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Quando è il momento di eliminare un personaggio dalla tua Serie Tv

Un detto sempreverde recita che l’Italia è un paese di 60 milioni di commissari tecnici. Il riferimento è ovviamente calcistico: quando gioca la Nazionale ognuno di noi si sente in dovere di dire la sua sulla formazione, sugli schemi o sulle convocazioni. A oggi, il detto andrebbe rivisitato, o quantomeno parafrasato. Siamo diventati col tempo un popolo di poeti, navigatori e showrunners. Di santi, in effetti, nemmeno l’ombra ultimamente. Quando si tratta di Serie Tv, tra amici e sul web impazzano le teorie, le ipotesi e i pareri su come andrebbe sviluppata la trama.

Un aspetto fondamentale in questo senso riguarda la gestione dei personaggi. Ognuno di noi ha i propri beniamini e chi proprio non riesce a tollerare. C’è chi a un personaggio augura lunga vita e prosperità, e di contro chi si augura di vederlo il prima possibile fuori dai giochi.

Toccasse davvero a noi, per una volta, vestire i panni dello showrunner, quand’è che opteremmo per la messa al bando di un personaggio dalla nostra Serie Tv?

Non è affatto facile come può sembrare stabilire quando è il momento giusto per far uscire di scena uno di loro. Conviene fare prima un passo indietro e inquadrare a monte la questione.

Di base ogni personaggio dovrebbe avere un peso specifico nell’economia del racconto di una Serie Tv.

Ogni soggetto che si rispetti deve essere paragonabile all’ingranaggio di un orologio: qualora venga a mancare la sua funzione, sia questa fondamentale o minima, il meccanismo si incepperebbe. Un personaggio inutile, un semplice filler (un “riempitivo” ndr) rischia di appesantire la narrazione. Addirittura di guastarla, quando la sua presenza diventa tossica per lo show. Non per forza ci stiamo riferendo a un personaggio sgradevole, sia ben inteso.

Spesso un personaggio repellente, odioso, è essenziale per mettere un po’ di sale alla storia. Prendete Arturito de La Casa de Papel. È lo stereotipo del pavido, dell’inetto che ogni spettatore vorrebbe veder finire male augurandogli le peggio sventure. Anche se apparentemente non sembra, Arturo e il club dei detestabili sono utili alla trama. Eccome se lo sono. Arriviamo a tifargli contro, a incanalare la frustrazione e a esultare appena qualcosa va loro storto. Insomma, tutto si può dire tranne che il pubblico resti indifferente di fronte ai loro comportamenti.

Altro aspetto da considerare è che ogni personaggio compie un proprio percorso all’interno di una Serie Tv. Alla fine del quale, spesso, non resta altro che una passerella d’addio.

Cersei Lannister

Da anni i fan di The Walking DeadGame of Thrones (per citare giusto due tra le Serie Tv più illustri) ragionano seguendo questo schema per individuare in anticipo le possibili morti dei loro show preferiti. Se il ruolo non è propriamente rilevante, la fine del percorso di un soggetto e la sua conseguente dipartita è funzionale a una svolta (positiva o negativa) per un protagonista. Gli esempi si sprecherebbero, ma per non indispettire talebani dello spoiler con arretrati da recuperare potreste arrivarci da soli, pensando anche solo alle due Serie sopracitate.

Nei ruoli principali invece la fine del proprio percorso può coincidere con il raggiungimento della redenzione definiva (come potrebbe toccare al nostro Jaime Lannister nella prossima stagione) o con il culmine di una regressione negativa per un personaggio inizialmente virtuoso. In entrambi i casi, è fondamentale che l’uscita di scena non lasci nulla in sospeso.

L’allontanamento, di base, dovrebbe avvenire quando l’apporto del soggetto sia da considerarsi sostanzialmente esaurito. Quando, ripensando al suo arco narrativo e alla sua storia nella storia, ci si possa ritenere soddisfatti.

Va da sé che, anche se non lo vorremmo mai, non sono da trascurare gli imprevisti e le tragedie che colpiscono gli attori. Finendo per condizionare inevitabilmente il destino del loro personaggio.

Attori

Giusto qualche giorno fa vi abbiamo parlato qui dei casi più celebri di attori deceduti con la propria Serie Tv ancora in corso. Potrà sembrare indelicato, trattandosi di tragedie umane prima di tutto, ma queste morti improvvise si rivelano delle vere e proprie gatte da pelare per gli autori dei relativi show.

Cosa fare in questi casi? Eliminare il personaggio, pensare a un re-casting o addirittura discutere se sia il caso di chiudere anticipatamente la Serie?

Ogni casa di produzione ha una sua linea politica in merito. Quella degli autori de I Simpson, per esempio, è di eliminare il personaggio dalla Serie in caso di scomparsa del relativo doppiatore. Una questione morale un segno di rispetto, ri-presentatasi purtroppo di recente con la scomparsa di Marcia Wallace e il conseguente ritiro del personaggio di Edna Caprapall. Già nel 1998, I Simpson decisero di tagliare definitivamente Lionel Hutz e Troy McClure, due dei personaggi secondari più amati, in seguito all’omicidio del loro doppiatore, Phil Hartman. Stessa scelta venne operata dagli autori di The Big Bang Theory che scelsero di far morire anche nello show la madre di Howard, dopo che venne a mancare Carol Ann Susi, storica voce strillante dello show.

È capitato, anche recentemente, che si arrivi a rinunciare a un personaggio, allontanando l’interprete, a causa del suo comportamento inadeguato o di insanabili divergenze economiche.

Kevin Spacey

La scelta più clamorosa  e roboante in questo senso fu quella di Netflix, che mesi fa stracciò il contratto della propria star forse più importante, Kevin Spacey. Anche solo pensare a un’ultima stagione di House Of Cards senza Frank Underwood viene quantomeno difficile. Si prospetta una sfida decisamente in salita per la grande N, ma aspettiamo di vedere il risultato prima di pronunciarci in merito.

Una scelta coraggiosa compiuta anche dagli autori di Transparent che, sempre in seguito alle scorie dello scandalo Weinstein, hanno deciso di comune accordo con Jeffrey Tambor di fare a meno del proprio protagonista nella prossima quinta stagione.

In un certo senso il primo a operare col pugno di ferro molto prima del polverone dell’ultimo anno fu Chuck Lorre. Il boss di Due uomini e mezzo, stufo delle continue bizze di Charlie Sheen, decise di sbarazzarsene e di continuare la Serie senza il suo co-protagonista, l’amato Charlie Harper.

Uno dei casi analoghi più recenti riguarda Lethal Weapon. Sono giorni di riflessione per la FOX riguardo al destino della Serie Tv. Lo show rischia la cancellazione a causa dei problemi causati da Clayne Crawford, il nuovo volto di Martin Riggs per la Tv. Viene difficile pensare a un Arma Letale senza il personaggio reso celebre da Mel Gibson, perciò anche l’idea di un recasting, per quanto rischiosa, è al vaglio degli autori.

A volte invece capitano veri e propri colpi di fortuna che segnano il destino di un personaggio, inizialmente destinato a terminare anticipatamente la propria corsa.

Il caso più celebre è senza dubbio quello di Jesse Pinkman, indimenticabile spalla di Walter White in Breaking Bad. Vince Gilligan non ne ha mai fatto mistero: l’idea era di far morire Jesse dopo la prima stagione, una volta introdotto Walt nel mondo della metanfetamina. Lo sciopero degli sceneggiatori del 2007 fu un segno del destino, dando il tempo a Gilligan di riconsiderare la sorte di Pinkman in seguito al gradimento del pubblico nei suoi confronti.

Pinkman

Alla fine, inutile negarlo, molto spesso è così. È il pubblico a orientare le scelte degli autori e a prolungare l’arco narrativo di un personaggio.

Ciò non dovrebbe di base costituire la regola, ma i dati e gli indici di gradimento a disposizione degli autori rischiano di influenzare il fato delle pedine sulla scacchiera. L’importante alla fine della fiera è che decidere di rinunciare a un soggetto non deve scombussolare l’equilibrio della Serie Tv. Non deve lasciare un vuoto, men che meno decretare un cambiamento di registro che ne sconfessi stile e identità.

Dulcis in fundo, è bene ricordare che spesso più del perchè, conta il come viene allontanato un personaggio. Sarà quello che il pubblico ricorderà più a lungo, e che volente o nolente determinerà gran parte del successo o dell’insuccesso della decisione. Perché da buoni CT della nazionale: “io avrei fatto così, io colì”.

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