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Jessica Fletcher e Don Matteo: cacciatori (e portatori) del crimine

Questa non è una gara. Sarebbe scorretto poiché La signora in giallo si è conclusa con 12 stagioni nel 1996 mentre Don Matteo non è ancora ufficialmente terminata e, se l’avete persa, su Rai Play sono disponibili tutte le 12 stagioni. La conferma che Terence Hill (l’attore che dal 2000 dona corpo e anima al presbitero più disponibile d’Italia) non sarà nella tredicesima stagione è arrivata, ma con ottime probabilità qualcun altro farà le sue veci continuando a seminare cadaveri nella poco ridente provincia di Gubbio. Se questa fosse una gara tra i due detective-per-caso, però, sarebbe vinta dalla protagonista del celebre mistery della CBS, la scrittrice di gialli Jessica Fletcher (Angela Lansbury): 268 episodi/film/omicidi contro i 255 episodi/omicidi di Don Matteo Bondini. Ma questa non è una sfida all’ultimo sangue bensì uno dei paradossi più raffinati e irrisolvibili della serialità: le persone devono morire affinché i due protagonisti risolvano il caso, caso che non esisterebbe se loro fossero stati altrove quando la vittima è morta. Chiunque si trovi nel raggio di un paio di pedalate oppure sull’agenda telefonica della brillante giallista farà una brutta fine. Il pubblico è concorde nel considerarli degli iettatori. Sebbene la iettatura seriale non sia ancora ufficialmente un genere, se lo fosse, loro sarebbero gli esponenti più autorevoli. Che formano una coppia perfetta lo abbiamo già detto qui e che portano sfortuna lo sospettano i personaggi delle rispettive serie tv, ne sono timidamente consapevoli gli sceneggiatori e lo abbiamo pensato tutti a partire dalla terza puntata sia de La signora in giallo che di Don Matteo. Come direbbe una famosa giallista, tre omicidi non connessi sono la prova che i due protagonisti portano iella. In realtà, le parole esatte non erano queste ma, se la scrittrice avesse avuto il tempo di vedere almeno una delle serie tv che ha ispirato, la sua esclamazione non sarebbe stata più la seguente:

Un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova.

Agatha Christie

Perché il meccanismo considerato illogico dall’intera specie umana continua a funzionare?

Don Matteo

Per i detective è normale essere coinvolti negli omicidi. È il loro lavoro. Vengono chiamati e pagati per farlo. Coinvolgere nelle indagini della polizia una scrittrice di gialli ficcanaso e un parroco di una cittadina (prima del suo arrivo) noiosa, senza per altro dar loro il permesso ufficiale compilando un’estenuante serie di scartoffie burocratiche – necessarie di sicuro in una provincia italiana – ha dell’inverosimile. E poi perché questi due curiosi dovrebbero saperne di più della polizia stessa? Oltre allo sforzo che dobbiamo compiere per accettare 523 vittime di omicidi, incidenti e aggressioni in cittadine poco popolose, l’aspetto controverso è ammettere che due civili siano più competenti delle forze dell’ordine che purtroppo non fanno una bella figura. Entrambe le serie riflettono, e forse hanno anticipato, un malcostume contemporaneo: improvvisarsi qualcosa che non si è e volerne sapere di più del professionista.

Durante la visione di una puntata di Don Matteo e de La Signora in giallo è difficile non chiedersi perché agli sceneggiatori non sia mai venuto in mente di costruire un contesto plausibile. Non serviva troppa immaginazione, ad esempio la Signora Fletcher avrebbe potuto essere una consulente ufficiale interpellata durante i casi di omicidio più stravaganti, come avviene in Castle. Come sappiamo, il topos prete/detective affonda le radici nella letteratura, ad ogni modo Don Matteo sarebbe potuto essere un ex-poliziotto, quindi avrebbe avuto senso interpellarlo nei crimini avvenuti in un contesto religioso. Invece gli sceneggiatori di entrambe le serie hanno optato consapevolmente per un meccanismo che si basa sulla familiarità dei personaggi e sull’estraneità dei protagonisti alla sfera del crimine, pur trovandocisi sempre coinvolti, e sono ben consapevoli della mancanza di un espediente narrativo convincente e sono anche palesemente incuranti che la cornice narrativa sia la stessa in ogni puntata.

Ma gli sceneggiatori non sono certo degli sprovveduti, Santo Cielo!

. Jessica Fletcher

Il personaggio di Don Matteo è ispirato a Padre Brown, il protagonista di oltre cinquanta racconti gialli dello scrittore Gilbert Keith Chesterton, a sua volta ispirato a un vero padre inglese, il prete O’ Connor. Jessica Fletcher, icona di stile e vedova più ambita del Maine, è basata sulla figura di Ellery Queen, concepito anni prima degli stessi creatori della serie, ed è ispirata anche a Miss Marple di Agatha Christie. L’ideatore della popolare fiction Rai, che ogni stagione miete record di ascolti superando anche il 30% di share, è Enrico Oldoini, uno sceneggiatore e regista navigato che ha iniziato la sua carriera con nomi come Corbucci e Wertmüller e che nel 1998 sviluppò l’idea dal soggetto di serie di Alessandro Bencivenni e Domenico Saverni (sceneggiatore di alcuni Fantozzi e di quasi tutti i film diretti da Neri Parenti).

Dietro alla storia dell’ex-insegnante di inglese di Cabot Cove, invece, si nascondono niente meno che Richard Levinson e William Link, gli ideatori di quel capolavoro seriale di Colombo con Peter Falk. La signora in giallo (Murder, She Wrote, prodotta dal 1984 al 1996, più diversi film per la televisione e romanzi) è stata nominata innumerevoli volte come Miglior serie drammatica e ha vinto perfino due Golden Globe. La stessa Angela Lansbury per la sua interpretazione ha collezionato un numero da record di nomination sia ai Golden Globe che agli Emmy Award. Nel corso delle 12 stagioni di Don Matteo hanno recitato volti oggi affermati come Alessandro Borghi, Micaela Ramazzotti, Alba Rohrwacher e per la tredicesima stagione è prevista anche la presenza di Raoul Bova. Ne La signora in giallo, invece, sono apparsi in tempi non sospetti interpreti come Joaquin Phoenix, Bryan Cranston, George Clooney e Courtney Cox. Don Matteo nel 2004 è diventato un fumetto pubblicato sulla rivista per ragazzi Il Giornalino mentre esistono due videogiochi, un puzzle e un gioco da tavolo dedicati alla Signora di Cabot Cove. Nonostante le perplessità e l’illogicità di fondo, entrambe le serie tv invadono i nostri palinsesti e continuano non solo a essere viste, ma anche a essere venerate da un pubblico molto eterogeneo, trasversale e perfino tra i più giovanissimi.

Stessa struttura, stesse statistiche funeste

Don Matteo

Le due serie tv, figlie di epoche e culture differenti, si sviluppano sullo stesso meccanismo: qualcuno muore, la polizia si dimostra poco solerte, Jessica e Matteo non vorrebbero, ma non riescono a fare a meno di ficcanasare. In mezzo a una miriade di indizi che la polizia, puntualmente, non coglie, i due protagonisti riescono a trovare la soluzione dell’intricato caso. Entrambi sono di bella presenza, bicicletta-muniti, amorevoli, disponibili e rassicuranti; sono accompagnati da una sigla di apertura gioiosa e piena di speranza, ma non mancano di far innervosire con la loro arguzia qualche detective. La sfortuna sembra essere il denominatore comune di ogni sciagura e omicidio in cui sono coinvolti. Le statistiche però non quadrano! Gli omicidi, gli incidenti e le aggressioni in Don Matteo avvengono sempre nel raggio di qualche pedalata, e a questa velocità la popolazione umbra sarà decimata nel giro di pochi anni. Nella fiction, Gubbio e poi Spoleto hanno un tasso di omicidi superiore del 50% e un tasso di criminalità da far invidia Los Cabos in Messico e Caracas in Venezuela. Anche l’immaginaria Cabot Cove non è da meno. Ne La signora in giallo le cose si complicano in quanto Jessica viaggia spesso e ha una cerchia di colleghi, amici e parenti – con la fastidiosa abitudine di accoltellarsi a vicenda – lunga tanto quanto la scia di morti ammazzati che si porta dietro. Ma il mistero più grande è come sia possibile che la tonaca di don Matteo non si incastri mai nei raggi della bicicletta e come fa lo spettatore a non sussultare ogni volta che Terence Hill sfreccia sulle scalinate, nonostante la maledizione che lo perseguita.

Cosa si dice nel web di Don Matteo e Jessica Fletcher?

Jessica Fletcher

I nomi dei due detective-per-caso appaiono in centinaia di liste porta-sfortuna, meme, parodie, citazioni e perfino teorie fantasiose. Don Matteo appare ovunque, dalle sketch-comedy dei The Pills a quelle degli YouTuber più giovani. Reddit straborda di teorie strampalate, una delle più quotate è quella secondo cui Jessica Fletcher sarebbe una Serial Killer e che suo marito Frank sia in realtà la sua prima vittima. Oggi possiamo affermare che si trattava solo di una voce di corridoio, ma qualche anno fa sul web si vociferava che Angela Lansbury avrebbe fatto una piccola apparizione in Game of Thrones, della serie: Melisandre scansati proprio.

Eppur funziona(va)!

 La Signora in giallo

La signora in giallo e – anche se nostra contemporanea – Don Matteo sono figlie di una televisione tradizionale, ormai superata, di impronta pre-streaming. Già nel lontano 1991 Angela Lansbury iniziava a percepire stantio quel meccanismo alla base del successo della serie, tanto da promuovere in veste di produttore esecutivo l’assunzione di nuove menti creative e soluzioni innovative capaci di oliare quelle meccaniche narrative prevedibili. Fino all’avvento delle piattaforme streaming, e alla nascita di una vera e propria serie-mania, i produttori potevano permettersi il lusso di essere creativamente pigri. Bei tempi quelli in cui non serviva il taccuino per prendere appunti, come abbiamo fatto per Game of Thrones e per Dark dove perdere anche solo un fotogramma significa non capire l’intera vicenda.

Non significa che il pubblico di Don Matteo e de La signora in giallo sia disattento o meno sveglio, ma solo che ha esigenze diverse e ha stipulato un patto di fiducia che è alla base del successo di entrambe le fiction: una totale sospensione dell’incredulità. Le due fiction funzionano solo con uno sforzo enorme da parte nostra in cui accettiamo che ogni puntata si esaurisca in se stessa, dimenticando che ovunque andranno qualcuno morirà male. Il successo risiede proprio nella prevedibilità rassicurante del meccanismo, un ingrediente che il series addicted 3.0 non può tollerare in quanto brama di essere stupito di puntata in puntata. Ovviamente la trama verticale favorisce il meccanismo e possiamo vedere ogni episodio anche se non abbiamo visto i precedenti. Esiste un filo conduttore e una trama orizzontale, ma è utile solo per conoscere meglio i personaggi e sentirli vicini come qualcuno di famiglia.

La signora in giallo

Don Matteo e la Signora Fletcher sono nostri parenti e noi vogliamo solo sapere come faranno anche questa volta ad aiutare gli indifesi della nostra cerchia di conoscenti. Sappiamo che qualcuno morirà e che loro troveranno la soluzione: è proprio questo ciò di cui abbiamo bisogno. L’ingenuità, la purezza e la mancanza di realismo non sono un punto di debolezza, ma il punto di forza. I cattivi sono cattivi e i buoni sono i buoni. Il male soccombe, il bene trionfa. Jessica difende il sospettato, spesso suo amico o parente, e ha fiducia in lui. Il meccanismo è lo stesso della leggenda metropolitana che avvolge la figura mitologica del cugino, il quale ci tira fuori dalle situazione più brutte e vanta gesta eroiche assurde che comunque nutrono la nostra voglia d’evasione. Come cantavano gli Elio e Le Storie Tese: mi ha detto mio “cuggino” che da bambino una volta è morto. Sapevamo che non è vero, ma quanto era bello crederci?

Jessica e don Matteo sono persone comuni, gentili e simpatiche, ma sono anche i paladini dell’impossibile, dei supereroi di periferia, i bodyguard degli indifesi, la testimonianza che andrà tutto bene (anche se non è vero) in quanto portatori di speranza. Loro non portano sfortuna, ma ripristinano l’equilibrio in un mondo grigio e ingiusto.

Per questo perdoniamo loro tutto, anche l’aver decimato la popolazione mondiale.

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