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Vita da Carlo 3 – Verdone è sempre Verdone? Sì, ma cresce sempre – La Recensione della terza stagione

Carlo Verdone conduce Sanremo in una scena di Vita da Carlo 3
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Attenzione: evitate la lettura se non volete imbattervi in spoiler su Vita da Carlo 3.

“Aveva ragione mio padre. Nella vita si può fare bene solo una cosa, quella per la quale sei conosciuto e apprezzato. Il resto, se fallisci, è solo vanità e presunzione”. Carlo Verdone, Vita da Carlo 3.

In un mondo nel quale chiunque è ormai tuttologo, convinto di poter parlare d’ogni cosa ed essere qualunque cosa in qualunque ambito (finendo, spesso, per essere niente), è importante saper dire di no. Prima di tutto, a se stessi. Mettere una riga, nel punto giusto. Riconoscere l’esistenza di un limite, e di un ambito di competenza che ognuno di noi ha. Essere qualcuno, ovunque si abbia qualcosa di concreto da dire o da fare. Sfuggendo così a una supponenza in cui si sta appiattendo tutto in nome delle vanità personali. Sì, dire di no. Come Carlo Verdone, il personaggio di Vita da Carlo 3, non sa fare mai. Finendo così per avventurarsi in terreni alieni con la goffaggine di chi, quel limite, lo oltrepassa per assecondare le esigenze altrui.

Al contrario, Carlo Verdone, uno dei grandi maestri del cinema italiano, quel limite lo riconosce eccome. Lui, Sanremo, non lo accetterebbe mai (così ha detto, almeno). Allo stesso tempo, non si nega mai all’interno dei territori inesplorati nei quali ha ancora qualcosa di importante da raccontare e da offrire agli altri.

Un primo piano di Carlo Verdone in Vita da Carlo 3
Credits: Paramount+

Attraverso un doppio binario in cui la meta-narrazione combina costantemente la finzione con la realtà, ritroviamo così un Carlo Verdone che sa sempre fare un salto di qualità. Anche a 74 anni (non si direbbe), e con un mezzo attraverso cui sta vivendo una nuova fase artistica con rinnovate ambizioni.

Carlo Verdone, l’artista, riconosce l’importanza dei sì. In un ambito ideale, ma non in una comfort zone. Con una creatura tutta sua, fino in fondo. Ma col dinamismo di un autore navigato che si mette ancora alla prova, non si limita mai al compitino e propone sempre qualcosa di nuovo. Risultato? Vita da Carlo 3, terzo atto della serie tv disponibile su Paramount+, è il migliore in assoluto. Più della pur convincente prima stagione, e decisamente più della seconda (meno riuscita nella sua globalità).

Non era scontato, affatto. Chiunque abbia una certa familiarità con la serialità contemporanea, sa che le parabole televisive sono spesso discendenti e non viceversa. Verdone, tuttavia, ha mostrato di aver acquisito una notevole maturità con un linguaggio per lui inedito fino a pochi anni fa, riuscendo a portare definitivamente la sua poetica malincomica negli ingranaggi seriali, adattandosi a essi e adattandoli allo stesso tempo con un piglio autonomo e autorevole.

Funziona, Vita da Carlo 3. Funziona benissimo.

Composta da dieci episodi da 25 minuti circa, parte da uno spunto intrigante: cosa verrebbe fuori, se un giorno Verdone decidesse di accettare la direzione del Festival di Sanremo? Un volo pindarico, ma fino a un certo punto. Stando a quanto sostenuto da lui, la direzione gli era stata offerta davvero a metà dei primi anni Duemila (non stentiamo a crederci) ed è evidente che un Sanremo così, guidato da un artista poliedrico, esperto e soprattutto appassionatissimo di musica, sarebbe stato interessantissimo.

Verdone, l’artista, sa però riconoscere quel confine. E non avrebbe mai accettato l’idea di mettersi alla prova con un prodotto in cui avrebbe avuto difficoltà a essere se stesso. Verdone, il personaggio, quella barriera non la innalza. L’alter ego, tuttavia, è collegato fortemente al suo autore nell’approccio col pubblico: l’artista non si nega mai e dona sempre il proprio estro alla comunità, sentendo una responsabilità implicita. Ma l’atteggiamento del personaggio ha delle conseguenze: anche alla soglia del ritiro dal cinema, la risposta è sempre sì. A tutti i costi. E la pagherà a caro prezzo, come emergerà nel corso dell’intenso finale di Vita da Carlo 3.

“Mi ostino sempre a cadere nel solito errore: farmi trascinare dagli altri in territori che non mi appartengono. […] Perché questa incapacità a dire di no e non dar retta al mio istinto?”.

Tra le note biografiche dell’artista disilluso e le ironiche tendenze a riportare tutto nell’ambito realistico della commedia, Vita da Carlo 3 regala così dieci ore di ottima televisione, grazie all’estro di un narratore esperto che ha ancora la forza di connettersi e leggere a modo suo un mondo in continua evoluzione. Un mondo in cui è sempre più complesso divertire e divertirsi (complesso, ma possibile per chi sa farlo con la necessaria intelligenza), e nel quale i limiti della sensibilità altrui sono tangibili come non mai. A ragione o meno, Verdone non esprime un giudizio ma non si tira mai indietro nell’evocare una prospettiva personale, tirando fuori una stagione solida da ogni punto di vista.

Funziona la trama centrale di Vita da Carlo 3, anche grazie alla selezione di un cast vincente e trasversale.

Ema Stokholma in una scena di Vita da Carlo 3
Credits: Paramount+

Ema Stokholma è una piacevolissima sorpresa in quest’ambito, e si cala perfettamente nella parte della sua nevrotica spalla sanremese. Maccio Capatonda, invece, è perfetto nell’inserirsi negli ingranaggi ormai consolidati della serie di Verdone, valorizzandola con note surreali e grottesche che rappresentano un contraltare irresistibile in un contesto narrativo ed espressivo sempre più flessibile e soggetto a influenze esterne.

Poi ci sono le guest star: stavolta come non mai, messesi al servizio in un gioco delle parti in cui si amalgamo perfettamente con le situazioni più dissacranti, senza toni autocelebrativi. Gioca nei panni di un’insospettabile villain, una sorprendente Gianna Nannini. Così come Gianni Morandi, un altro che non si tira mai indietro quando c’è da mettersi alla prova al di fuori della propria comfort zone, e le numerose stelle che sono presenti nel corso di Vita da Carlo 3.

Parallelamente, le sottotrame della serie si schiudono da tre stagioni con spunti mai banali, dando vita a mini-film che troverebbero una degna collocazione anche come prodotti a sé stanti. Non si nega, Verdone. Non si nega mai: affronta temi importanti come la genitorialità nei nostri tempi con grande lucidità, avventurandosi in ambiti di grande sensibilità. Esplora la piaga della ludopatia e il complesso macrocosmo della salute mentale con coerenza ed efficacia, sfuggendo ai più stucchevoli cliché con una visione consapevole.

Cresce anche dal punto di vista tecnico, Vita da Carlo 3. La regia è sempre più eclettica, mentre il montaggio è evocativo, dinamico e assecondato da una colonna sonora selezionata (come sempre) con grande gusto.

Insomma, la recensione di Vita da Carlo 3 è positiva, come non mai: buona la terza, direbbe qualcuno. Alla faccia dei critici più prevenuti che avevano mostrato un certo scetticismo prima ancora di poterla vedere, la stagione centra tutti gli obiettivi con chiavi innovative che non rinunciano alla tradizione verdoniana, mostrando la perfetta connessione tra il suo macrocosmo artistico e le chiavi ricercate dal pubblico televisivo attuale.

A conti fatti, è un bene che Verdone, l’artista, abbia detto di sì al momento giusto. Riuscendo a fare quello che sa fare meglio, è stato capace di confermarsi ancora una volta tra gli autori italiani più brillanti dell’ultimo quarantennio. E sopravvive alle prove del tempo senza mai ancorarsi sulle statiche certezze che qualcuno potrebbe aspettarsi da un artista con la sua storia. Verdone, tuttavia, è fatto di un’altra pasta e guarda sempre avanti. Senza vanità né presunzione, ha fatto suo il linguaggio televisivo dove molti numeri uno avevano fallito. E ci ha ricordato che la commedia italiana, quando è fatta con mestiere e sentimento, abbia ancora molto da dire. Il mestiere di un uomo che fa questo lavoro da una vita, e lo fa sempre con un amore immutato. Scusate se è poco.

Antonio Casu