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Russian Doll: ogni giorno è sempre la stessa storia

Approdata su Netflix nel febbraio del 2019, Russian Doll è una di quelle perle da vedere tutte d’un fiato, in una sera sola. La serie ideata da Natasha Lyonne, Amy Poehler e Leslye Headland è composta infatti da una sola stagione – almeno per ora – di otto brevi episodi, e rappresenta un prodotto che nell’utilizzare in maniera inedita strategie narrative già viste risulta comunque innovativo (ne avevamo parlato anche qui), posto a metà strada tra il comico e l’inquietante – per questo definibile una dark comedy.

Russian Doll ci presenta una protagonista femminile controcorrente, dall’aspetto pittoresco e stravagante. Nadia Vulvokov – interpretata da una delle ideatrici della serie, Natasha Lyonne – di lavoro fa l’ingegnere informatico, che si destreggia tra la sua occupazione e le sue stravaganti amicizie, feste a base di alcol e droghe e rapporti occasionali. Insomma, una donna che vive la sua vita senza porsi alcun limite, che sembra non essere legata a niente e a nessuno. La prima impressione che si ha di lei è tuttavia quella di una donna che non sa davvero cosa stia facendo della propria esistenza: la vediamo infatti, nel primo episodio, chiusa in un bagno, impalata davanti a uno specchio mentre l’acqua scorre. Temporeggia per sfuggire alla festa organizzata in onore del suo trentaseiesimo compleanno e scruta il suo volto per ricercarvi la propria identità.

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Russian Doll inizia in modo analogo a tante serie tv, se non fosse che neanche a metà del primo episodio la narrazione fino ad allora lineare inciampa e la protagonista muore, investita da un taxi nella strada davanti a casa sua. Così ha inizio una vicenda assurda: Nadia si ritrova, dopo la sua morte, di nuovo nel bagno di fronte allo specchio durante la sua festa di compleanno e da quel momento rivivrà quella serata continuamente, finendo ogni volta per morire nei modi più impensabili.

Una strategia narrativa probabilmente già vista, soprattutto in anni recenti, quella di immergere il personaggio in un loop temporale, all’interno di una giornata che continuamente si ripete, anche se ogni volta in modo diverso, secondo un principio che ricorda in effetti quella della matrioska, richiamato dal titolo della serie. Eppure, Russian Doll batte questa strada in modo nuovo, utilizzando questo eterno ripetersi per sprofondare sempre più nell’intimo di Nadia. Iniziamo ad avere qualche indizio in più sul suo difficile passato, un’infanzia con una madre che soffriva di una malattia mentale – che inizia a pensare di aver ereditato -, un’adolescenza turbolenta segnata da disturbi alimentari e un profondo legame con Ruth, la psicologa che si è occupata prima della madre e poi di lei, la cosa più vicina che abbia a una famiglia.

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Ci dev’essere un senso ultimo in questa vicenda, si chiede Nadia: è stato solo qualcosa che ha fumato? Soffre di allucinazioni, o semplicemente l’edificio è infestato? Nessuna di queste piste sembra avere senso per lei, che inizia a essere spaventata da questo disco incantato in cui si è trasformata la sua vita.

La svolta arriva quando, durante una delle sue assurde morti, Nadia incontra Alan e capisce di non essere sola in questo loop. Anche il ragazzo muore continuamente, ma a lui non è dato rivivere la sua grandiosa festa di compleanno, bensì il giorno peggiore della sua vita, quello in cui è stato scaricato dalla ragazza che aveva in programma di sposare. Così questo eterno ripetersi diventa per Alan un’occasione per tentare di correggere il corso di quegli avvenimenti e cambiarlo, convinto che ci sia un senso profondo di una seconda occasione dietro la situazione in cui si trova.

E in effetti è così: se ne rende conto anche Nadia, che inizialmente non voleva dargli credito, perché a un tratto ricorda di aver incontrato proprio Alan, disperato e ubriaco all’interno di un market la sera in cui tutto è iniziato e di aver pensato di aiutarlo, per poi perdersi in chiacchiere e lasciarlo andare via. Nadia realizza allora di trovarsi in un loop atto a correggere un errore cosmico che ha portato due persone ugualmente sole a morire nello stesso istante, anche se in circostanze diverse – suicidio lui, una morte del tutto casuale lei – quando avrebbero potuto salvarsi a vicenda.

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Quando tutto inizia a farsi più spaventoso, i fiori e la frutta iniziano a invecchiare – testimoniando che in fondo, il tempo non si è fermato – e gli specchi, gli animali e le persone iniziano a sparire, Nadia e Alan cominciano a temere di rimanere senza prova alcuna della loro esistenza, per poi morire davvero. Entrambi capiscono che per uscire da quel loop è necessario che affrontino alcuni aspetti del loro passato, chiudano i conti rimasti aperti e siano pronti a ricominciare da dove avevano lasciato.

Russian Doll risulta innovativa proprio perché diluisce la vicenda tragicomica con un profondo senso morale, spingendo lo spettatore a riflettere su quanto la vita e la morte a volte si intreccino in maniera casuale. A Nadia e Alan è stata offerta non una, ma molteplici “seconde occasioni” per correggere il tiro e continuare a vivere, a patto che siano disposti a lasciarsi aiutare e aiutare gli altri. Questo è stato infatti il loro fatale errore, chiudersi nella solitudine fino al gesto estremo del suicidio nel caso di Alan, nella corazza dell’egoismo nel caso di Nadia. Il finale vede Nadia e Alan separarsi, come in due universi paralleli, e tornare entrambi a quella notte per salvare l’altro, riuscendo nel loro intento. In ambedue gli “universi” in cui si trovano, daranno inizio a un’amicizia che andrà oltre la loro profonda diversità.

C’è da chiederselo: da che punto riprenderà la prossima stagione e cosa aspetterà Nadia e Alan? Russian Doll infatti, nonostante la vicenda sembrasse compiersi interamente in quegli otto episodi, è stata rinnovata per una seconda stagione, le cui riprese sono state sospese nel 2020 a causa della pandemia e rinviate a data da destinarsi. Si sa ben poco per ora, ma quello che spera chiunque abbia amato questa serie è che non perda il suo spirito ironico, tragico, inquietante e anche moralizzante che del resto sembrava abbinarsi così bene alla sua brevità.

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