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Il #BlackLivesMatter stravolgerà il mondo delle Serie Tv quanto il #MeToo?

Minneapolis, è il 25 maggio del 2020. La Città dei Laghi è teatro di un drammatico fatto di cronaca che in poche ore sconvolge gli Stati Uniti d’America e il mondo intero. George Floyd, un uomo di colore, muore in seguito al suo arresto da parte di alcuni agenti di polizia. Questi sono intervenuti dopo la chiamata di un negoziante che sospettava che Floyd avesse pagato con soldi falsi. Le vicende che hanno portato alla sua morte sono note a tutti e tutti abbiamo visto quel video straziante in cui il poliziotto Derek Chauvin tiene il ginocchio sul collo dell’uomo nonostante questo lo implori di liberarlo. Sono immagini che non vorremmo aver visto, il sintomo di un problema che troppo spesso facciamo finta di non vedere. Proprio per questo l’hashtag “BlackLivesMatter” è apparso nei profili social di milioni di persone.

Quello che in questo articolo vogliamo cercare di fare è capire quanto la scia e le conseguenze di questo movimento di protesta possano pesare nel mondo delle serie tv. Ovvero: se e in che modo le produzioni subiranno cambiamenti evidenti e radicali. Il metro di paragone che utilizzeremo è quello di un altro movimento che, da un certo punto di vista, ha rivoluzionato alcuni concetti della serialità: il MeToo. Il nostro obbiettivo è cercare di analizzare quello che è successo, quello che potrebbe succedere all’universo seriale e soprattutto farlo più oggettivamente possibile, tenendo conto del fatto che i diritti fondamentali di donne e uomini, di bianchi e neri, di adulti e bambini, non possano essere messi in discussione.

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Il MeToo e quella svolta rosa sullo sfondo della serialità mondiale.

Per capire quanto e come il movimento contro il razzismo possa influire o modificare alcune caratteristiche del piccolo schermo bisogna paragonarlo al MeToo. Questo filone, come il BlackLivesMatter, ha preso piede un paio di anni fa dopo lo scandalo Weinstein e ha portato numerosi cambiamenti. Il movimento rosa ha spinto molte case produttrici, molti produttori e sceneggiatori, a rivedere alcuni canoni che fino a quel momento non avevano mai ottenuto le adeguate attenzioni. Lo sviluppo e l’analisi di molte serie tv è totalmente cambiato, si presta molta più attenzione a tematiche che fino a qualche anno prima sarebbero state affrontate con tanta, e forse drammaticamente troppa, leggerezza. Questo è un bene, visto che la tv, sebbene non abbia un compito strettamente pedagogico, ha una responsabilità implicita nei confronti del pubblico e delle tematiche trattate. Il media televisivo ha un’influenza, ha una centralità che porta chi la guarda a essere influenzato da ciò che vede.

Tutte le ragioni portate avanti dalle donne e dagli uomini del MeToo sono diritti che non dovrebbero essere mai messi in dubbio nel 2020. A volte la sessualità e tutto ciò che riguarda i rapporti fisici viene trattato impropriamente come pretesto per portare sul piccolo schermo cliché, scene di misoginia violenta in cui è l’uomo a detenere il potere. Questa pratica, presente anche nel piccolo schermo, è giusto che sia stata combattuta e criticata, eliminata e mai più riproposta. Ci sono però anche alcune situazioni che forse sono andate fuori dal seminato, critiche costruttive che si sono evolute e trasformate in critiche eccessive. L’intento moralizzante, in alcuni casi, si è trasformato in esagerazione moralizzatrice, ed è forse sfociato in una iperbolica censura fine a se stessa. E questo eccesso di foga è andato a danneggiare le sacrosante ragioni del movimento di protesta.

Questo potrebbe accadere anche per quanto riguarda il BlackLivesMatter? Proveremo a rispondere nelle righe successive.

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Dalle proteste femministe a quelle razziali, cosa succederà con il BlackLivesMatter?

Quello che è certo è che ci saranno delle conseguenze. Pensiamo solamente al fatto che proprio qualche giorno fa Nathalie Emmanuel, la Missandei di Game of Thrones, ha dichiarato che la serie tv avrebbe dovuto fare di più riguardo al tema della diversità. Un segno dei tempi che stanno cambiando. E pensare che lo show fantasy nato dalla mente di George R.R. Martin è una di quelle produzioni che affronta più da vicino il tema del diverso, viste le varie fazioni e i discorsi riguardanti la barriera e tutto ciò che era oltre ad essa.

Giusto o sbagliato attaccare Game of Thrones e dire che la serie non ha affrontato il tema della diversità?

Non possiamo sicuramente darvi una risposta, ma solo raccontarvi ciò che sta avvenendo. E proprio Game of Thrones è stata al centro delle polemiche per le eccessive scene di nudo e la violenza verso il sesso femminile. Sicuramente, se venisse prodotta oggi molte delle scene che abbiamo visto verrebbero tagliate o comunque ridimensionate.

Ma più in generale possiamo dire che tutte le produzioni più recenti hanno visto diminuire esponenzialmente le scene di nudo. Inoltre è cambiato totalmente l’atteggiamento nella gestione di alcuni temi e trame legate al mondo femminile. Alcuni temi non sono più trattabili e questo comporta un’evoluzione molto significativa per tutto il comparto seriale mondiale. La stessa cosa succederà sicuramente con il BlackLivesMatter, che porta avanti idee e ragioni sacrosante e inappellabili, ma che rischia di essere in qualche modo frainteso oppure esasperato. Questo fenomeno riguarderà le serie future, ma anche quelle già prodotte. Sitcom come Community e Scrubs si trovano nell’occhio del ciclone per quanto riguarda la blackface, la pratica con cui un attore bianco si dipinge il volto di nero per assumere le sembianze di una persona afroamericana. Le case di produzione e i colossi streaming hanno già provveduto alla cancellazione di queste scene (qui parliamo del caso Mad Men).

Il BlackLivesMatter e il ruolo della serialità

La certezza che abbiamo, quindi, è questa: le produzioni presteranno molta più attenzione ai temi etnici. Questo, bisogna dirlo, è un bene ma allo stesso tempo un potenziale rischio. Non fraintendeteci, non stiamo dicendo che il problema non esiste e che le ragioni sociali del BlackLivesMatter non siano sacrosante, anzi. Il problema della discriminazione razziale è reale e interessa tutto il mondo. Risulta essere quindi un bene che le case produttrici e gli sceneggiatori non affrontino alla leggera questi temi, o addirittura tendano a raccontare storie che sono palesemente discriminatorie (pensiamo al racial profiling, ovvero quella pratica discriminatoria che vede le forze dell’ordine prendere di mira delle persone per un sospetto basato sulla base di razza, etnia, religione od origine nazionale dell’individuo).

Sarebbe però negativo evitare di trattare alcuni temi in modo da fuggire da qualsiasi tipo di polemica. Il razzismo esiste. Non parlarne per non suscitare vespai risulterebbe controproducente e il ruolo che ha avuto da sempre il piccolo schermo, ovvero intrattenere ed educare, si perderebbe. La via più facile quindi non è quella giusta, il non detto infatti non farebbe niente di altro che nascondere gli scheletri nell’armadio. Nessun visitatore della grande casa delle serie tv andrebbe a cercarli, ma sarebbero comunque presenti in essa. Quindi è importante parlare con attenzione di questo problema, ma è ancora più importante e propedeutico parlarne, evitando di far finta che questo tumore non esista.

Come concludere?

Il nostro augurio quindi è che il piccolo schermo continui a essere ciò che è sempre stato: un mezzo per accrescere la cultura del cittadino facendolo divertire. Uno strumento inclusivo che sappia raccontare le diversità prendendo spunto dagli errori e dalle contraddizioni della vita di tutti i giorni. Tutto questo attraverso una dialettica attiva e lucida volta a sviluppare il senso critico del pubblico, che mai come oggi è importante che generi una coscienza riguardo a tutto quello che gli sta succedendo attorno.

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