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Sweet Tooth è un romanzo di formazione

Se dovessimo condensare il significato di Sweet Tooth in poche parole la definiremmo come una serie che racconta di come la paura verso un nemico invisibile e sconosciuto porti la gente a diventare spietata e impulsiva, e a intraprendere strade inaspettate. Ma è anche una storia di struggente speranza per il futuro.
L’omonima opera madre da cui è tratta la serie originale Netflix di Jim Mickle e Beth Schwartz – ossia l’apprezzatissimo fumetto firmato da Jeff Lemire – è nata prima dello scoppio della pandemia, prima che il mondo dovesse confrontarsi davvero con uno spaventoso antagonista. Eppure la sua metafora distopica riesce a raccontare perfettamente la nostra attuale realtà. E nel farlo ci arriva dritta al cuore perché riesce a catturare contraddizioni e riflessioni che sono più vicine che mai.

Ci è chiaro sin da subito che ci troviamo di fronte a una serie che vuole mostrarci come il timore di ciò che è sconosciuto possa spandersi come veleno e infettare i rapporti umani, lasciando che la nostra bussola morale impazzisca. Ma Sweet Tooth è soprattutto il racconto di un bambino che impara a diventare grande in un mondo ostile, un mondo che lo guarda con rabbia e sospetto, e – allo stesso tempo – è la storia di un’intera specie che fa i conti con le proprie brutture. Ed è proprio questa sua caratteristica a renderla un fantasy che non sapevamo di volere, ma di cui avevamo bisogno, al contrario di altre produzioni dello stesso genere.

Sweet Tooth è una storia di formazione, una favola moderna che ci racconta l’impervia strada da compiere per trovare una nuova consapevolezza.

Nessuno sa se il fenomeno della nascita di esseri metà umani e metà animali, sia causa o effetto del virus che si è diffuso per il globo. Si tratta del “più grande mistero di questo secolo”. Quello che è certo è che agli occhi dei più non sono affatto bambini: sono ibridi, deviazioni dalla normalità. E per questo, per il loro discostarsi da ciò che si conosce e si considera “normalità”, meritano di essere perseguitati, uccisi. Meritano di diventare oggetti di studio.
Gus è nato in questo mondo, stando a queste regole, e suo padre ha provato a proteggerlo in ogni modo, tenendolo nascosto nel fitto dei boschi, al riparo dalla malvagità, in quello che un tempo era il Parco Nazionale di Yellowstone. Qui gli ha insegnato a sopravvivere in completo isolamento in un mondo che non lo vuole e ha paura di lui. Quando cresci così, temendo l’esterno che a sua volta ti ritiene una minaccia, non puoi fare a meno di chiederti cosa ci sia al di là del tuo recinto e quanto oltre potresti spingerti sfidando la sorte. 

Ma non è solo da questa chiamata all’avventura che ha inizio il vero percorso di Gus, primo motore dell’intero arco trasformativo che vediamo svilupparsi in Sweet Tooth. 

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Il punto di svolta arriva quando è l’esterno che s’intrufola nel piccolo universo di Gus e del suo Pubba, distruggendo quello che hanno costruito insieme nel corso di 10 anni di amore e favolesche avventure lontane dalla crudeltà che gli umani sono capaci di mostrare quando temono per l’incolumità. Inizia con la foto di una donna di nome Birdie che riporta una sola indicazione: R.R. Colorado. Quello che per Gus inizia come un viaggio alla ricerca di sua madre si trasformerà in una ricca esperienza di crescita e maturazione non solo per lui, ma per l’intero sistema in cui è nato e cresciuto.
Mentre il nostro adorato bambino-cervo esplora quella realtà da cui è sempre stato tenuto lontano, scoprendo trappole e tesori, il resto del mondo lotta con gli effetti del virus e con le spaventose mura innalzate dal terrore. Spinta al limite della fobia e dell’irrazionalità, la popolazione mondiale dovrà fare i conti con la propria coscienza e mettere in discussione tutte le azioni compiute fino a quel momento.

Quanto sei disposto a fare per sopravvivere? A quanto di te stesso sei disposto a rinunciare per proteggere chi ti sta a cuore? Sono domande universali alle quali Sweet Tooth trova risposte profonde, che parlano di Gus e del mondo che lo respinge, e soprattutto parlano di noi.

Al centro del percorso di trasformazione del mondo e di un desiderato cambiamento di prospettive, c’è soprattutto il confronto e l’incontro. Pregiudizi e false credenze sono all’ordine del giorno e arrivano anche da chi prova sinceramente ad aiutarlo, Gus lo impara presto lungo la strada, ma è proprio in quelle circostanze che si verificano i momenti di crescita più significativi. Quando le diversità entrano in contatto e le distanze si accorciano, il confine che separa ciò che è noto e familiare da quello che non si conosce diventa meno spaventoso. E all’improvviso il tentativo di valicarlo non sembra così impossibile.

Immergersi in Sweet Tooth è come guardare contemporaneamente un road trip movie al sapore di fantasy distopico su uno sfondo post-apocalittico, il tutto tenuto insieme da un semplice – quanto necessario – concetto: di tutti gli avvenimenti che potrebbero verificarsi, l’unico davvero imperdonabile è farsi guidare dalla paura più cieca

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Alcune storie cominciano dal principio, quella di Gus è iniziata scavalcando una recinzione che lo separava da un mondo sconosciuto, quella di chi lo vede come un mostro ha preso il via scendendo a compromessi con la propria umanità. La nostra deve iniziare da qui: dalla consapevolezza delle brutalità di cui è capace il genere umano in preda al terrore. E dal tentativo di evolvere in qualcosa di migliore.

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