettendo in discussione le sue condizioni. Tutti noi torniamo a vedere il mondo con gli occhi di un bambino. Le situazioni difficili portano a gesti estremi e la paura del diverso che da sempre ci caratterizza si fa sentire più potente proprio nei momenti più bui, ma allo stesso tempo negli sconosciuti a volte si possono trovare degli alleati. Citando Il Signore degli Anelli, c’è del buono in questo mondo e vale la pena lottare per questo. E grazie a Gus riusciamo a piangere, ridere e sperare. Quando una storia è filtrata attraverso lo sguardo dei bambini, il successo è praticamente assicurato (qui parliamo di Stranger Things).

E Sweet Tooth non fa eccezione. Questa serie distopica e post-apocalittica, così diversa dai soliti mappazzoni che siamo abituati a vedere, è la ventata di aria fresca che da tempo mancava e non poteva arrivare in un momento migliore. Oggi più che mai è necessario mandare un messaggio di speranza verso un futuro diverso e possibile, libero da egoismi, violenze e discriminazioni. Sweet Tooth però non fa solo riflettere, è anche un ottimo intrattenimento. Si avvicina molto più a una favola in cui fantasia e immaginazione si intrecciano, così come i personaggi più o meno fantastici incrociano le loro strade, e creano un equilibrio visivo che gratifica lo spettatore. Se volete quindi iniziare insieme a Gus questo cammino che, ci auguriamo, ci accompagnerà per numerose stagioni, correte a vedere questo piccolo gioiellino. E quando avrete concluso questa prima stagione non vi diremo di non piangere, perché non tutte le lacrime sono un male. A presto Golosoni!

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