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È quindi quasi tragicomico che questa considerazione ironica finisca con l’avere effetto anche sulla sceneggiatura stessa della Serie. Fra sotto-trame aneddotiche che sembrano perdersi in nulla e un livello un po’ seccante del famoso queerbaiting, durante la terza stagione Sherlock sembra perdere qualcosa del suo carisma originale.

Sherlock

Ciò non vuole assolutamente dire che le ultime due stagioni (quindi sostanzialmente la metà, se si esclude l’episodio extra “The Abominable Bride”) della Serie siano da buttare. Ma inizia ad emergere la percezione che dal desiderio di crescere, Sherlock inizia a puntare verso direzioni diverse. E queste direzioni conducono la Serie verso risultati meno soddisfacenti di quelle intraprese dalle prime stagioni.

Sherlock doveva continuare ad evolversi. Tuttavia, fra il drama che si concentra più strettamente sulle relazioni fra i personaggi, e il crescendo di atmosfere Bondiane, l’integrità della Serie che avevamo imparato a conoscere sembra risentirne.

Le basi per queste scelte sono giustificabili. Sherlock vuole continuare a stupirci. E vuole anche esplorare sempre di più il protagonista strabiliante che ha saputo creare. Eppure dal desiderio di volersi addentrare sempre di più nel personaggio di Sherlock e di voler al contempo renderlo una leggenda sorgono alcuni problemi.

I conflitti che legano i personaggi portano Sherlock a ruotare su se stesso. Piuttosto che costituire una traiettoria lineare verso continui maiora e meliora, Sherlock continua a tornare sui suoi passi. Continua a definirsi, costituirsi e proiettarsi verso le sue basi, invece che usare le sue basi per ampliarsi, per lievitare. L’approfondimento psicologico di Sherlock non è sbagliato in sé. Sono le modalità attraverso cui ciò avviene che diventano meno interessanti man mano che vengono riprodotte.

Il nuovo sa anche lasciarci perplessi. Come il plot-twist sul personaggio di Mary Morstan. Sebbene il desiderio di dare più spazio a un personaggio femminile attraverso un carattere forte sia ammirevole, Mary sembra risentirne più che goderne.

Il personaggio di Mary si era inserito nella Serie con garbo e con un certo carisma. Volendo emanciparla, Sherlock finisce col renderla una specie di personaggio fumettistico. Il plot-twist può essere anche piaciuto ad alcuni, e gli altri hanno più o meno imparato a conviverci. Se irrita è perché sembra ingiustificato, una forzatura non necessaria. Finché era Sherlock l’unico a rompere il realismo, la Serie aveva un certo equilibrio; in fondo un certo tono Bondiano era presente anche da prima nella Serie. Ma questa svolta narrativa lascia a desiderare più di quanto appaghi.

Il passato avventuroso quanto tumultuoso di Mary finisce con il creare un curioso distacco anche dal personaggio di John. Da personaggio-ponte quale sembrava essere, John inizia ad essere quasi estraniato nella sua normalità. Quando non è impegnata a giustificare un simile livello di segretezza, Mary adotta un comportamento che non necessità simili spiegazioni. Quanto avevamo visto prima della rivelazione era sufficiente a presentarci un personaggio sveglio e carismatico. Sherlock ci dà un personaggio femminile che forse sorprenderà anche, ma la cui storia crea solo “drama” aggiuntivo, una curiosa fuga che finisce nel nulla, e tanta perplessità.

Per tutti gli sforzi della Serie di rendere Mary una “badass” e una fata madrina per Sherlock e John, questo passaggio porta fondamentalmente solo una serie di nuove scene d’azione che sebbene non sempre non volute non si possono dire neanche particolarmente richieste.

Il finale della terza stagione ci presenta una specie di “super cattivo“, eliminato con tempestiva violenza. Malgrado il desiderio di innovazione, la sensazione è che dalla terza stagione le cose che funzionano meglio sono le vecchie. L’accenno a un possibile ritorno di Moriarty alla fine della stagione non migliora le cose.

Sherlock

(Ma sai, Moriarty, adesso che mi ci fai pensare ti devo dire che sì, ci manchi)

Di fronte a questo confronto, Magnussen improvvisamente è quasi un principiante. La sorpresa per l’azione di Sherlock viene annullata dalla rivelazione nella nuova stagione della sua reale innocenza. Le giustificabili ripercussioni per l’apparente omicidio di Magnussen vengono eliminate ancora più rapidamente dall’intervento fraterno. La mente di Sherlock pare essere l’arma destinata a salvare il mondo. Inizia ad essere anche abbastanza intuitivo che in realtà Mycroft Holmes è una specie di Signore Assoluto dell’Universo. Noi capiamo che la regina sia (palesemente) eternamente impegnata a fare i video ai suoi Corgi e che il primo ministro fosse impegolato (presumibilmente) con varie forme di maledizioni per aver promesso il referendum per l’uscita dall’UE. Però capiamo anche in quali mani sia in realtà il destino inglese.

E qui ci colleghiamo a un altro problema dettato da “l’eccessiva presa coscienza di sé”.

L’impatto del moderno Sherlock è stato fortissimo. Ma con il passare del tempo, Sherlock si avvicina più a una sorta di “Dark Knight” di quanto non sia immediatamente apprezzabile. Qualcosa nella caratterizzazione del personaggio sembra portarlo lentamente via dal mondo dell’eccentrico verso quello supereroistico.

Forse la cosa che rende Sherlock Holmes in generale una figura così affascinante è proprio che la sua genialità, la sua capacità di risolvere situazioni e misteri, deriva da una qualità inaspettatamente “semplice”. La capacità di osservare. Sherlock ci incanta perché quello che sembra quasi un superpotere non ha niente a che vedere con capacità inspiegabili. Gli indizi sono sempre tutti lì. E il percorso che lo conduce alle sue conclusioni, quando esplicato, è sempre straordinariamente lucido e lineare.

Ma nel corso della Serie, Sherlock inizia ad essere presentato più come un’arma votata a sconfiggere malvagi assoluti. Abbiamo potente Magnussen capace di rievocare mentalmente un quantitativo assurdo di files personali. La risoluzione di un vecchio caso che si avvicina più a un trip indotto da droghe che ad un’astrazione mentale. Un ricchissimo psicopatico apparentemente intoccabile. Fino ad arrivare a una sorta di nemesi storica vera e propria: Eurus.

Eurus Holmes, la terza Holmes, intelligentissima almeno quanto gli altri, ma decisamente con una marcia in più. Dopo tantissime aspettative e quelle che poi si scoprono varie apparizioni, lo spettro di Moriarty crolla come un fantoccio davanti al vero genio del male. E Sherlock brucia due antagonisti con una puntata.

La nostra Eurus ci saluta anche con un’ulteriore sorpresa. Non solo non c’è con la testa e possiede un intelletto raffinato. Eurus è anche perfettamente in grado di controllare mentalmente più o meno chiunque desideri. Se cercate un esempio del superamento della linea che separa verosimile e fantastico lo avete trovato. Manipolazione: tragicamente vera. Manipolazione estrema: verosimile. Mind-control: va a braccetto con Harry Potter per ottimi motivi. Diciamo anche che le sue presunte capacità di prevedere attacchi terroristici si avvicinano molto alla divinazione.

Siamo un po’ confusi a questo punto. Sherlock è stata acquistata dalla Marvel?

Su una cosa siamo assolutamente sicuri: nell’ultima decade ogni personaggio con intenzioni criminali e capace di controllare mentalmente i più (o anche semplicemente straordinariamente intelligente) deve essere uscito con una targhetta che recitava “tenere rigorosamente ‘al fresco’ e sotto vetro“.

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(Quando avevamo sentito dire che Tom Hiddleston avrebbe forse interpretato il terzo Holmes non era esattamente questo che avevamo immaginato…)

Sherlock è così innamorato del suo protagonista che non si accontenta di aver fornito sufficienti elementi per dedurre la sua umanità e bontà (checché ne dica la sua autodiagnosi di sociopatia, un termine già in sé controverso nell’ambito accademico). Dimostrare fino all’inverosimile che Sherlock è capace di tenere alle persone non è abbastanza. Esporre la sua debolezza con allusioni sempre più forti alla dipendenza dalla droga neanche è abbastanza.

La rivelazione che conclude (così almeno dicono) la Serie trasforma la vita di Sherlock in una sorta di tentato riscatto. Una sorta di espiazione per il tragico fallimento compiuto da bambino. Un terribile trauma infantile lo condanna alla solitudine. Sherlock decide che l’ultimo caso da risolvere è proprio Sherlock. Per quanto possa sembrare una mossa ambiziosa e intrigante, un po’ ci delude. Sembrava volessero darci una personalità che non temeva di essere geniale, invece ci hanno dato un uccellino ferito.

Sherlock è una Serie bellissima. E il suo “peccato”, il suo punto debole è forse l’esserne stata consapevole troppo presto. In un certo senso, Sherlock pecca di arroganza. Finisce con l’essere troppo consapevole del suo potere carismatico e sceglie di ignorare le sue fragilità. Un po’ come il suo personaggio.

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