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La classifica delle 5 migliori Serie Tv britanniche di sempre

3) Doctor Who

the walking dead - doctor who

L’anima da attento tessitore di storie deve proprio essere nel sangue di Steven Moffat se a lui dobbiamo anche un contributo fondamentale nel rilancio della nuova serie di Doctor Who. Se è vero infatti che la paternità del revival va attribuita senza dubbio a Russell T. Davies, Moffat (grande fan già della prima serie) contribuisce fin da subito e in maniera diretta nelle sceneggiature di Doctor Who.

Anche in questo caso si trattava di riproporre al vasto pubblico una serie cult che aveva già fatto la storia della televisione britannica. La sua pervasività nell’immaginario inglese può solo lontanamente essere compresa da noi italiani. Doctor Who, prima di ogni altra opera televisiva, era stata capace di imporsi nella forma mentis di un’intera nazione, influenzandone comportamenti e modi culturali.

Potremmo dilungarci sui riconoscimenti ottenuti (ben centocinquantadue i premi) o sugli apprezzamenti trasversali di pubblico e critica, tanto che perfino la regina Elisabetta non si sottrae alla passione per la serie, ma forse sarà meglio qui analizzare in maniera generica i motivi di tanto successo.

Molto spesso il genere sci-fi gode di una scarsa attenzione dalla critica venendo relegato a prodotto di serie b. Le motivazioni sono da ricercarsi nella preminenza che spesso viene data agli aspetti speciali e al contestuale deficit nella profondità del racconto. Non mancano eccezioni in questo senso: per esempio Star Trek ha rappresentato per profondità e morale sottesa una delle più lampanti deroghe alla norma. Su questa scia va inteso anche Doctor Who che, a fronte di una volutamente scarsa attenzione al realismo tecnologico delle sue componenti (soprattutto nella prima serie), si è invece concentrata sul messaggio più profondo della narrazione.

La fantascienza così, molto più che in Star Trek, è diventato mero espediente a far da sfondo, convenzione di atmosfera per una trama incentrata su altro. Precorritrice dei tempi, Doctor Who ha saputo veicolare messaggi di uguaglianza, rispetto della diversità etnica ma soprattutto temi di profonda introspezione. I rapporti, i legami inscindibili tra i personaggi, si tramutano così in una rete di emozioni, tensione e riflessione senza precedenti.

E se questa profondità di sguardo non bastasse, Moffat e Davies sono riusciti anche a costruire intrecci di rara capacità di coinvolgimento: la trama si snoda tenendo costantemente incollati allo schermo e vede un perfetto riavvolgimento proprio nel suo finale attraverso un complesso sistema di variazioni temporali e un attento gioco di prospettive. Travolgente e stimolante, l’originalità regna padrona in ogni episodio. Non c’è mai banalità, mai una verità imboccata per lo spettatore: la riflessione finale diventa così intima, personale, unica per ognuno di noi.

La nuova serie ha avuto inoltre il merito di riproporre con gusto alcuni degli elementi e personaggi più cult del primo Doctor Who riuscendo a restituire iconicità attraverso un ripensamento attento e dinamico che non manca di numerose innovazioni per rispondere a un pubblico (e a un’epoca) diversa. Il risultato è un successo planetario che non smette di incantare il pubblico di ogni fascia d’età e di estrazione sociale con profondità di sguardo e tanto eclettismo.

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