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10 Serie Tv da guardare da soli

3. Fringe: da soli per capire
soli

 

Ecco una serie tv che mette alla prova la nostra intelligenza, poichè seguire i ragionamenti complicati di Walter Bishop o stare dietro alle intuizioni di Peter e dell’agente Dunham non è sempre facile. Telefilm come Fringe sono un atto di fiducia che gli autori fanno nei nostri confronti, dando per scontato che noi spettatori siamo in grado di comprendere e apprezzare i risvolti intricati della trama.

A pensarci bene, non si tratta di una scelta così automatica: perchè a una storia che richiede costanza e concentrazione il pubblico potrebbe preferire magari una sitcom dove si ride e basta, della quale si possono lasciare indietro molte puntate senza perdere il filo degli eventi; perciò un progetto come Fringe richiede innanzitutto un impegno maggiore da parte dei creatori, poichè la sceneggiatura non può limitarsi a qualche battuta e alle facce buffe degli attori, e in secondo luogo deve contenere qualcosa che attiri l’interesse della gente nonostante (o proprio per) i concetti scientifici e comunque complessi che vengono mostrati.

Nel nostro caso dobbiamo assegnare un grande merito sia alla trama in generale, la quale risulta solida e ben congegnata, sia al carisma di Walter, insieme affascinante e insopportabile… E ancora alla indubbia bravura di Joshua Jackson nel ruolo di Peter, che è riuscito a slegarsi senza troppi problemi dal personaggio di Pacey, impersonato per parecchi anni in Dawson’s Creek (e non è una cosa che tutti gli interpreti sanno fare).

Comunque, se volete cogliere ogni particolare del significato di Fringe vi conviene seguirla da soli, poichè soltanto così potrete focalizzarvi sulla storia senza essere distratti da altre persone: chiudendo fuori il resto inizierete a sentirvi “dentro” alla serie, e allora diverrà tutto più comprensibile!

“Quando si evita a ogni costo di ritrovarsi soli, si rinuncia all’opportunità di provare la solitudine: quel sublime stato in cui è possibile raccogliere le proprie idee, meditare, riflettere, creare e, in ultima analisi, dare senso e sostanza alla comunicazione” (Zygmunt Bauman)

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