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La paura dei 30 anni, vissuta da chi è ancora lontano dai 30 anni

L’articolo contiene spoiler di Strappare Lungo i Bordi, Inside e Tick, Tick… Boom!

Uno dei temi cardine nelle opere nate in questi ultimi anni è il tema dell’ansia. Il periodo di pandemia globale che ha avuto ripercussioni sulle vite di tutti, ha costretto chiunque a fermarsi e ascoltare il proprio pensiero. Da soli, in casa, senza i rumori tempestosi della vita di tutti i giorni, ci siamo trovati a fare i conti con quei pensieri che tenevamo nascosti perché pesanti da affrontare. E questo vale per tutti: creatori, interpreti o fruitori delle idee che vediamo sul piccolo schermo, veramente tutti ci siamo ritrovati – in modi differenti – a fare i conti con noi stessi. Non è facile riunire pensieri e timori diversi, per questo abbiamo voluto concentrarci evidenziando un tema particolarmente discusso: la paura di crescere.

Ma non quella che i bambini temono verso l’adolescenza o gli adolescenti verso l’età adulta. Quella lenta e straziante paura di arrivare ai 30 anni. Potrei provare a dirvi cosa voglia dire avere trent’anni, ma non riuscirei nel mio intento per due motivi principali. Il primo è che a trent’anni non ci sono ancora arrivato. E la paura che provo rispetto all’arrivare a quell’età altro non è che la paura dell’ignoto. Saper spiegare o anche solo conoscere cosa ci aspetta renderebbe il percorso più semplice, ma sappiamo che la psiche umana non è nota per indorare la pillola.

E non dimentichiamo il motivo più evidente

Per analizzare questo timore ho cercato delle opere recenti che abbiano affrontato l’argomento. Avrei potuto trovarne a decine, ma tre in particolare sono riuscite a fornirmi una base solida. Strappare Lungo i Bordi di Zerocalcare, Inside di Bo Burnham e Tick, Tick… Boom! di Lin-Manuel Miranda. E, guardando il loro talento e quanto siano riusciti a dire, ma allo stesso tempo quanto anche abbiano solo lasciato intendere sull’argomento, capisco la difficoltà di esprimere questo concetto. Perché arrivare a trent’anni per la società attuale vuol dire principalmente due cose: richieste e aspettative.

Le persone intorno a te dicono che alla soglia dei trent’anni bisogna avere stabilità economica, emotiva, relazionale. E nello stesso momento il mondo fa di tutto per rimescolare le carte in tavola, scombussolare le acque e incasinarti la vita. È un decennio intero, quello dei vent’anni, che vivi da adulto e dovresti stare sulle tue gambe. Ogni tua scelta dovrebbe essere la scelta ideale e gli errori non dovrebbero essere più ammessi, il tutto mentre tu stai ancora capendo se la pasta al sugo la devi fare con le penne rigate o quelle lisce e ti chiedi se veramente ci sia una differenza o è una di quelle vecchie sitcom in cui cambiano i titoli alle puntate, ma poi alla fine il risultato è uguale.

La pandemia ha aggravato tutto, rallentando e velocizzando le vite contemporaneamente

Inside

Aver passato due anni chiusi dentro casa, con movimenti limitati e situazioni precarie indipendentemente da come fossimo arrivati a quel maledetto 2020, forse ci ha impedito di cambiare. O forse ci ha permesso di nasconderci meglio. Nel suo speciale, Bo Burnham racconta la sua ricerca di fiducia – portata avanti per anni – per tornare a vivere nella società e di come l’avesse ritrovata solo per vedersi rinchiuso di nuovo in casa a causa del lockdown. Tra canzoni introspettive e quel tipo di ironia tagliente e realistica che può mettere solo lui, ha fatto comprendere come sia felice di aver superato un momento buio, ma al tempo stesso come sappia di aver passato molti anni lasciandoli semplicemente passare.

Come le giornate delle ultime due annate, fin troppo ripetitive e cicliche, cambiate solo dal numero di casi e decessi mentre nessuno ti aveva preparato a una situazione come questa: avvicinarsi ai trent’anni, rinchiuso in casa, senza farina. Insomma, quando mai è mancata la farina in casa? La gente compra la farina? Non è una fonte infinita che troviamo negli sportelli come la luce del sole? E ti accorgi di non essere solo nel mondo, ma neanche nel tempo, perché la paura dei trent’anni c’è stata in ogni epoca.

Anche per coloro che hanno fatto la storia

Strappare Lungo i Bordi

Lin-Manuel Miranda ha ingaggiato Andrew Garfield per interpretare il triste ed emozionante racconto della vita di Jonathan Larson, autore di alcuni dei musical teatrali più grandi di sempre. Il 1990 è stato l’anno dei trenta, con l’autore che stava lavorando al suo più grande progetto dal 1983. Un’idea coltivata lentamente e con cura, tra timori e scelte difficili. Carriera o vita privata, successo o amici, luce in casa o sogno nel cassetto. Questo film uscito su Netflix rappresenta al meglio l’idea del passare inesorabile del tempo, con un ticchettio di orologio in sottofondo e un silenzio assordante che collega le varie scene musicali e piene di energia.

Un saliscendi di emozioni che rappresenta perfettamente la decade da noi in analisi, con un quando come obiettivo ma mai un come. Qual è il miglior modo per avvicinarsi ai trent’anni? Rischiando il tutto per tutto perché sei ancora in tempo o giocando sul sicuro perché una volta superati molti ti riterranno finito? Quand’è il momento di prendere una pausa e quando spingere sull’acceleratore? Perché è sì vero che una maggiore carica riesce a dare carburante alla vita, ma correre fa passare i giorni più in fretta e questi ti scivolano tra le dita mentre sei a una velocità tale che o guardi avanti, o vai a sbattere contro qualcosa.

Qualcosa che può essere anche figurato, anzi, la maggior parte delle volte è così

Strappare Lungo i Bordi

Zerocalcare e la sua straordinaria opera animata Strappare Lungo i Bordi vogliono essere il terzo passaggio del nostro racconto grazie proprio alla sua vicinanza a noi. Certo, a livelli temporali questa pandemia viene meglio rappresentata da Bo Burnham, ma fuori di casa vi è una società italiana che Zero capisce tanto quanto noi. Anzi, forse un po’ meglio. La sua visione dei trent’anni non è mai indirizzata al successo, quanto alla consapevolezza di dover guardare indietro nella propria vita e fare un po’ di conti col passato. Per quanto questi siano pesanti da digerire o difficili da affrontare, il primo giudizio dovrebbe rimanere rivolto a noi, ma mai in modo egocentrico.

Strappare Lungo i Bordi ci insegna che siamo, sì, al centro delle nostre vite e fautori del nostro destino, ma fin troppe volte arriviamo a corrucciarci per decisioni che non abbiamo potuto impedire. I se e i ma piovono a catinelle e non ci sentiamo nella posizione di meritarci un ombrello. Un po’ perché sotto sotto siamo brave persone e vedere il prossimo soffrire, per quanto inizialmente pensiamo sia una distrazione dalle nostre difficoltà, non è mai facile da affrontare. Ma un po’ anche perché la società ci ha insegnato che a trent’anni i dubbi non dovresti più averli. Dovresti essere stabile per te stesso, ma soprattutto un’ancora di salvezza per chi ti sta vicino.

Eppure, in una situazione come quella attuale, possiamo solo sostenerci a vicenda alla bene e meglio pensando che basti. Perché è vero che siamo fili d’erba, ma per un brutto scherzo del destino abbiamo rischiato di dimenticarci come sia fatto un prato. E se da questo articolo vi aspettavate la soluzione su come affrontare i trent’anni, possiamo solo dirvi che siamo tutti un po’ incasinati alla stessa maniera. Lo siamo noi, lo sono le persone di successo, lo erano le future leggende e probabilmente lo saranno i nostri figli. Anche se, piano a parlare di figli che quello è un discorso totalmente diverso e già facciamo fatica a cucinare per noi e per altre persone adulte. Se poi vi serve proprio una soluzione, vi consiglio di chiedermelo di nuovo tra dieci anni: o l’avrò trovata, o non servirà più nemmeno a voi.

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