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7 curiosità sull’imprevedibile Russian Doll

Russian Doll è sbarcata un mese fa su Netflix con un’attesissima seconda stagione che non ha deluso le aspettative. Ma cosa ci ha colpito tanto di questa serie così folle e imprevedibile? La seconda è riuscita ad ampliare quanto già iniziato, aiutandoci a comprendere meglio i protagonisti e la loro storia, la loro vita. Ora vi sveliamo 7 intriganti curiosità sulla serie tv di Natasha Lyonne.

1) Gli Specchi

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Lo specchio, il proprio riflesso è uno degli elementi più arcani e fondamentali della serie. Nella prima stagione, Nadia paragona se stessa a Emily, protagonista del romanzo Emily della luna nuova della scrittrice canadese Lucy Maud Montgomery, nota per Anna dai capelli rossi. Nadia riflette che tutti amano Anna, mentre lei preferisce Emily, più cupa. Nel libro, Emily è un’orfana (come Nadia) per la quale il suo riflesso nello specchio è in realtà la sua migliore amica, non tanto per eccesso di vanità quanto per eccesso di solitudine.

È attraverso la sua immagine nello specchio che Nadia deve compiere il suo percorso di morte e rinascita per diventare una persona migliore. Ed è sempre attraverso lo specchio che si riconosce, che si perde e si ritrova, nell’accettazione dell’impossibilità di cambiare il passato.

2) Il passato di Natasha Lyonne

Nella seconda stagione di Russian Doll (qui potete leggere la nostra recensione) è stata approfondita la storia della famiglia di Nadia, le sue radici. Il difficile passato che ha inevitabilmente segnato la nonna, sua madre e che si ripercuote ancora e ancora su di lei. In particolare, nel devastante episodio 5, vediamo Nadia nel corpo di sua nonna sfuggire e nascondersi in quanto ebrea ai nazisti e al tentativo – alla fin fine sempre vano – di riuscire a cambiare il passato. Sua nonna Vera era un’ebrea originaria di Budapest che alla fine della guerra si era trasferita in America e qui aveva poi sposato un russo. E questo lo sapevamo fin dalla prima stagione.

Quello che è interessante è che la storia familiare di Natasha Lyonne è molto simile. Sua madre era nata a Parigi da genitori ebrei ungari. Anche la nonna di Lyonne, proveniente da una grande famiglia allargata, era sopravvissuta all’olocausto. Ma purtroppo non tutti i membri della famiglia erano riusciti a salvarsi.

3) Il team creativo

Russian Doll ha una caratteristica interessante: un team tutto al femminile che vede al suo centro la stessa Natasha Lyonne, l’interprete di Nadia. L’attrice era già conosciuta per il ruolo di Nicky Nichols nella serie tv Netflix Orange Is The New Black. Lyonne qui non è solo attrice principale ma anche sceneggiatrice e regista, affiancata dall’incredibile Amy Poehler, già ideatrice di Parks and Recreation, e con Leslye Headland, autrice di film indipendenti e irriverenti.

“Per noi era molto importante esplorare una protagonista femminile che si pone domande esistenziali e spirituali“, ha dichiarato Headland, “piuttosto che una donna che trova l’amore o l’equilibrio fra carriera e sentimenti. Abbiamo semplicemente pensato: che cosa non è stato ancora fatto?”. Tutto nella serie è pensato per sfidare i cliché femminili, grazie al coinvolgimento di altre attrici Greta Lee (interprete di Maxine) o Elizabeth Ashley, ma anche di Chloë Sevigny e Dascha Polanco. D’altronde la stessa Nadia rompe i canoni con il suo stile e atteggiamento.

4) La colonna sonora

russian doll natasha lyonne

Un altro aspetto fondamentale di una serie come Russian Doll è la sua colonna sonora. I momenti più importati sono scanditi da brani scelti con cura per l’occasione. Uno in particolare, Gotta Get Up di Harry Nilsson punteggia tutti gli episodi e anzi è il segnale della ciclicità della storia: ogni volta che Nadia ritorna in vita parte quel brano.

Tutte le scelte musicali sono state davvero importanti per me, un aspetto su cui ho speso molto tempo in modo da renderla un’esperienza piacevole per le persone”, ha dichiarato Lyonne. “Quella canzone in particolare è la miccia che fa partire tutto quanto“. Ma tutta la colonna sonora è pensata per sottolineare i momenti più o meno bui della serie: passando da pezzi di artisti indipendenti, di qualsiasi genere o anni, che hanno nel testo stesso un chiaro riferimento a ciò che sta succedendo in scena, a un totale cambio di atmosfera col Concerto per piano n.4 di Beethoven, il brano che si ripete al risveglio di Alan. Generi diametralmente opposti creano una correlazione perfetta: Alan e Nadia sono persone completamente diverse, accumunate della stessa esperienza.

5) Charlie Barnett e la sua depressione

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Nella prima stagione conosciamo il personaggio di Alan, bloccato anche lui nel loop temporale, costretto a morire e a rivivere sempre lo stesso giorno. Il giorno del suo suicidio. Finché, grazie all’incontro con Nadia, riesce a interrompere quel flusso di morte e disperazione per andare avanti. Quando lo rivediamo nella seconda stagione quindi è alle prese con la vita, una nuova vita, ma sempre difficile e che per certi versi sembra buttarlo giù.

Barnett, interprete di Alan, ha rivelato di aver sofferto anche lui di depressione e di essersi sentito spesso confortato dall’idea della morte e del suicidio. Solo attraverso un grande e doloroso lavoro su stesso, comprensivo anche di percorso da uno psicologo, adesso può dire di essere in un posto migliore “Adesso ho molti più mezzi e aiuti dal mio terapista e dai miei amici e familiari. Il fatto è che non va via. Ma posso fronteggiarla molto meglio. E penso che anche Alan stia affrontando lo stesso.”

6) Sul treno verso il 1982

Avete notato quanti easter egg c’erano sul treno diretto nel passato? Salita sul treno diretto nel 1982 la prima cosa che Nadia nota sono il numero di fumatori a bordo. Questo perché al tempo era possibile fumare in treno o in metropolitana: dal 1988 la New York City Subways impose il divieto di fumare sui mezzi pubblici. Il secondo indizio è il musical Cats: lo spettacolo di Broadway di Andrew Lloyd Weber fu messo in scena la prima volta proprio nel’ottobre del 1982, ma diventò presto il musical più longevo nella storia di Broadway. E ancora: il poste de La Scelta di Sophie, che venne rilasciato nelle sale americane il 10 dicembre del fatidico anno.

E ancora, Nadia vede un ragazzo con la cresta e gli occhiali scuri. Lo saluta chiamandolo Travis Bickle: questo è un riferimento al personaggio di Robert De Niro in Taxi Driver, uscito nel 1976. Il ragazzo, seccato dalle provocazioni della protagonista, risponde alla domanda “In che anno pensi che siamo?” con “Zero“. Year Zero era una corrente politica diffusasi nel 1975 da Khmer Rouge in Cambodia, con l’intenzione di cancellare la precedente storia e iniziarne una nuova.

7) L’ispirazione per la seconda stagione

In un’intervista con THR, Natsha Lyonne ha rivelato da dove è nata l’ispirazione per la seconda stagione. Le fonti principali sono due libri: I am in a Strange Loop di Doug Hofstadter e le memorie di Viktor Frankl, Man’s Search for Meaning, sulla necessità di un uomo di trovare la speranza mentre era imprigionato in un campo di concentramento. Altre opere che l’hanno aiutata sono il musical semi-autobiografico di Bob Fosse All That Jazz , ma anche Jo Jo Dancer, Your Life Is Calling.

È uno spettacolo in cui possiamo chiederci filosoficamente: cosa significa essere vivi? L’idea nella prima stagione era: cosa significa essere autodistruttivi? [I personaggi principali] Alan (Charlie Barnett) e Nadia (interpretata da Lyonne) non possono smettere di morire finché non trovano una connessione. Nella seconda stagione si tratta di: ‘Ora che ho smesso di morire, come inizio a vivere?Ovviamente, a livello personale, è un problema molto sentito. Quindi questo era il che stavamo cercando di fare. Porre quelle domande, non proprio rispondere, ma costruire una storia attorno a queste, perché sono personalmente curiosa.

Natsha Lyonne su Russian Doll

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