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Sotto il sole di Amalfi – Recensione di un sequel di cui non sentivamo il bisogno

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Quando Netlix ha annunciato l’uscita di un sequel di Sotto il sole di Riccione, la prima cosa a cui abbiamo pensato è stata: qualcuno ne sente davvero il bisogno? In fondo il primo capitolo, sebbene lasciasse in sospeso alcune vicende, era autoconclusivo, il racconto di un’estate romagnola vissuta da un gruppo di ragazzi con la consapevolezza che le estati e le vacanze altro non sono che una parentesi felice, spesso senza alcuna conseguenza sulla vita quotidiana. E sebbene non ambisse certo alla fama di capolavoro, Sotto il sole di Riccione era tutto sommato un film che faceva bene il suo lavoro, intrattenendo e regalando un paio d’ore di leggerezza, niente di memorabile ma complessivamente un progetto riuscito (come vi abbiamo raccontato qui). Lo stesso non si può dire di Sotto il sole di Amalfi, un sequel che con il primo film condivide soltanto alcuni dei protagonisti, mentre leggerezza e divertimento vengono sostituiti da una discreta dose di prevedibilità.

Troppi problemi in un film che di bello ha principalmente l’ambientazione. La Costiera Amalfitana è infatti sempre un piacere per gli occhi, ancora di più se si considera che Sotto il sole di Amalfi è ambientato in una realtà parallela in cui in piena estate e in una delle più note località turistiche del mondo, le spiagge sono vuote e al ristorante si trova sempre posto, eppure il mare e gli scorci pittoreschi non possono da soli salvare un prodotto che ha poco da dire.

Sotto il sole di Amalfi

Ma procediamo con ordine. Di cosa parla il sequel di Sotto il sole di Riccione?

I protagonisti di Sotto il sole di Amalfi sono Camilla (Ludovica Martino) e Vincenzo (Lorenzo Zurzolo), la studentessa universitaria trapiantata in Canada e il ragazzo non vedente che avevamo visto innamorarsi nel film precedente. I due, più uniti che mai nonostante un anno di relazione a distanza, si preparano a passare un’altra estate insieme nella splendida villa ad Amalfi di Vincenzo, accompagnati dal fedele amico Furio (Davide Calgaro) e dalle new entry Nat (Kyshan Wilson) e Hans (Nicolas Maupas). Se Hans è un personaggio piuttosto trascurabile, la cui unica utilità all’interno del film è quella di essere l’interesse amoroso di Nat, per quest’ultima vale la pena di spendere parole di elogio, in quanto insieme a Furio è l’unica tra i protagonisti a risvegliare nello spettatore un qualche interesse. Infatti, se si escludono il tentativo veramente malriuscito di parlare di body positivity di cui è stata resa protagonista e il fatto che dopo circa dieci minuti di film gli autori si siano stancati di farla parlare in inglese e abbiano deciso che dopo due giorni in Italia fosse già diventata madrelingua, Nat è un personaggio spigliato e divertente, le cui vicende e preoccupazioni destano molto di più l’interesse del pubblico rispetto a quelle della protagonista Cami.

Ai cinque ragazzi si aggiungono poi Irene (Isabella Ferrari), la madre apprensiva e insopportabile di Vincenzo che già in Sotto il sole di Riccione avevamo dovuto sopportare, e Lucio (Luca Ward), il suo compagno dal capitolo precedente. La presenza di un cast più maturo e affermato in un film come Sotto il sole di Amalfi, indirizzato a un pubblico di giovanissimi e senza troppo pretese, si rivela ancora una volta una scelta incomprensibile, soprattutto in virtù del fatto che le vicende che riguardano Irene e Lucio sono ancora più noiose, prevedibili e poco sviluppate di quelle dei ragazzi. A tale proposito, ci sembra importante citare proprio lo stesso Lucio che, immerso in una toccante chiacchierata con Vincenzo riguardo la madre, afferma con convinzione “basta parlare dei problemi d’amore dei vecchietti”, dando voce ai sentimenti degli spettatori di tutta Italia una volta che lui o Irene comparivano sullo schermo.

La trama principale di Sotto il sole di Amalfi vede Camilla e Vincenzo navigare la loro storia d’amore ora che si sono finalmente riuniti, tra dichiarazioni di amore eterno e progetti di vita insieme che già parrebbero assurdi in bocca a un qualsiasi ventenne, figuriamoci se consideriamo che – se si esclude il tempo in cui sono stati in due continenti diversi – i due abbiano trascorso insieme solo qualche settimana. Tra incomprensioni e verità taciute, la storia d’amore di Camilla e Vincenzo prosegue senza mai arenarsi davvero, e nonostante molti aspetti della loro relazione siano piuttosto irrealistici e una serie di forzature di trama non indifferenti, non possiamo negare che alcune delle loro scena ci abbiano strappato un sorriso. E questo nonostante Camilla, con la sensibilità di un tubero, non appena il suo ragazzo non vedente la porta a casa sua ad Amalfi pronunci la frase “Amore, ma che bella vista!”.

Sotto il sole di Amalfi

Le sottotrame riguardanti Nat e Furio sono ancora meno coinvolgenti di quella dei due protagonisti, se non fosse che perlomeno i personaggi interpretati da Kyshan Wilson e Davide Calgaro sono molto più interessanti e i due attori hanno una buona chimica, tale da rendere la loro amicizia uno dei pochi aspetti di Sotto il sole di Amalfi a sembrare vagamente realistico. E così, tra l’ennesimo prototipo di influencer stereotipato introdotto nel film e il solito cliché dalla ragazza che può essere bella solo quando è magra (sì, nel 2022 siamo ancora fermi qui), qualche risata durante il film è resa possibile grazie alla simpatia di Furio e alle sue interazioni con Nat, che ricordiamo essere canadese e avere studiato italiano per circa un anno, ma avere le stesse capacità espressive nella lingua di Dante del sommo poeta stesso.

Tra gite in barca, feste in discoteca, biciclettate e impietose esibizioni al karaoke, l’estate dei protagonisti del film trascorre tra drammi evitabili e incomprensioni, in un turbinio di eventi tale da rendere complicato comprendere se dall’inizio alla fine del film sono passati due giorni o tre mesi. Le ambientazioni meravigliose fanno da cornice all’ennesimo film estivo che vorrebbe e invece non può, perché introduce troppe trame e temi senza dedicare a nessuno di questi l’attenzione necessaria.

Nonostante la durata complessiva sfiori a malapena l’ora e mezza, Sotto il sole di Amalfi sembra non finire mai, il che è un grande problema nel momento in cui l’unica vera pretesa del film è quella di intrattenere. A fine visione, la risposta alla domanda “Avevamo davvero bisogno di questo sequel?” appare talmente evidente da spingerci a chiederci perché Netflix in Italia si ostini a dare un così ampio spazio a questo genere di produzioni, anche considerando l’accoglienza generalmente negativa che incontrano da una vasta parte di pubblico.

E se Sotto il sole di Riccione pur non sorprendendo aveva convinto, lo stesso non si può dire di questo capitolo, che soffre la decisione degli autori di abbandonare la leggerezza estiva in favore di una drammaticità ricca di cliché.

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