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La classifica dei 5 migliori episodi di Six Feet Under

Six Feet Under è una serie tv che ha segnato la storia sotto tanti punti di vista. Non è una serie tv facile: la profondità dei temi e la leggerezza cruenta con cui sono trattati lascia sbigottito anche lo spettatore più duro di cuore.

Ogni episodio della serie ci fa conoscere una diversa sfumatura della vita e, nel farlo, sfrutta sapientemente la cornice della morte. È come se ogni pezzo fosse al posto giusto: fotografia, sceneggiatura, recitazione. Tutto si mescola perfettamente per scavare a fondo nell’animo umano, intercettarne le debolezze ed elevarle ad arte.

Ecco perché selezionare i 5 episodi migliori di Six Feet Under e ordinarli in una classifica non è stato affatto semplice. Fatta eccezione per la prima posizione, su quella c’è ben poco di cui parlare, qualificandosi come uno degli episodi migliori dell’intero panorama televisivo.

Di seguito, quindi, la classifica dei 5 migliori episodi di Six Feet Under:

5) Nella valle della morte… (4×05)

Six Feet Under

Il quinto episodio della quarta stagione di Six Feet Under, il cui titolo in lingua originale è “That’s my dog“, è incentrato su uno degli eventi più traumatici e segnanti dell’intera serie: il sequestro di persona di David Fisher.

La struttura dell’episodio ci fa percepire chiaramente l’angoscia di David: l’alterarsi irruento delle sue emozioni, il senso di colpa, la vergogna, la paura. Quest’ultima, infatti, è la vera protagonista di Six Feet Under, fungendo da anello di congiunzione tra la vita e la morte.

In questa puntata in particolare, comprendiamo che a volte la vita sa essere più spaventosa della morte. La cattiveria a tratti folle dell’essere umano è capace di causare ferite profonde, quasi impossibili da cicatrizzare. La vera differenza sta nel fatto che la morte è la fine di tutto, mentre la vita ti costringe a convivere con le ferite, sentirne pulsare il dolore e lo sconforto.

“That’s my dog” ci trasporta sulle montagne russe dell’orrore, ci fa sentire vulnerabili e ipnotizzati dallo schermo. Una puntata di Six Feet Under, magistrale che non smette mai di colpire e stupire.

4) Transizione (5×09)

Six Feet Under

Nello scrivere di questo quarto posto rivivo uno dei momenti più intensi e scioccanti di tutta la serie. Six Feet Under ci ha insegnato che il confine tra vita e morte è indicibilmente labile. Un momento sei immerso nella vita e il momento dopo questa finisce. Non c’è tempo per dirsi addio, non c’è tempo di chiudere i conti con la realtà. Tutto ciò che c’è di sospeso rimane così per sempre, come appeso a un filo invisibile eppure assurdamente concreto e tangibile.

Ci si lascia dietro tutto mentre questo tutto continua a scorrere. Ecco perché “Ecotone” (il titolo in originale) non poteva essere il finale di serie. La morte, come singolo elemento, non è la fine ma una minima parte del tutto. Noi, come i Fisher siamo costretti a subire il lutto, assorbirlo con la asettica e dolorosa percezione della sua esistenza, come fa l’intera famiglia nell’episodio subito successivo.

In qualche modo tutto scivola via, come la vita stessa, tra le coperte di un ospedale e l’oscillare di un elettrocardiogramma. Poi il piattume dello strumento, che nella sua robotica macchinosità mette il punto su un esistenza e le sue prospettive.

3) Riposa in pace (4×01)

Six Feet Under

Six Feet Under letteralmente significa “sei piedi sotto terra”, indicando la profondità a cui vengono seppelliti i cadaveri dopo la morte.

In questo episodio, più che in ogni altro, scaviamo a mani nude quei sei piedi di terra. La morte perde i suoi fronzoli, diventa un lamento che si ricongiunge con la natura.

La relazione tra Lisa e Nate ci è sembrata sbagliata sin dal principio. Forse lo era. Nate ha sempre pensato che l’amore fosse sinonimo di responsabilità: si ama per responsabilità, si è fedeli per responsabililtà, si condivide un tetto per la stessa ripetitiva e monotona responsabilità.

Nate scopre l’amore in ottemperanza a questo doveroso sentimento che lo assale quando comprende di essere padre. La paternità lo eleva all’amore nella sua forma più pura, casuale e innata. In conseguenza di ciò Nate vuole con tutto se stesso amare Lisa, convincersi che il seme di quel sentimento sia destinato a fiorire rigoglioso e profumato. Ma non è così. Lui lo sa. Lisa lo sa.

Il fiore appassisce e Lisa, con la sua spasmodica e folle visione dell’amore, libera una volta per tutte colui che non sarebbe mai stato capace di ricambiare il suo sentimento.

Lisa affoga nella vita e lascia che la sua presenza scompaia in dissolvenza da Six Feet Under.

L’addio di Nate è un miscuglio di senso di colpa e affetto, nella sua forma più pura. Nate non amava Lisa e non l’ha amata neanche quando si è ritrovato il suo corpo sfigurato e avvizzito tra le mani. Nate non l’ha amata neanche mentre si sporcava le mani di terra e sudore. Ma, in un ostinato gesto di riconoscenza, ha dimostrato che non esiste una sola forma di amore, e che chi si sente incapace di amare a volte riesce a trasporre l’amore in azioni o follie

2) Pilot (1×01)

Al secondo posto di questa classifica riteniamo corretto mettere il pilot della serie. Un pilot che sin dal primo istante si rivela completamente fuori di testa.

La prima morte a dare il via al domino di Six Feet Under è proprio la morte di Nathaniel Fisher Sr. Un evento che ridimensiona l’equilibrio precario della famiglia, lasciando emergere il peso di silenzi e delle incomprensioni, che attanagliavano la famiglia come incrostazioni persistenti.

L’ossimoro su cui si fonda l’intera serie ci appare palese e lampante. Sciorinando tutte le impalcature e le menzogne utili a travisare la morte per renderla più leggera agli occhi dell’uomo.

1) Fino all’ultimo respiro (5×12)

Six Feet Under

Come ho scritto all’inizio di questo articolo, era inevitabile assegnare la medaglia d’oro all’episodio finale di Six Feet Under.

Un episodio iconico, indubbiamente uno dei finali più belli e strutturalmente complessi della storia delle serie tv. Concludere una serie di questo tipo non era assolutamente facile, soprattutto se si considera il livello altissimo di ogni singolo episodio e il tenore qualitativo che ha permeato l’intero prodotto.

Siamo giunti a quest’ultimo episodio che non eravamo pronti a lasciar andare la famiglia Fisher e i loro affari. Inevitabilmente ognuno di loro era entrato nella nostra vita, avevamo legato le loro vicende al nostro quotidiano e in oguno di loro ci siamo rispecchiati. L’empatia è un filo rosso e invisibile che striscia lungo tutta la serie. Il finale, sulle note struggenti di Sia ci accompagna verso una destinazione premeditata e dal sapore agrodolce. È tutto perfetto così, con le lacrime che ci rigano il volto e il cuore proiettato verso un nuovo e silente lutto. Six Feet Under finisce e tutto ciò che ci ha lasciato si accumula a un centimetro dal nostro petto, come il fantasma di quell’attesa che, in qualche modo, accompagna oguno di noi perché in fondo “Everyone’s Waiting“.

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